componenti dell’economia del territorio rurale, che tipicamente vengono individuate nell’agricoltura diqualità, nell’agriturismo e in altre forme di ospitalità rurale e di servizi alla persona, nell’artigianato, nellaprestazione di servizi ambientali e in generale nella valorizzazione della multifunzionalità, nonché nellafornitura di un insieme di servizi trasversali rivolti al miglioramento della qualità della vita della popolazionelocale.Le attività tipiche di questa tipologia di distretto rurale sarebbero lo svolgimento di attività di animazionelocale, la fornitura di servizi di tipo contestuale (servizi alle imprese, formazione del capitale umano,infrastrutture), la costruzione di panieri di beni e servizi legati al territorio, il supporto alla definizione distandard di qualità interni al sistema, e l’attività di promozione all’esterno. Un insieme di attività simili aquelle previste nell’ambito della L. 317/91 “Interventi per lo sviluppo delle piccole e medie imprese” esuccessive integrazioni, per cui il distretto rurale si verrebbe a configurare come una entità intermedia traun Centro di servizi e una Agenzia locale di sviluppo territoriale (Di Napoli e Vino, 2001).In un’accezione più ampia il distretto rurale può essere interpretato come un ambito di territorializzazionedelle politiche, vale a dire come possibile risposta all’esigenza di adattamento delle politiche di svilupporurale proveniente dai vari livelli istituzionali alle specificità locali.In questa chiave esiste una gradazione dell’intervento del distretto: da semplice attività di gestione di politichedi origine esterna (in grado comunque di generare guadagni di efficienza nel flusso di spesa e di controllo),ad una attività di territorializzazione (ovvero adattamento alle specificità locali) di politiche di origineesterna, che presuppone anche un certo grado di coordinamento dei diversi strumenti.Un terzo possibile approccio, che integra anche i due precedenti in una prospettiva più ampia, attribuisceinvece al distretto rurale un ruolo assai più pervasivo e legato al disegno della strategia di sviluppo complessivadel territorio rurale.Nel momento in cui la <strong>rurali</strong>tà viene riconosciuta dai soggetti locali come (un) “motore” dello sviluppolocale, il distretto da strumento di realizzazione di interventi più o meno puntuali di supporto alle impresediviene uno strumento di governance territoriale a tutto tondo. In questa prospettiva il distretto vieneassunto come il “luogo” in cui i soggetti locali (istituzioni, imprese, ma anche cittadini) possono elaborareun progetto di orientamento verso lo sviluppo rurale di qualità che interessa tutto il territorio (ivi compresitaluni aspetti di pianificazione).Tale percorso si attiva attraverso forme di governance orizzontale che sappiano coinvolgere tutti i soggettiattivi nel territorio mediante l’impiego di meccanismi partecipativi e concertativi. In questa prospettiva ildistretto potrebbe partecipare a pieno titolo anche a processi di governance verticale e confrontarsi conlivelli istituzionali superiori.5.2. La traduzione operativa del distretto rurale: alcuni problemi da risolvereL’ampliamento della rappresentanza all’interno del distretto rurale, e dunque la complessità della forma digovernance da impiegare, è uno degli elementi che differenzia le tre ipotesi di azione sopra elencate.RETE<strong>LEADER</strong> 27
Quanto più al distretto sono riconosciute funzioni di governance forte, e tanto maggiore sarà necessariauna partecipazione ampia e qualificata dei vari soggetti che a diverso titolo non solo sono portatori di interessenel funzionamento del territorio rurale, ma anche gestiscono le politiche e gli strumenti di programmazioneattivi sul territorio.A questo fine il distretto rurale dovrebbe poter orientare strumenti e politiche preesistenti verso le specifichelinee di sviluppo individuate per quello specifico territorio, in modo tale da armonizzare e coordinaretra loro i vari strumenti non solo di spesa, ma anche di pura programmazione. Si pensi, soltanto a titolo diesempio, ai Piani di sviluppo locale elaborati con il metodo Leader in attuazione del Regolamento CE sulsostegno allo sviluppo rurale, agli strumenti relativi all’applicazione dei Fondi strutturali (in particolare aiprogetti integrati che, nelle varie esperienze regionali, assumono denominazioni diverse: PIT, PIAR, PIA,PIAT, PISL, ecc.) e delle Iniziative comunitarie (quali il <strong>LEADER</strong> o l’INTERREG), agli strumenti di programmazionedei parchi e alle aree protette, ai Piani di sviluppo della montagna, ai Piani territoriali di coordinamento,ai Piani di settore e di filiera elaborati a livello regionale e subregionale, agli strumenti dellaprogrammazione negoziata (patti territoriali generalisti e tematici, contratti di programma, ecc.) (Conti,2005).A ben vedere, molti degli strumenti citati presentano caratteristiche analoghe a quelle che le Regioni possonoattribuire ai <strong>distretti</strong> <strong>rurali</strong>. Questa almeno apparente analogia contribuisce in parte a spiegare ilmotivo per cui alcune Regioni non sembrano mostrare una particolare urgenza nel dare attuazione allanorma prevista dalla Legge di orientamento. Del resto anche l’interpretazione fornita dalle Regioni chefinora hanno provveduto a legiferare lascia aperti molti dubbi in tal senso, essendo spesso il distretto ruraleinterpretato come progetto pluriennale di sviluppo rurale, più o meno concertato, più o meno agricolo,ma il cui compito essenzialmente si esaurisce nel proporre un pacchetto di progetti attorno ad un’idea disviluppo forse sì condivisa, ma scarsamente innovativa e finalizzata spesso alla (più o meno concreta) speranzadi intercettare nuove risorse finanziarie.Inoltre, al distretto rurale non sono finora esplicitamente riconosciuti dalle Regioni, se non raramente,compiti di programmazione o di attuazione di provvedimenti di livelli gerarchici superiori (ad esempio l’attuazionesu scala locale del Piano di sviluppo rurale regionale) né di interazione con altri strumenti di programmazioneo pianificazione già operanti sul territorio.Tuttavia, seguendo il terzo approccio sopra menzionato che vede il distretto come uno strumento di governanceterritoriale, il distretto rurale (potenzialmente) si differenzia dagli altri strumenti nati per: dareattuazione a provvedimenti normativi concepiti da livelli superiori (come il regolamento sul sostegno allosviluppo rurale, o anche il Leader); proporre una tantum pacchetti di progetti destinati al finanziamento(come alcuni strumenti della programmazione negoziata); regolare solo alcuni aspetti e/o tipologie di attivitàdell’economia rurale (come i piani di filiera).In questa prospettiva il distretto rurale si pone in una zona di “alta concertazione”, prevedendo per il suofunzionamento una struttura di governance ampiamente partecipata, e di “alta autonomia nella definizio-28 RETE<strong>LEADER</strong>
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Le fasi del percorso per la present
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