La luce dietro le sbarre
Numero 24 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
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16 Domenica 3 maggio 2009CAMPUS<br />
GESUALDO<br />
Fondi europei per trasformare la storica struttura in Università della musica<br />
<strong>La</strong> fortezza sotto assedio<br />
Un comitato contro il piano di recupero promosso da Comune e Provincia<br />
LOREDANA ZARRELLA<br />
Quello che si sta verificando a<br />
Gesualdo passerà alla storia<br />
come la battaglia contro i progettisti<br />
o come il grande e tanto<br />
agognato recupero del castello.<br />
Intanto c’è una notizia: è stato<br />
presentato ufficialmente alla<br />
comunità il progetto di restauro.<br />
Tra <strong>le</strong> proteste di un comitato,<br />
“Gesualdo-Salviamo il<br />
castello”, nato per ostacolare la<br />
messa in opera di un piano di<br />
recupero ritenuto superficia<strong>le</strong> e<br />
poco rispettoso.<br />
Dopo decenni, l’intero castello<br />
è diventato patrimonio pubblico.<br />
Di certo una data significativa,<br />
come afferma il sindaco<br />
Carmine Petruzzo secondo cui<br />
già è una vittoria aver presentato<br />
il prospetto in un mese, il<br />
tempo concesso per poter<br />
attingere ai fondi europei.<br />
Il comitato, formato da molti<br />
giovani, ritiene che il recupero<br />
previsto non sia coniugabi<strong>le</strong><br />
con la salvaguardia e la valorizzazione<br />
di un bene mil<strong>le</strong>nario.<br />
Secondo il prof. Anniba<strong>le</strong> Cogliano,<br />
storico e membro del<br />
comitato, non ci sarebbe un<br />
vero progetto a cui attenersi<br />
ma solo la possibilità di fare<br />
arbitrariamente qualsiasi operazione:<br />
bisognava cercare<br />
un’equipe specializzata e dedicare<br />
più tempo ai lavori di progettazione.<br />
Sotto accusa anche<br />
la Sovrintendenza che avrebbe<br />
dato il lasciapassare a carte redatte<br />
con poca cura. Molteplici<br />
sono i punti contestati. Interventi<br />
strutturali e destinazione<br />
d’uso vanno di pari passo nella<br />
po<strong>le</strong>mica. E’ stata innanzitutto<br />
criticata la trasformazione del<br />
castello in scuola europea di<br />
musica polifonica, in onore del<br />
principe madrigalista Carlo<br />
Gesualdo che lo abitò.<br />
Il giovane Pierpaolo Cuoppolo<br />
fa notare come molte norme,<br />
nell’adibire la struttura a scuola,<br />
siano state disattese. Un<br />
esempio su tutti: alcune stanze<br />
non hanno accesso a un corridoio<br />
ma comunicano tra di loro,<br />
come scato<strong>le</strong> cinesi, contro<br />
<strong>le</strong> direttive antisismiche. I progettisti,<br />
gli architetti gesualdini<br />
Enzo Cogliano e Virginio D’Adamo,<br />
sono soddisfatti invece<br />
Il castello di Gesualdo<br />
del loro lavoro. Al<strong>le</strong> proteste<br />
hanno così replicato: “Quod<br />
non fecerunt Barbari fecerunt<br />
Barberini”. In effetti il maniero<br />
ha subito diversi scempi negli<br />
anni. Come la trasformazione<br />
di alcuni ambienti secondo<br />
canoni moderni, la colorazione<br />
del cordolo di co-ronamento<br />
con caratteri cromatici diversi<br />
rispetto all’insieme, <strong>le</strong> iniezioni<br />
di cemento che, se da un lato<br />
hanno permesso di conservare<br />
il castello, dall’altro ne hanno di<br />
sicuro stravolto la facciata.<br />
Poco è piaciuta all’Amministrazione,<br />
intanto, la denuncia<br />
