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Rena Effendi, Transylvania: built on grass, Maramures, Romania (2014)<br />
uomini, fin da giovanissime, trascorrono<br />
la maggior parte delle loro faticose o al passaporto, costretti a prostituir-<br />
Cinderellas, senza diritto alla patente<br />
giornate tra campi e cumuli di paglia, si. Le sue immagini forti denunciano<br />
vacche e cavalli, come testimoniano senza filtri una situazione sociale da<br />
gli scatti dell’artista. A dimostrare che migliorare, su cui il dibattito è sempre<br />
il lavoro, soprattutto se umile e pesante,<br />
non può fare a meno della fisicità.<br />
aperto. E alla Biennale sono molte le<br />
Sono di nuovo i corpi, in questo caso<br />
di bambine thailandesi, al centro<br />
delle creazioni di Sandra Hoyn, fotografa<br />
sensibile a temi sociali come lo<br />
sfruttamento minorile. <strong>La</strong> sua denuncia<br />
parte dall’obiettivo che inquadra<br />
bimbe appena cresciute e coinvolte,<br />
insieme a coetanei maschi, in combattimenti<br />
di boxe su un ring. Una<br />
pratica da condannare aggravata dal<br />
fatto che i genitori di questi ragazzini<br />
scommettono forti somme e incitano<br />
i figli a vincere, a qualunque costo. Si<br />
tratta di persone indifese, che diventano<br />
vittime di sopraffazione e arroganza.<br />
Indifesi sono anche gli appartenenti<br />
al cosiddetto terzo genere, le Hijras.<br />
Né uomini né donne, in molti Paesi<br />
asiatici una volta erano considerati<br />
semidivinità ma ora non hanno un’identità<br />
riconosciuta. In nazioni come<br />
il Bangladesh sono individui relegati<br />
ai margini della società. A ritrarli è<br />
Annalisa Natali Murri, che li definisce Erika <strong>La</strong>rsen, Quinhagak (2015-2019)<br />
opportunità di confronto, con diverse<br />
conferenze in programma. Il 5 marzo<br />
viene affrontata la questione del<br />
gender gap, o tetto di cristallo, negli<br />
ambienti professionali. Il 7 si parla<br />
di come le fotografe italiane hanno<br />
affrontato il tema del lavoro a partire<br />
dagli anni ’60, analizzando anche<br />
mestieri invisibili come quello delle<br />
madri, per poi passare a documentare<br />
le lotte per i nuovi diritti negli anni ’70.<br />
E sono sempre i corpi che, indignati<br />
insieme alle anime e mossi dal senso<br />
di giustizia, scendono nelle piazze<br />
del mondo per protestare: è l’esempio<br />
della Georgia fotografata da Daro Sulakauri<br />
nel progetto The Black Gold.<br />
Qui la denuncia riguarda le pessime<br />
condizioni dei lavoratori nelle miniere<br />
di manganese, con turni di lavoro da<br />
12-18 ore a 13 chilometri di profondità.<br />
Mentre Donata Pizzi, che dal 2015 è<br />
impegnata a riunire in un’unica collezione<br />
gli scatti incentrati sul tema del<br />
lavoro delle artiste attive dagli anni<br />
’60 a oggi, offre al pubblico immagini<br />
ironiche e contraddittorie tra donne<br />
impegnate in attività agricole, o nel<br />
trasportare acqua, e inquadrature di<br />
signore borghesi libere solo in apparenza.<br />
Anche il corpo della Terra soffre.<br />
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