smartIMMAGINEcomunicazioneSOSTENIBILITÀWEBterritorionaturalitàvalore ESPERIENZAbioSISTEMAesteroINNOVAZIONEvettori di virus. Si tratta di una sfida impegnativa,ma non necessariamente persa in partenza.Del resto, la storia dell’agricoltura è fatta di continuiadattamenti della tecnica. L’alterazione dellecondizioni ambientali - che sia o meno colpadell’uomo - può diventare un vincolo stringenteper la produzione viticola, ma può anche fungere dastimolo a una nuova stagione di sviluppotecnologico e di capacità d’innovazione.I segnali lanciati in Italia dai migliori centri diricerca e dalle aziende vitivinicole più reattivee attente ai cambiamenti stanno già andandoin questa direzione.I vigneti si rifannol'acconciaturaSi torna al passato: si allargano i sestid’impianto sia per ridurre lacompetizione fra le viti (anche 2,5 per 1m sulla fila, così da poter realizzare ildoppio guyot) sia per ridurre i costi dimateriali. E torna in auge il tendone,come si sta vedendo per le uve bianchein Puglia e Sicilia. Insomma, niente piùscelte estreme e investimenti semprepiù ragionati. «Nei climi caldi lochardonnay più bello viene nei tendoni- afferma Stefano Dini, agronomo attivoin Italia e all’estero -. Le esigenze dimeccanizzare per abbattere i costihanno favorito la spalliera e costrettonegli anni scorsi a scelte agronomichenon sempre ottimali. Oggi va cambiatoapproccio». Gli interventi di sfogliaturamanuale (che costano 500 eurol’ettaro) sono anticipati al post fiorituraper "far abituare" per tempo il grappoloal sole, come a Montalcino, dove ilSangiovese mal sopporta più di 35 °C.Sulle uve bianche si riduce la paretefotosintetica da 120 a 90 cm alzando unpo’ da terra l’impalcatura principale.Il segreto sarà trovare l’equilibrio dellasuperficie fogliare: sulle bianche deveavere più spessore per favorirel’ombreggiamento, mentre sulle rossela parete sarà più sottile consfemminellature e sfogliature. F.B.39
I luoghi della produzioneLa gestione agronomica?Molte cose da ripensare«L’irrigazione va vista non più comeun intervento straordinario per salvarela produzione - afferma l’agronomoStefano Dini -, ma come uno strumentoagronomico regolare per mantenerele piante in equilibrio e magari riuscirea portare la produzione fino al limitedel disciplinare. In Maremma, peresempio, questo aspetto stadiventando assolutamenteindispensabile».Si lavora poi per aumentare lospessore della buccia e renderla piùresistente alle scottature: danno buonirisultati le alghe brune, che stimolanola pianta sotto stress. E non sitrascurerà di nutrire sempre meglio levigne, sfruttando le potenzialità deiconcimi fogliari. Si studieranno poisistemi mediati da altre coltivazioni.Nell’olivo, per esempio, si sparge giàcaolino (bianco) per ottenere un effetto‘Albedo’ e quindi una situazione piùfresca che non attrae la mosca.Anche in vigna, insomma, si dovrannosperimentare accorgimenti per bloccarela traspirazione evitando la perditad’acqua. F.B.Aromi, acidità e alcol:la cantina cambia registroAnche gli enologi ne convengono: secon il cambiamento climatico diventapiù difficile preservare l’acidità e gliaromi delle uve, in cantina non sipossono fare miracoli.«Fino a qualche anno fa eraimpensabile dover gestire mosti moltozuccherini da uve che talvolta hannoparametri analitici squilibrati e didifficile lavorazione - ammette l’enologoEmiliano Falsini -. Ma gli interventi piùefficaci, che possano evitare praticheinvasive in cantina, sono di carattereagronomico, nel vigneto».Detto questo, come interpretare megliole uve dell’era del global warming?Assumeranno un ruolo preponderantele tecniche che consentano di ottenerevini con equilibrio e piacevolezza.La vinificazione a temperaturacontrollata, nonostante venga"demonizzata" da alcune cantine"naturali", consente un decorsofermentativo ottimale e la produzione diaromi più eleganti: non se ne può farea meno. Inoltre con la dealcolizzazioneè possibile ottenere vini non solo congrado alcolico minore, ma anche conun buon equilibrio gustativo. Ma è incampo che bisogna intervenire, prima.Anche attraverso scelte strategiche insede di impianto. F.B.Tra i filari si aggiranonuovi esseri: l'era dei robotPiccoli, instancabili e perfettamenteautonomi. I primi AgBot, o robotagricoli, sono usciti dalla fase diprototipi e sono diventati strumenti giàutilizzabili nel vigneto. Come l’innovativoVitirover, premiato all’ultima edizionedel salone Vinitech di Montpelleir(Francia): un microrobot-semovente(pesa solo 11 kg) in grado di falciarel’erba fino a 3 cm dal piede della vite,che di fatto rimpiazza in manierasostenibile i diserbanti. Poi c'è Wall-Yerobot, una sorta di "viticoltoretascabile" in grado di effettuare diverseoperazioni fra cui potare, legare i tralcie rimuovere i germogli indesiderati."Giocattoli" che, talvolta, acquisisconola capacità di volare e diventano droni.Come il Falcon 8, elicotterino inminiatura provvisto di 8 eliche in gradodi effettuare riprese dall’alto con osenza infrarossi per le operazioni dizonazione e per l’applicazione dellaviticoltura di precisione.Altri progetti in fase di svilupporiguardano mini-irroratori dotati disensori o bracci elettronici per unavendemmia a prova di errore. Gli sforzisono giustificati anche dalla difficoltàa trovare manodopera specializzatain molte aree viticole. Ci aspetta unaguerra di robot tra i filari? L.T.40 vino, futuri possibili - rapporto di filiera