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Tutti i colori del noir - Cineforum del Circolo

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svariate e raffinate componenti intellettuali si innestano su una trama di genere, Fargo gioca a opporre lanormalità del bene alla normalità del male: l’una e l’ altra sono rappresentate con ineffabile ironia in situazionie dialoghi essenziali. I personaggi appaiono immersi nel torpore della vita provinciale, sia quelli chehanno trascurato di mettere l’orologio all’ora attuale, sia quelli che si illudono di incrementare il propriodestino con spunti di cinismo o atti di violenza. Tutti guardano la tv: ladri, guardie e gente comune. EMarge, in particolare, è una donna comune di tipo non comune: la prova vivente che nella confusioneodierna l’ attaccamento tranquillo ai propri compiti (il marito, la famiglia che cresce, il dovere del servizio)rappresenta l’ unica alternativa. Fargo è la conferma della statura di una premiata coppia registica(Palma d’ Oro con Barton Fink nel ‘91) e insieme un racconto esemplare dell’America di fine secolo,accolto qui con grande favore per i suoi valori d’ intrattenimento e la sbalorditiva economia dello stile.Vorrei concludere, profetizzando: è un film che resterà .Kezich Tullio, Corriere della Sera, 15 maggio 1996Fargo, o «de l’avidità». Quattro colori segnano il film dei fratelli Coen: il bianco, il rosso, il verde e il nero.Il bianco è quello della neve, neve che si trova ovunque, immacolata coltre bianca che confonde l’orizzonte:ti volti a destra e sinistra per sotterrare una valigetta piena di soldi e non vedi altro. Il rosso è il sangue:di quando ti sparano alla mascella, di quando passi nel posto sbagliato al momento sbagliato e vedi qualcosache non dovresti, di quando trituri il cadavere del tuo socio nella macchina per tagliare la legna. Ilverde non lo si vede spesso, ma è quello che vorresti vedere di più: è il colore dei soldi che ti spinge a organizzareil rapimento di tua moglie per ricattare il bastardo di tuo suocero. Il nero infine è quello della commediache si mescola al thriller: l’ironia beffarda che intacca le circostanze, vicende paradossali che siintrecciano nella ridicola tragedia fallimentare dell’uomo.Nel 1994 i Coen girano Mister Hula Hoop, prima grossa produzione dopo i consensi di pubblico e criticadei primi quattro film, che però si rivelaun’opera deludente. Per il lavoro successivodecidono di tornare a casa, conuna storia più consona, nei posti dovesono cresciuti e che conoscono bene.Fargo, allora, che dà l’idea di un paeseamericano dimenticato da dio, su anord, centocinquanta chilometri dalconfine canadese, a cavallo tra NordDakota e Minnesota, dove poi le vicendesono ambientate, tra le città diBreinard e Minneapolis. JerryLundegaard (William H. Macy), modestovenditore di automobili, assolda duemalviventi, Carl (Steve Buscemi) e lopsicopatico e taciturno Gaear (PeterStormare), per far rapire la propriamoglie e chiedere il riscatto al riccosuocero Wade (Harve Presnell). Ma ilsequestro si complica quando i duegalantuomini cominciano a lasciarsialle spalle una serie di inutili cadaveri,sui quali indaga la poliziotta Marge(Frances McDormand), incinta e sposatacol pacifico Norm (John CarrollLynch). Tornano molti topoi coeniani:il rapimento (Arizona Junior, Il grandeLebowski), il ricatto (L’uomo che nonc’era, A prova di spia), la violenza28

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