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Tutti i colori del noir - Cineforum del Circolo

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L’UOMO DEL TRENO(L’homme du train)Regia Patrice LeconteSceneggiatura Claude KlotzMusica Pascale EstèveCon Jean Rochefort, Johnny Halliday, Jean-FrançoisStévenin, Pascal Parmentier, Isabelle Petit-Jacques,Charlie Nelson, Edith ScobProduzione FranciaAnno 2002Durata 90’LA TRAMAMilan, un rapinatore di banche, una sera scendeda un treno in una stazione di una qualsiasicittadina della provincia francese. Ha unforte mal di testa e ciò lo porterà a recarsi in una farmaciadove conosce Manesquier, un vecchio professore in pensione che, poichè l’unico albergodel posto è chiuso, lo ospiterà a casa sua per qualche giorno. Entrambi hanno, per il sabatosuccessivo, un appuntamento fatidico: Milan, con i suoi complici, una banca da rapinare;Manesquier un’operazione al cuore. Nell’attesa, nasce fra i due, così diversi, una sorta di mutainvidia, ciascuno per la vita dell’altro. Il rapinatore sogna una vechiaia da pensionato in pantofole;Manesquier quella vita avventurosa che mai ha potuto avere.PREMIPremio Lumière 2003: Miglior attore Jean RochefortLA CRITICATutti i giorni feriscono, l’ultimo uccide. E aspettando un sabato di fuoco due personaggi (anzi: due uomini)mettono a repentaglio le proprie esistenze, sognando di potersele scambiare. Un bandito che sta perrapinare una banca, un anziano professore che deve affrontare un intervento chirurgico. Uno ha invidiadella condizione dell’altro, e sotto il filtro di una sceneggiatura da incorniciare (di Claude Klotz, aliasPatrick Cauvin, scrittore che nel paese delle Tamaro e dei Baricco non conosce nessuno) passa il desideriodi un domani se non migliore, diverso.Patrice Leconte firma con L’uomo del treno il suo film migliore, sceglie la rischiosa strada di una messa inscena “sperimentale” (digitale riversato) per rendere ancora più evidente come l’unica cosa che conti sial’anima, non la forma. Dietro ogni dialogo, un mondo; dietro ogni “maschera”, una verità. Il professoreavventuriero, l’avventuriero pantofolaio, il ladro artista (Jean-François Stevenin: magnifico). Leconte eCauvin utilizzano il canovaccio del polar (un dramma di genere con psicologie allo stato brado) per imbastireuna storia esemplare, pretesto per una riflessione appassionata sulla vecchiaia di cui si ribalta l’assuntocomune: non è la stagione della vita su cui cala la notte ma quella che segna l’alba di un nuovo giorno.Così si spiega anche il finale, solo all’apparenza ridondante, in cui i due uomini sospesi in una veglia dimorte cinematografica si scambiano non il futuro, ma il passato. Non sarebbe così bello L’uomo del trenosenza i due protagonisti. Jean Rochefort, il professore in pensione, gioca sul registro dell’(auto)ironia;Johnny Hallyday, rockstar noir, su quello della demistificazione («Hai letto troppi polar» dice all’amico).45

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