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COLLEZIONISTI<br />
Gemma De Angelis Testa nel suo appartamento a fianco all'opera di<br />
Armando Testa, Sedia Antropomorfa, 1976, e di Ed Ruscha, IF, 1995<br />
© Barbara Corsico<br />
Gemma Testa mi sorprende e mi sommerge fin dalle<br />
prime battute della nostra intervista, un fiume in piena<br />
dove fluttuano la sua storia personale e le sue idee molto<br />
nette sull’arte. «Il mio amore per lei risale a quando<br />
ero piccola: in casa non c’erano giocattoli, bensì molti<br />
libri dedicati ai grandi pittori della storia. L’arte contemporanea<br />
è arrivata dopo, quando a 20 anni conobbi mio<br />
marito Armando Testa, maestro eccezionale nell’avvicinarmi<br />
a questo universo nuovo e sorprendente. Posso<br />
dire che galeotti sono stati la laguna di Venezia e l’amore<br />
per l’arte che condividevamo e che ci ha accompagnato<br />
per il resto della nostra vita insieme», esordisce.<br />
Subito però precisa: «Mio marito non era, tuttavia, un<br />
collezionista: era un artista a tutto tondo. Il più artista<br />
tra i pubblicitari e il più anomalo tra gli artisti. Il disegno<br />
occupava quasi interamente il suo tempo e lui non desiderava<br />
essere distratto da altre immagini sulle pareti.<br />
Gli piaceva essere contornato da muri bianchi, come<br />
fossero dei fogli da disegno, su cui poter dipingere. Pertanto<br />
la nostra casa di Torino era un loft, molto scenografico<br />
ma povero di pareti, con grandi vetrate su tutti<br />
e quattro i lati del palazzo. Avevamo la sensazione di<br />
essere dentro un acquario, il panorama della città con<br />
le sue colline, il suo cielo spazzato via dal vento, in certi<br />
momenti era limpido e stellato, ed entrava nella nostra<br />
abitazione senza bisogno d’altro».<br />
Quale è stato il primo artista contemporaneo che ha<br />
scelto di inserire nella sua collezione?<br />
Si tratta di un acquisto che avvenne molto prima di<br />
cominciare la mia attività di collezionista: un’opera di<br />
Cy Twombly del 1962, The Vengeance of Achilles, nella<br />
quale ritrovai la mia passione giovanile per l’eroe<br />
omerico. All’epoca, nei primi anni ‘80, ero molto radicale,<br />
amavo quasi esclusivamente Lucio Fontana, Piero<br />
Manzoni, Robert Ryman e Cy Twombly, che ancora oggi<br />
rimane tra i miei artisti preferiti. <strong>La</strong> scelta di Twombly,<br />
poi, era stata una vera e propria provocazione nei riguardi<br />
di mio marito. Un autore così lontano da quelli<br />
che lui amava, diventato fonte di piacevoli e stimolanti<br />
discussioni. <strong>La</strong> collezione vera e propria, a parte qualche<br />
sporadico acquisto, è iniziata dopo la scomparsa<br />
di Armando.<br />
Qual è il capolavoro della sua raccolta a cui è più legata?<br />
Le opere nella mia casa sono state scelte tutte con<br />
amore, sentimento percepito da chi visita la mia collezione.<br />
Ciascuna di esse mi ha donato molto, mi hanno<br />
aiutata a capire molte cose della vita. Per questo, mi è<br />
difficile selezionare un solo artista.<br />
Collezione Gemma De Angelis Testa. Da sinistra Bill Viola, Surrender,<br />
2001; Peter Doig, House of pictures, 2001; John Currin, Young Man, 1992<br />
© Fabio Mantegna<br />
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