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schere? Non scegli la carta, la pellicola, lo sviluppo adatto, la
luce, i secondi di esposizione?». Collabora con il settimanale
Il Mondo di Mario Pannunzio, registrando con l’occhio della
sua fotocamera la nascita della società di massa, il formalismo
nei comportamenti della nuova borghesia, il graduale
processo di omologazione consumistica. «Il giro dell’occhio
in cui ci conduce Piergiorgio Branzi con le sue fotografie –
scrive Alessandra Mauro nell’introduzione al volume Il giro
dell’occhio pubblicato nel 2015 – è un turbine d’immagini e
memorie, di ricordi, impressioni e scelte meditate». Nel 1955,
Branzi realizza un grande reportage percorrendo in lambretta
l’Italia del sud: parte da Firenze verso l’Abruzzo, arrivando
poi in Puglia, Basilicata e Campania. In questi scatti cerca
di coniugare, all’interno dell’inquadratura, la figura umana e il
suo ambiente di vita. Un viaggio importante
anche perché gli fa venire voglia
di diventare giornalista. E infatti all’inizio
degli anni Sessanta viene assunto
in RAI. Nell’Italia della tivù a canale unico
e in bianco e nero, il nuovo direttore
del telegiornale, Enzo Biagi, invia il
videoreporter Branzi, allora trentaquattrenne,
a Mosca. Un primato per la RAI,
l’unica al mondo in quel momento –
era il 1962 – ad avere un corrispondente
nel cuore dell’impero sovietico. Biagi
gli dice: «Vai e vedi cosa si può fare, resta
una, due settimane». Branzi rimane
in Unione Sovietica quattro anni come
corrispondente RAI scattando numerose
fotografie in quella parte di mondo
della quale l’Occidente allora conosceva
soltanto l’ideologia politica ma non
possedeva molte immagini. Il grande
fotografo riesce, con il suo obbiettivo,
ad entrare nel vivo della società sovietica
e a realizzare degli scatti che espone
poi a distanza di vent’anni. Rientrato da
Mosca nel 1966, diventa corrispondente
RAI da Parigi. Qualche anno dopo,
nel 1968, torna a Roma come conduttore
e inviato speciale del telegiornale.
Verso la fine degli anni Sessanta accantona la fotografia
per dedicarsi unicamente alla professione di giornalista. Sperimenta
la pittura, l’incisione, fino a quando, a metà degli anni
Novanta, ricomincia a fotografare immortalando i luoghi pasoliniani.
Nel 2007 comincia a cimentarsi anche nella fotografia
digitale. Nel corso della sua carriera, ha tenuto numerose
mostre personali e molte delle sue immagini sono ospitate in
gallerie private, sedi istituzionali e importanti musei come il
Guggenheim di New York. Ha realizzato inchieste e documentari
in Europa, Asia e Africa. È stato inoltre direttore della sede
RAI di Firenze negli anni Settanta e Ottanta. Tra le sue pubblicazioni
si ricordano: Piergiorgio Branzi (Alinari - Fiaf, 1997);
Diario moscovita (Il Ramo d’Oro, 2001); Piergiorgio Branzi (Istituto
Superiore per la Storia della Fotografia, 2003).
PIERGIORGIO BRANZI
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