Apparentemente è un film normale dove male (un killer prezzolato) e bene (un tassista che capita per caso)sono ben definiti e separati. La novità principale è lo stile di regia di Mann: il film è stato interamente giratonelle ore notturne e in location reali, con l’ausilio di appositi filtri per ottenere una tonalità e un’atmosferacupa e misteriosa e un iperrealismo visivo che solo Mann riesce a definire. E c’è anche da dire chein questo film Mann ha girato più della metà delle riprese in digitale, donando all’aspetto finale del filmquello di una vecchia pellicola di celluloide granulosa. È un aspetto importantissimo poiché è stato uno deiprimi film di una major a usare il digitale.Ci trasferiremo, quindi, in Europa con 36 Quai des Orfévres, di Olivier Marchal (2004). Il film, che haricevuto il premio del pubblico al Noir in Festival di Courmayeur, prestigiosa rassegna internazionale digenere, prende il titolo dalla famosa strada parigina dove ha sede la questura. Si tratta di un film duro, violento,che vede lo scontro fra due poliziotti, stupendamente interpretati da Daniel Auteuil e GerardDepardieu. È un film che non fa sconti e dove, alla fine, non ci saranno vincitori e vinti, ma solo sconfitti.Torneremo in Asia con un capolavoro infinito: The Killer di John Woo. Apprezzato da molta critica mondialealla sua uscita nel 1989, è il film che ha fatto conoscere John Woo all’occidente ed è diventato, conil tempo, quasi spartiacque di certa cinematografia di genere. È un melodramma più che un noir, èun’esemplificazione diretta e palese dell’inesistenza di un confine «definito» tra Bene e Male. Non è solamenteuna splendida dimostrazione di cinema d’azione, è un film che va ben aldilà della semplice definizionedi action-movie. Con un uso sapiente e per nulla misurato del ralenti, spinge la dimensione filmicadell’azione a livelli quasi liturgici.Chiuderemo la rassegna con L’uomo del treno di Patrice Leconte (2002), interpretato da uno strepitosoJohnny Halliday nella parte di un rapinatore di banche stanco, che sogna la pensione e un efficacissimoJean Rochefort che interpreta un professore in pensione e pantofolaio che, al contrario, sogna una vita spericolatae avventurosa. Un noir anomalo per i suoi personaggi fuori da ogni cliché, una commedia venatadi dolcezza e malinconia. Una commedia noir o un noir sotto forma di commedia. Forse né l’uno né l’altra:semplicemente un film bellissimo.IL <strong>NOIR</strong>: STRUMENTO PER RAPPRESENTARE LA SOCIETÀIl noir classico nasce verso la fine degli anni Venti in un periodo contraddistinto da grandi incertezze.Sono gli anni della Grande Depressione e la società americana vive una crisi mai conosciuta sino adallora. Ecco quindi che la letteratura poliziesca inizia a raccontare storie cupe, specchio di una realtàdestabilizzante. Il noir tende a descrivere questa realtà raccontando vicende ambientate in una società contraddistintadalla violenza, dagli intrecci fra criminalità e politica, dalla corruzione. Non c’è lieto fine nelnoir. Anche laddove la storia si risolve per il meglio,i protagonisti arrivano al termine stremati, profondamentecambiati, per loro nulla sarà mai più comeprima.Anche il cinema risentirà di questo sentimento diincertezza percepito nel vivere quotidiano. Gli annid’oro del cinema noir sono quelli che vanno dallafine degli anni Trenta sino alla fine dei Cinquanta. Ilcinema noir si sviluppa, quindi, prendendo spuntodalla letteratura, in un periodo caratterizzato dallapaura della Seconda guerra mondiale e si alimenterà,in seguito, del malessere della Guerra fredda e dellaImmagini della grande depressione del 1929 negli StatiUniti. In questo contesto si sviluppa la letteratura poliziesca,con storie cupe, spesso specchio di una realtàdestabilizzante.9
caccia alle streghe durante il maccartismo. I valori classici efondanti della società sono quelli più bersagliati: il matrimonio,la famiglia, il ruolo della donna all’interno di essa, vengonospesso messi in discussione. Così come le istituzioni, chevengono viste non come rassicuranti, protettive per il cittadino,bensì nemiche e pericolose. Un’entità della quale diffidare.Anche in anni più recenti, quando ormai il genere noir, per lomeno nella sua accezione più classica, è finito, i film che adesso si ispirano e che ne sono i naturali prosecutori, utilizzanogli schemi del genere per narrare una società che non è maivista in maniera positiva. Infatti la violenza, la criminalitàorganizzata, i serial killer sono spesso gli ingredienti e i protagonistidei film che, più o meno dall’inizio anni Ottanta, vengonodefiniti neo-noir. A partire da Brivido caldo (LawrenceKasdan, 1981) e, soprattutto, Blade Runner (Ridley Scott,1982), film a tutti gli effetti di fantascienza ma che utilizza,senza ombra di dubbio, molti degli stilemi del noir classicoper raccontare una società del futuro ormai senza più anima,dove i sentimenti vengono immessi all’interno di robot semprepiù simili agli esseri umani e dove è sempre più labile ilconfine fra la macchina e l’uomo.Anche oggi, nei romanzi e nel cinema, viene utilizzata semprepiù spesso la formula del poliziesco, del noir, del thriller,per raccontare le storture della società contemporanea. Nesono un esempio, in letteratura, gli americani James Ellroy,James Lee Burke, Tony Hillerman, James Crumley, SandraScoppettone. In Europa oltre ai molti scandinavi (fra i quali ipiù famosi sono sicuramente Henning Mankel e LisaMarklund) che svelano i cupi retroscena di una società soloapparentemente perfetta, troviamo la folta schiera dei “mediterranei”,dai nostri Andrea Camilleri, Carlo Lucarelli,Massimo Carlotto e molti altri, al sommo catalano ManuelVazquez Montalban. Dal marsigliese Jean-Claude Izzo algreco Petros Markaris, altro anello di congiunzione fra cinemae letteratura, essendo stato sceneggiatore di buona parte deifilm di Theo Angelopoulos sino alla tragica morte del regista,avvenuta a causa di un incidente stradale poche settimane orsono.Lo scrittore belga Georges Simenon, autoredi innumerevoli romanzi noir e inventore delCommissario Maigret.IL <strong>NOIR</strong> MEDITERRANEOLa Francia: Simenon e i suoi erediIl poliziesco francese affonda le sue radici sin nell’800, quandoÉmile Gaboriau pubblica, nel 1863, quello che viene considerato,a tutti gli effetti, il primo «vero» romanzo poliziescofrancese, L’Affaire Lerouge. Negli anni seguenti poi, GastonLeroux e Maurice Leblanc produrranno opere con al centro leimprese di detective (Rouletabille) e ladri (Arsène Lupin).Ma è con Georges Simenon che il genere acquista una suafisionomia ben definita. Simenon, di origine belga ma pariginodi adozione, oltre alle opere con il notissimo personaggiodel commissario Maigret, realizza una serie di romanzi dove10