di presunte irregolarità nella<br />
gestione dell’appalto. I ricorsi<br />
sono stati archiviati ma il comitato<br />
si è detto pronto a continuare<br />
la battaglia. Sempre che<br />
la rabbia non venga abbattuta<br />
come un castello di carte. In<br />
tanto clamore, resta comune<br />
un solo obiettivo: impedire che<br />
il castello divenga una cattedra<strong>le</strong><br />
nel deserto.<br />
<strong>La</strong> vera sfida è proprio questa:<br />
sfruttare la memoria storica<br />
come volano dello sviluppo del<br />
paese.<br />
Il principe di Venosa<br />
L’inquilino<br />
madrigalista<br />
Ideata come struttura difensiva in epoca<br />
longobarda, il castello divenne, nel XVI<br />
secolo, dimora dei Gesualdo, una della famiglie<br />
più illustri del tempo. Vi dimorò il principe<br />
di Venosa Carlo Gesualdo (1566-1614),<br />
ricordato per aver fatto uccidere la moglie<br />
Maria D’Avalos e il suo amante, colti in flagrante<br />
adulterio. Grazie allo zio cardina<strong>le</strong><br />
Carlo Borromeo,<br />
il principe non fu<br />
condannato e si<br />
rifugiò nel castello<br />
dove compose<br />
numerosi madrigali.<br />
Solo nel 2008 l’antico<br />
maniero è<br />
passato definitivamente<br />
in mano<br />
pubblica con<br />
un’operazione costata<br />
alla Provincia 1milione 466mila euro<br />
pari al 55% della proprietà, prima detenuta<br />
dalla famiglia Caccese. Solo il 45% era del<br />
Comune.<br />
Dopo l’acquisto il recupero: con il finanziamento<br />
di 3milioni 600mila euro, fondi europei,<br />
il protocollo di intesa tra Provincia e<br />
Comune ha varato un piano di intervento<br />
per cui sarà necessario, in primis, eliminare<br />
<strong>le</strong> superfetazioni, ossia i corpi estranei al<br />
manufatto. Il castello ha subito diversi danni<br />
nei secoli. Non solo <strong>le</strong> guerre ma anche, per<br />
ultimo, il terremoto del 1980 che costrinse i<br />
proprietari ad abbandonarlo. <strong>La</strong> trasformazione<br />
in residenze private ne ha stravolto l’identità.<br />
Motivo per cui il recupero si preannuncia<br />
diffici<strong>le</strong>.<br />
Il Castello di Montesarchio ospita il Museo del Sannio Caudino, tra storia e preistoria<br />
A corte con gli ippopotami<br />
«I finanziamenti sono esigui, ci bastano solo per cambiare <strong>le</strong> lampadine»<br />
Asteas:<br />
l’Europa<br />
in un vaso<br />
Il Vaso di Asteas raffigura<br />
il ratto di Europa,<br />
uno dei miti greci, che<br />
narra di una fanciulla<br />
rapita da Zeus e trasportata<br />
verso Creta,<br />
dando origine, appunto,<br />
all’identità europea. L’opera<br />
fu trafugata da uno<br />
scavo clandestino a<br />
Sant’Agata de’ Goti, e<br />
poi venduta, il<strong>le</strong>citamente,<br />
al Getty Museum<br />
di Los Ange<strong>le</strong>s, e<br />
solo in seguito riportata<br />
in Italia in una operazione<br />
dei Carabinieri<br />
del nuc<strong>le</strong>o tutela Patrimonio<br />
artistico. Nel<br />
marzo 2007, il vaso è<br />
stato in mostra al Quirina<strong>le</strong>,<br />
per la ce<strong>le</strong>brazione<br />
dei cinquant’anni dei<br />
Trattati di Roma.<br />
CRISTIANO VELLA<br />
Prima c’erano i signori, dopo i carcerati,<br />
dopo ancora gli orfani, e ora<br />
ippopotami del p<strong>le</strong>istocene, armi<br />
rudimentali, antichissimi manufatti.<br />
E’ il castello di Montesarchio, edificato<br />
in epoca longobarda e lasciato<br />
