i perlopiù interscambiabili data la configurazione assunta dallo sviluppo economico – oggi la pluralitàdelle configurazioni dello sviluppo dei territori <strong>rurali</strong> mette in dubbio perfino l’utilità della stessa categoriaconcettuale (Blanc, 1997; Montresor, 2003; Senni, 2002), al punto che si propone di riportare le problematichedelle aree <strong>rurali</strong>, private di specificità, alla più ampia problematica dei rapporti locale-globale(Saraceno, 1993 e 1994) e in quella dei fattori di competitività dei sistemi produttivi territoriali (Brunori,2003).Un cambiamento che del resto ha “spiazzato” anche i decisori di policy, ancora oggi incerti sulla definizioneda assegnare al rurale e, di conseguenza, sui contenuti da assegnare alle politiche. In questo senso ènoto come la Unione Europea abbia per ora soltanto timidamente accennato a fare il passo verso un ruralepiù distante dalla sola agricoltura, che invece rimane ancora centrale nelle politiche etichettate come “disostegno allo sviluppo rurale”.2.2. Agricoltura multifunzionale e politiche di sviluppo ruraleParallelamente al cambiamento degli assetti socio-economici delle aree <strong>rurali</strong>, cambiano anche le funzioniassegnate all’agricoltura dalla società: tutela dell’ambiente (riduzione dell’inquinamento, salvaguardiadella biodiversità, tutela idro-geologica, benessere degli animali), tutela dei sistemi socio-economici marginali,mantenimento della cultura e delle tradizioni, protezione della salute dei cittadini, sono alcune delleespressioni più ricorrenti della cosiddetta multifunzionalità dell’agricoltura (OCSE, 2001), assunta a paradigmadel nuovo modello di sviluppo agricolo anche dall’Unione Europea.Ad un’accezione del rurale come arretrato e tradizionale si sostituisce gradualmente una visione più positiva– spesso ai limiti dell’idillio rurale – della <strong>rurali</strong>tà, e a questo cambiamento di giudizio di valore corrispondeuna rivalutazione delle capacità e potenzialità del settore agricolo e delle aree <strong>rurali</strong> di generaresviluppo sociale ed economico. E ciò accade soprattutto in quei territori in cui è stata preservata una specificacaratterizzazione del paesaggio e dell’ambiente in congiunzione con una vitalità sociale e con unaattenzione per la riscoperta delle vocazioni produttive più specifiche dei territori. Infatti nelle situazioni incui, grazie a un insieme di fattori sia endogeni alla <strong>rurali</strong>tà che esogeni ad essa, tali caratteri di specificitàhanno potuto incontrarsi con le favorevoli evoluzioni degli stili di vita e di consumo, si sono create le condizioniper l’attivazione di dinamiche positive improntate allo sviluppo rurale “di qualità”, caratterizzatocioè dalla creazione di una rete di relazioni tra qualità dei beni e dei servizi, dell’ambiente e del paesaggio,orientato al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni locali.Questo cambiamento, se non ribaltamento in alcuni casi, nel modo di interpretare il rurale segna unimportante passaggio di fase. La “<strong>rurali</strong>tà di qualità”, e al suo interno l’agricoltura di qualità che ne rappresentauna componente essenziale, viene dunque sempre più percepita dalle comunità locali, dalleamministrazioni e dalle imprese come una opportunità di sviluppo. Si rivalutano così le potenzialità dellerisorse interne al territorio rurale, segnando il passaggio da un modello di sviluppo dettato e diretto daforze esogene al territorio e inquadrato su schemi prettamente settoriali, ad un modello di tipo endogeno,RETE<strong>LEADER</strong> 17
che prevede la sollecitazione delle risorse materiali e umane del territorio per garantire la partecipazionedelle collettività locali non solo nella gestione delle politiche ma nella definizione di percorsi di sviluppoorientati all’integrazione tra le attività economiche, alla valorizzazione delle risorse locali e alla sostenibilitàambientale e sociale.Il percorso che sta portando ad una crescente attenzione verso l’agricoltura multifunzionale e contemporaneamenteal “non agricolo” nelle aree <strong>rurali</strong> (e al rafforzamento dell’integrazione agricolo-non agricolo)sposta l’attenzione dal settore al territorio, modificando radicalmente sia le finalità dell’intervento pubblico,sia i suoi protagonisti (Brunori, 2002). L’emergenza del territorio non nella veste di contenitore o diconfine, ma di risorsa specifica su cui far leva per intraprendere nuovi e differenziati percorsi di sviluppo èdel resto, come a tutti noto, pienamente accolto in linea di principio anche nell’evoluzione delle politichecomunitarie (Sotte, 1998), in particolare quelle agricole e di sviluppo rurale, nonché quelle di coesione.Per tenere conto dei cambiamenti delle aree <strong>rurali</strong>, le politiche comunitarie e nazionali hanno intrapresonuove vie e sperimentato nuovi strumenti. Gli stessi interventi di politica agraria, almeno nelle dichiarazionidi intenti anche se non sempre nella traduzione concreta, hanno in parte teso a superare una logicapuramente settoriale, per abbracciarne una più spiccatamente regionale e territoriale.L’affermarsi di questi due elementi ha favorito il diffondersi in maniera crescente, all’interno delle aree<strong>rurali</strong> ma anche nelle istituzioni sovra-locali, della consapevolezza che il “rurale” possa diventare oggettoe soggetto di progresso sociale e di sviluppo economico, creando valore non solo per le popolazioni in essoresidenti ma in generale per tutti i cittadini.L’evoluzione delle politiche per l’agricoltura e le aree <strong>rurali</strong> ha, nel tempo, seguito un duplice indirizzo:- da un lato una nuova politica settoriale per l’agricoltura finalizzata ad aumentarne la competitività sumercati sempre più aperti e globali ma allo stesso tempo accentuandone il carattere multifunzionale(qualità delle produzioni, compatibilità ambientale, diversificazione delle attività agricole in ambito rurale);- dall’altro un più deciso rafforzamento della politica territoriale verso lo sviluppo rurale e la coesione.Uno spostamento che può essere colto sia all’interno di provvedimenti la cui natura appare più o menodichiaratamente settoriale (ad esempio all’interno del regolamento sul sostegno allo sviluppo rurale), masoprattutto nella politica di coesione e nelle iniziative comunitarie, Leader in particolare.In quest’ottica alcuni passaggi del dibattito degli anni ’90 sul futuro delle politiche agricole e <strong>rurali</strong> appaionoparticolarmente significativi, a partire dalla Conferenza di Cork del 1996, che ha dato origine al noto“decalogo” per la promozione di “una Europa rurale viva” in cui vengono fissati i principi cui una “vera”politica di sviluppo rurale deve ispirarsi. L’enfasi posta sui caratteri della endogenità, della integrazione edella sostenibilità fa sì che il concetto di sviluppo rurale assuma un valore particolare che non risiede solamentesull’esito del processo di sviluppo (il quanto), ma che trova la sua essenza nel come il processo disviluppo si realizza, poiché è dal come che la qualità della vita delle popolazioni <strong>rurali</strong> può effettivamenteconseguire un beneficio, ed è anche grazie al come che il beneficio ritraibile dalle risorse (umane e materiali)locali può essere ottimizzato.18 RETE<strong>LEADER</strong>
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spettiva della multifunzionalità,
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