IL <strong>NOIR</strong> ITALIANORarissimi sono i polizieschi o noir italiani degli anni Trenta e Quaranta. Questo perché, durante il fascismo,le trame che si rifacevano a questi due generi cinematografici non erano tollerate in quanto sivoleva nascondere anche solo l’idea che in Italia si potessero verificare fatti di cronaca nera. In realtàqualche tentativo di realizzare film polizieschi o gialli, c’era stato. Si trattava, però, di pellicole diambientazione storica o con trame che si sviluppavano all’estero, come L’orologio a cucù di CamilloMastrocinque (1938) ambientato in epoca napoleonica, La pantera nera di Domenico Gambino(1942) che si svolgeva a Budapest o Grattacieli di Guglielmo Giannini (1943), ambientato negli StatiUniti allo scopo di mettere alla berlina la polizia americana.È solo con Ossessione, film del 1943 che Luchino Visconti trasse dal romanzo di James M. Cain Ilpostino suona sempre due volte, che si può comiciare a parlare di noir in Italia. Visconti, già assistentedi Jean Renoir in Francia, aveva ricevuto dal regista francese il libro, a quel tempo vietato in Italiae dal quale trasse il film che è considerato un po’ il capostipite del Neorealismo italiano. SaràOssessione a ispirare, molti anni più tardi, Michelangelo Antonioni - che a sua volta fu assistente diMarcel Carné - per il suo film del 1957 Il grido. Si possono cogliere alcune analogie fra le due opere:entrambi sono ambientate nella pianura Padana e sono film “on the road”, dove il protagonista è unmeccanico che ha la vita sconvolta da una donna.Pietro Germi, dal canto suo, è il regista italiano che, a partire dalla fine della guerra, ha utilizzato conmaggior frequenza il genere noir. Suoi sono Il testimone (1945), La città si difende (1951) e, soprattutto,Un maledetto imbroglio (1958) adattato dal romanzo di Carlo Emilio Gadda Quer pasticciacciobrutto de via Merulana che lo stesso Germi, che nel film interpreta il commissario Ingravallo, definì ilprimo vero poliziesco italiano.Sul finire degli anni ’60 si assiste all’uscita di almeno un paio di pellicole che vanno ricordate. Banditia Milano di Carlo Lizzani (1968) è la cronaca della rapina al Banco di Napoli di largo Zandonai aMilano compiuta dalla Banda Cavallero e dalla successiva fuga in macchina per le strade del capoluogolombardo finito con l’arresto dei quattro componenti della banda e con tre morti e numerosi feriti.Dell’anno successivo è Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri, in cui uncommissario di polizia, grazie al ruolo che ricopre, resta impunito nonostante un omicidio commesso.Il decennio successivo è quello dei cosiddetti poliziotteschi, polizieschi all’italiana che hanno inFernando Di Leo (Milano calibro 9; La mala ordina, entrambi del 1972) e Umberto Lenzi (Milanoodia: La polizia non può sparare, 1974; Roma a mano armata, 1976; Napoli violenta, 1976) duedei più interessanti realizzatori.Un film concepito con l’intenzione di denunciare il pesante clima politico che si respirava in Italia neglianni ’70, con la nascita di vari gruppi neofascisti è San Babila ore 20: un delitto inutile (CarloLizzani, 1976).Dalla seconda metà degli anni Settanta, sin verso la metà dei Novanta, in Italia il genere è in declino,sia che si tratti di polizieschi, gialli o noir. Da segnalare, più per il consenso di pubblico che per verimeriti artistici, la serie poliziottesca del Monnezza, con Tomas Milian e La donna della domenica,bel giallo diretto nel 1975 da Luigi Comencini, interpretato da Marcello Mastroianni e tratto dall’omonimoromanzo di Fruttero & Lucentini. Qui, ma soprattutto nel successivo A che punto è la notte(Nanni Loy, 1994), sempre con Mastroianni e sempre tratto da un’opera della coppia di scrittori, siavvertono atmosfere noir in una Torino misteriosa e torbida, dove si intersecano criminalità e sette religiose.Il genere, in Italia, riprende un po’ di vitalità con l’avvento del nuovo millennio. È del 2002 l’ottimo noirdi Matteo Garrone L’imbalsamatore, Film con risvolti psicologici che descrive l’intreccio di desiderioe omosessualità fra due uomini e una donna con, sullo sfondo, i traffici della camorra e il degradodelle periferie napoletane.Da segnalare, infine, Quo vadis, baby? (Gabriele Salvatores, 2005), poliziesco di ambientazionebolognese dove a svolgere le indagini è un detective privato donna, ben interpretato da AngelaBaraldi; La ragazza del lago (Andrea Molaioli, 2007), con un intenso Toni Servillo; Il passato è unaterra straniera (Daniele Vicari, 2008), tratto da un romanzo del magistrato/scrittore, ora deputato,Gianrico Carofiglio e La cosa giusta (Marco Campogiani, 2009), anomalo poliziesco in cui più chel’azione, contano personaggi e sentimenti.
flash-back, in un’atmosfera allucinata, punteggiandola di dettagli che contribuiscono a caratterizzare i personaggi,come il braccialetto che circonda la caviglia della donna (una sensuale e fatale Barbara Stanwyck)o di particolari all’apparenza insignificanti, come ci ricorda Neff ripensando al profumo del caprifogliolungo la strada che portava alla casa della donna e accostandolo, con amara ironia, al “profumo” del delitto.Memorabile la frase finale, pronunciata da Neff ormai morente: “L’ho ucciso per i soldi e per unadonna. Non ho avuto i soldi. E non ho avuto la donna”.Mickey Spillane (1918-2006)Un duro fra i duri. Spillane, nei suoi romanzi porta all’eccesso gli elementi classici della scuola hard-boiled:violenza, sesso, cinismo.Creatore del detective privato Mike Hammer, maschilista, duro e spietato come i criminali a cui dà la caccia,Spillane era dichiaratamente di destra, tanto che aderì senza indugio al progetto anticomunista delsenatore Joseph McCarthy.I, the Jury, il primo romanzo con Hammer protagonista, uscì in America nel 1947 e, in Italia, nel 1953 conil titolo Ti ucciderò, pubblicato presso la collana dei gialli della Garzanti che, per molti anni, fu la casa editriceche pubblicò nel nostro paese le opere dello scrittore newyorkese.Il cinema si appropriò di alcuni romanzi di Spillane che fu, egli stesso, sceneggiatore e, addirittura, interpretedel suo detective. La pellicola più famosa e sicuramente più riuscita tratta da un suo noir è Un bacioe una pistola (Robert Aldrich, 1955) che segna una sorta di spartiacque fra il modello dei detective romanticialla Marlowe e quello dei duri alla Hammer, appunto, o alla Dirty Harry, cioè l’Ispettore Callaghan dieastwoodiana memoria. Alla sua uscita il film non fu esente da critiche per via di alcune scene piuttostocrude (una donna seviziata sino alla morte e un’altra incenerita da materiale radioattivo).20