colpevolmente all’incuria negli ultimi<br />
decenni. Nel 1996 la svolta: iniziano<br />
i lavori di ristrutturazione e<br />
durano fino al 2007, anno in cui<br />
viene inaugurato il Museo Archeologico<br />
Naziona<strong>le</strong> del Sannio Caudino.<br />
Per ora solo il primo piano del lame risa<strong>le</strong>nti al neolitico. Oggetti<br />
castello, diviso in sei sa<strong>le</strong>, ospita i che diventano di ben altra fattura<br />
reperti dell’antica area popolata dalla nella seconda sala, dedicata all’Età<br />
tribù dei Sanniti Caudini, ovvero del Ferro, dove vasi di chiara ispirazione<br />
corinzia fanno da corredo alla<br />
quella che va da Montesarchio a<br />
Sant’Agata de’ Goti e fino a San riproduzione di una sepoltura femmini<strong>le</strong>,<br />
proveniente da una del<strong>le</strong><br />
Salvatore Te<strong>le</strong>sino (<strong>le</strong> antiche Caudium,<br />
Saticula e Te<strong>le</strong>sia).<br />
necropoli che ancora oggi vengono<br />
Molto interessante è osservare l’evoluzione<br />
dell’area sannitica, grazie ai nella zona. Scavi che non creano<br />
fuori ogni qual volta che si scava<br />
manufatti ospitati nel<strong>le</strong> teche. mai prob<strong>le</strong>mi istituzionali, dati i<br />
Nella prima sala, dedicata alla preistoria,<br />
oltre al<strong>le</strong> ossa dell’ippopota-<br />
il Comune di Montesarchio e la<br />
buoni rapporti che intercorrono tra<br />
mo si trovano armi, utensili e vasel- Benevento, infatti, <strong>La</strong> Rocca<br />
A sinistra il Vaso<br />
di Asteas.<br />
A destra il castello<br />
di Montesarchio,<br />
sede del museo<br />
Soprintendenza ai Beni Culturali.<br />
Nella altre sa<strong>le</strong> si fa palpabi<strong>le</strong> lo sviluppo<br />
della zona: dalla chiara<br />
influenza etrusca nella manifattura<br />
ai vasi figurati. E’ qui, il vero protagonista<br />
del museo, il vaso di Asteas,<br />
raffigurante il “ratto d’Europa”, uno<br />
degli undici vasi del più grande ceramista<br />
della Magna Grecia, trovato<br />
nella zona di Sant’Agata de’ Goti, e<br />
poi oggetto di una serie di vicissitudini.<br />
Per quanto attiene alla situazione<br />
del museo, il direttore Luigi <strong>La</strong><br />
Rocca afferma: «A livello di visite,<br />
nei giorni festivi abbiamo sempre un<br />
ottimo riscontro, il prob<strong>le</strong>ma è colmare<br />
i cosiddetti tempi morti».<br />
Forse però, <strong>le</strong> opere del museo, sebbene<br />
interessantissime, non sono<br />
abbastanza per attirare visitatori da<br />
zone che vanno oltre la provincia di<br />
dichiara: «Bisognerebbe creare una<br />
rete con gli altri musei e con gli altri<br />
paesi, ma è diffici<strong>le</strong>, ognuno cerca<br />
di fare gli interessi della propria<br />
zona e ciò finisce con il non fare<br />
bene a nessuno». Per quanto attiene<br />
ai progetti futuri, il museo<br />
dovrebbe espandersi: «Dovrebbero<br />
essere occupati tutti e tre i<br />
piani – afferma il direttore – ma al<br />
momento i finanziamenti sono<br />
finiti». Effettivamente, essendo la<br />
fruizione del museo comp<strong>le</strong>tamente<br />
gratuita, è diffici<strong>le</strong> andare avanti,<br />
ed è lo stesso direttore a confessarlo:<br />
«Beneficiamo di piccoli finanziamenti<br />
che arrivano dal ministero,<br />
ma in termini pratici servono<br />
unicamente per cambiare <strong>le</strong> lampadine,<br />
null’altro».