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Tutti i colori del noir - Cineforum del Circolo

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36 QUAI DES ORFÈVRESRegia Olivier MarchalMusica Erwan Kermorvant, Axelle RenoirCon Daniel Auteuil, Gerard Depardieu, André Dussolier,Valeria Golino, Mylène Demongeot, Olivier Marchal,Roschdy Zem, Daniel DuvalProduzione FranciaAnno 2004Durata 110’LA TRAMAIl titolo fa riferimento alla sede ove si trova la sedecentrale della polizia parigina. Due poliziotti,Vrinks (capo delle Brigade De Recherche etd’Intervention) e Klein (capo delle Brigade deRépression du Banditisme), un tempo legati da profonda amicizia, si odiano e sono in competizioneper il posto di direttore generale. Chi dei due riuscirà a sgominare una pericolosa eviolenta banda di criminali sarà il favorito. Ispirato a fatti realmente accaduti e alle esperienzedel regista, un tempo poliziotto.PREMIPremio del pubblico al Courmayeur Noir in festival 2004LA CRITICAIl 14 gennaio 1985, il capitano Dominique Loiseau della Bri (Brigata d’intervento rapido) morì in un conflittoa fuoco con una banda di rapinatori. L’improvvido intervento degli uomini della Brb (Brigata direpressione del banditismo) fece scoprire il poliziotto in appostamento. Nella squadra di Loiseau, allamemoria del quale 36 – Quai des Orfèvres è dedicato, anche un giovane ufficiale, Olivier Marchal, cheadesso, da regista, racconta questa storia. Daniel Auteuil è il capo della Bri, Gérard Depardieau del Brb. Ilprimo tra loro che riuscirà ad acciuffare una gang di spietati banditi avrà il posto di direttore generale dellaPolice Judiciaire, sostituendo André Dussolier. E Depardieau è pronto a tutto, letteralmente, per avere quelladannata scrivania. Qual è il confine tra lecito e illecito, per uno sbirro? In fondo se lo chiede ancheAuteuil, che per la dritta risolutiva vende l’anima al diavolo. Ma in un poliziesco così domandarsi dovestiano i buoni è un esercizio sterile. Contano, prima di tutto, le facce. Quelle giuste dei due protagonisti,con un Depardieau immenso, ricurvo sulle spalle, le mani sempre in tasca, lo sguardo che tradisce una frustazionerecondita, inutilmente seppellita sotto una fitta coltre di bastardaggini. E il “contorno”: daDussolier, che concentra in due sguardi e tre battute il letamaio della politica, a Mylène Demongeot, l’anzianaManou, immagine di tutte le Manouche di melvilliana memoria. Ogni personaggio un universomondo,ogni poliziotto solitudine e rabbia. Certo Marchal è un eccellente regista “d’azione”, e qui c’è diche divertirsi, ma sono i percorsi umani e disumani a scartavetrare l’anima. Sono le lacrime di uno deifunerali più belli mai visti al cinema o l’intensità sorda di certi passaggi, certe occhiate, certe frasi bisbigliateall’orecchio, cariche di allusioni. Nella seconda parte, quando Auteuil sembra finire per sempre aMonte Cristo e il tradimento di Depardieau grida vendetta al cielo, , qualche risvolto narrativo si fa macchinoso,. ma è un niente, un eccesso d’amore nei confronti di una storia che è la propria, e per questo nonla si vorrebbe mollare mai. Fino alla frase sussurrata da Auteuil nel cesso (“Se non riesci con la prima pal-37

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