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Il Giornale dei Biologi - N. 3

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SCIENZE<br />

altri, pubblicato a gennaio sulla rivista Nature Communications,<br />

sembra fornire dati nuovi rispetto alla genesi di una malattia tanto<br />

complessa.<br />

«Gli attuali trattamenti per la schizofrenia – ha spiegato Oliver<br />

Howes, del King’s College di Londra, tra gli autori della ricerca<br />

– riguardano solo un aspetto della malattia, i sintomi psicotici.<br />

Ma i sintomi cognitivi debilitanti, come la perdita delle capacità<br />

di pianificare e ricordare, spesso causano disabilità molto più a<br />

lungo termine e, al momento, non esiste alcun trattamento specifico».<br />

Già dagli anni Ottanta si ritiene che esista un legame tra la<br />

schizofrenia e le sinapsi mal funzionanti, ma fino a questo momento<br />

mancavano strumenti adeguati a investigare questa relazione<br />

nel cervello vivente. La ricerca di Onwordi e altri ha prodotto<br />

risultati proprio analizzando il comportamento delle sinapsi in<br />

cervelli attivi, e lo ha fatto utilizzando la tomografia a emissione<br />

di positroni (PET) e il tracciante [11C] UCB-J.<br />

Dopo essere stato iniettato, questo tracciante si lega specificamente<br />

a una proteina presente nelle sinapsi chiamata SV2A<br />

(glicoproteina vescicolare sinaptica 2A), che in precedenti studi<br />

sugli animali e post-mortem si è rivelata un buon indicatore della<br />

densità delle terminazioni nervose sinaptiche nel cervello. In<br />

particolare, alcuni studi di validazione portati avanti nei primati<br />

hanno confermato che la SV2A è un marker di densità sinaptica<br />

alternativo alla sinaptofisina. In studi e sperimentazioni successive,<br />

poi, anche gli screening sull’uomo hanno dimostrato le utili<br />

proprietà di questo tracciante 7 .<br />

Lo studio di Onwordi e colleghi ne fa lo strumento chiave<br />

per realizzare l’indagine. In diciotto pazienti affetti da schizofrenia<br />

ed altrettanti individui non schizofrenici è stata testata l’ipotesi<br />

sinaptica della schizofrenia, valutando i livelli di SV2A e la<br />

relazione con i sintomi e le misure strutturali del cervello. Dalla<br />

ricerca è emerso come il volume di distribuzione (TV) del marker<br />

[11C] UCB-J fosse significativamente inferiore nelle cortecce cingolate<br />

frontali e anteriori <strong>dei</strong> pazienti schizofrenici, mentre non<br />

sono state registrate differenze significative per quanto riguarda<br />

l’ippocampo. Inoltre, a differenza degli studi post-mortem fino a<br />

questo momento condotti, il gruppo di ricerca del Medical Research<br />

Council ha potuto esaminare più regioni del cervello in<br />

ciascun soggetto e individuare, così, le prove di comportamenti<br />

differenti delle varie aree.<br />

L’interesse per gli studi sulla schizofrenia risiede principalmente<br />

nella grande incertezza che ancora contraddistingue la conoscenza<br />

della malattia e le risposte utili. Attualmente numerosi<br />

pazienti con schizofrenia non rispondono ai farmaci antipsicotici<br />

e, contemporaneamente l’epidemiologia del fenomeno rimane ancora<br />

poco chiara. Una ricerca di Myrto T. Samara e altri 8 , pubblicata<br />

sullo Schizophrenia Bulletin lo scorso anno, ricorda come le<br />

stime relative alla percentuale di pazienti che rispondono o meno<br />

ai trattamenti siano molto variabili. L’American Psychiatric Association,<br />

per esempio, dice che circa il 10% -30% <strong>dei</strong> pazienti<br />

ha una risposta scarsa o nulla ai farmaci antipsicotici e fino a un<br />

ulteriore 30% <strong>dei</strong> pazienti ha una risposta parziale al trattamento.<br />

Samara ha segnalato come una serie di indicazioni disseminate<br />

nella pubblicistica non facciano che confermare l’elevato tasso di<br />

genericità – in taluni casi, vera e propria discordanza – che accom-<br />

Le scansioni cerebrali della PET mostrano che 18 volontari sani (HV) hanno livelli mediamente più alti (indicati dal giallo-rosso) della proteina marker di sinapsi SV2A rispetto ai 18 partecipanti con<br />

schizofrenia (SCZ). Credit: E. Onwordi dell’MRC London Institute of Medical Sciences.<br />

<strong>Il</strong> <strong>Giornale</strong> <strong>dei</strong> <strong>Biologi</strong> | Marzo 2020<br />

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