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La Freccia Marzo 2020

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Rena Effendi, Transylvania: built on grass, Maramures, Romania (2014)<br />

uomini, fin da giovanissime, trascorrono<br />

la maggior parte delle loro faticose o al passaporto, costretti a prostituir-<br />

Cinderellas, senza diritto alla patente<br />

giornate tra campi e cumuli di paglia, si. Le sue immagini forti denunciano<br />

vacche e cavalli, come testimoniano senza filtri una situazione sociale da<br />

gli scatti dell’artista. A dimostrare che migliorare, su cui il dibattito è sempre<br />

il lavoro, soprattutto se umile e pesante,<br />

non può fare a meno della fisicità.<br />

aperto. E alla Biennale sono molte le<br />

Sono di nuovo i corpi, in questo caso<br />

di bambine thailandesi, al centro<br />

delle creazioni di Sandra Hoyn, fotografa<br />

sensibile a temi sociali come lo<br />

sfruttamento minorile. <strong>La</strong> sua denuncia<br />

parte dall’obiettivo che inquadra<br />

bimbe appena cresciute e coinvolte,<br />

insieme a coetanei maschi, in combattimenti<br />

di boxe su un ring. Una<br />

pratica da condannare aggravata dal<br />

fatto che i genitori di questi ragazzini<br />

scommettono forti somme e incitano<br />

i figli a vincere, a qualunque costo. Si<br />

tratta di persone indifese, che diventano<br />

vittime di sopraffazione e arroganza.<br />

Indifesi sono anche gli appartenenti<br />

al cosiddetto terzo genere, le Hijras.<br />

Né uomini né donne, in molti Paesi<br />

asiatici una volta erano considerati<br />

semidivinità ma ora non hanno un’identità<br />

riconosciuta. In nazioni come<br />

il Bangladesh sono individui relegati<br />

ai margini della società. A ritrarli è<br />

Annalisa Natali Murri, che li definisce Erika <strong>La</strong>rsen, Quinhagak (2015-2019)<br />

opportunità di confronto, con diverse<br />

conferenze in programma. Il 5 marzo<br />

viene affrontata la questione del<br />

gender gap, o tetto di cristallo, negli<br />

ambienti professionali. Il 7 si parla<br />

di come le fotografe italiane hanno<br />

affrontato il tema del lavoro a partire<br />

dagli anni ’60, analizzando anche<br />

mestieri invisibili come quello delle<br />

madri, per poi passare a documentare<br />

le lotte per i nuovi diritti negli anni ’70.<br />

E sono sempre i corpi che, indignati<br />

insieme alle anime e mossi dal senso<br />

di giustizia, scendono nelle piazze<br />

del mondo per protestare: è l’esempio<br />

della Georgia fotografata da Daro Sulakauri<br />

nel progetto The Black Gold.<br />

Qui la denuncia riguarda le pessime<br />

condizioni dei lavoratori nelle miniere<br />

di manganese, con turni di lavoro da<br />

12-18 ore a 13 chilometri di profondità.<br />

Mentre Donata Pizzi, che dal 2015 è<br />

impegnata a riunire in un’unica collezione<br />

gli scatti incentrati sul tema del<br />

lavoro delle artiste attive dagli anni<br />

’60 a oggi, offre al pubblico immagini<br />

ironiche e contraddittorie tra donne<br />

impegnate in attività agricole, o nel<br />

trasportare acqua, e inquadrature di<br />

signore borghesi libere solo in apparenza.<br />

Anche il corpo della Terra soffre.<br />

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