Plinius, naturalis historia 35,98 - Lettere e filosofia
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Apparent dirae facies inimicaque Troiae<br />
numina magna deum.<br />
Tum vero omne mihi visum considere in ignis<br />
Ilium et ex imo verti Neptunia Troia: 625<br />
ac veluti summis antiquam in montibus ornum<br />
cum ferro accisam crebrisque bipennibus instant<br />
eruere agricolae certatim, illa usque minatur<br />
et tremefacta comam concusso vertice nutat,<br />
volneribus donec paulatim evicta supremum 630<br />
congemuit traxitque iugis avolsa ruinam.<br />
Descendo ac ducente deo flammam inter et hostis<br />
expedior: dant tela locum flammaeque recedunt.<br />
Atque ubi iam patriae perventum ad limina sedis<br />
antiquasque domos, genitor, quem tollere in altos 6<strong>35</strong><br />
optabam primum montis primumque petebam,<br />
abnegat excisa vitam producere Troia<br />
exsiliumque pati. 'Vos o, quibus integer aevi<br />
sanguis,' ait, 'solidaeque suo stant robore vires,<br />
vos agitate fugam [et rebus servate secundis].<br />
Me si caelicolae voluissent ducere uitam, 640<br />
has mihi servassent sedes. satis una superque<br />
vidimus excidia et captae superavimus urbi.<br />
Sic o sic positum adfati discedite corpus.<br />
Ipse manu morti inveniam; miserebitur hostis 645<br />
exuviasque petet. Facilis iactura sepulchri.<br />
Iam pridem invisus divis et inutilis annos<br />
demoror, ex quo me divum pater atque hominum rex<br />
fulminis adflavit ventis et contigit igni.'<br />
Talia perstabat memorans fixusque manebat. 650<br />
della notte. Vedo apparire allora tutt’intorno gli<br />
dei: avevano tutti una faccia terribile; la loro<br />
grande potenza era tutta scatenata a danno di<br />
Troia.<br />
Fu allora, in quel preciso istante, che davvero mi<br />
sembrò che Ilio crollasse tutta in mezzo alle<br />
fiamme e che Troia, la città cara a Nettuno, fosse<br />
rovesciata dalle fondamenta. Allo stesso modo i<br />
contadini, sulla cima dei monti, dopo che hanno<br />
intaccato con la scure un antico orno, si<br />
accaniscono contro di lei a forza di colpi di<br />
bipenne a ripetizione; fanno così a gara per<br />
sradicarlo; e quello insiste a minacciare e<br />
tremante scuote, sbattuta com’è alla cima, la sua<br />
folta chioma di foglie. Fino a quando, sfibrata un<br />
po’ alla volta dalle percosse, alla fine emette<br />
l’ultimo gemito e, schiantata, precipita<br />
rovinosamente sui colli. Torno allora per strada e,<br />
sotto la guida della divinità, mi muovo rapido tra<br />
le fiamme e i nemici. Le armi dei nemici mi<br />
concedono un varco e le fiamme stesse si ritirano.<br />
Ed ecco che giungo sulla soglia della casa paterna,<br />
alle antiche dimore della mia stirpe; ma mio<br />
padre, quello che io volevo per primo portare in<br />
salvo fra gli alti monti, quello che primo cercavo,<br />
proprio lui mi oppone un rifiuto: non gli va, una<br />
volta caduta Troia, di continuare a vivere e di<br />
provare l’esilio. Anzi, esclama: Voi, che per l’età<br />
avete energie ancora integre, voi, le cui forze sono<br />
rimaste ancora robuste e salde, sì proprio voi,<br />
mettete in atto la fuga; mettetevi in dalco finché la<br />
situazione è favorevole.<br />
Se gli dei avessero davvero voluto che io<br />
prolungassi la mia vita, beh, allora mi avrebbero<br />
garantito la sopravvivenza di queste case. E invece<br />
ho visto a sufficienza e anche troppo queste<br />
distruzioni; e ora mi trovo ad essere addirittura<br />
sopravvissuto alla presa della città. Laciate che il<br />
mio corpo rimanga composto così, oh sì proprio<br />
così. Mi procurerò io stesso la morte con le mie<br />
mani. Il nemico avrà compassione di me e si<br />
impossesserà delle mie spoglie. Che perdita volete<br />
che sia quella di una tomba? la sopporterò<br />
agevolmente.<br />
Sono anni che indugio su questa terra inviso agli<br />
dei, anni inutili da quando il padre degli dei e il re<br />
degli uomini soffiò contro di me vento e fulmine e<br />
mi attaccò con la forza del fuoco.<br />
Mentre pronunciava queste parole, persisteva