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EDITORIALE Domenica 3 maggio 2009 5 In Abruzzo <strong>le</strong> case saranno ricostruite in tempi certi, così come è avvenuto con il termovalorizzatore di Acerra. Possiamo cominciare a esserne ragionevolmente sicuri. E’ soprattutto una questione di fiducia e poi di efficienza: ma proprio il fatto che ad Acerra si sia raggiunto l’obiettivo, significa che anche all’Aquila ci si riuscirà. Perché si è creato un circuito virtuoso, fatto di spirito concreto e di buona volontà, in cui entra in gioco la presenza dello Stato e il pragmatismo operoso dei cittadini. L’una e l’altro sono essenziali, in una sorta di magica miscela destinata a produrre esiti imprevedibili. Senza lo Stato, la volontà dei singoli non sarebbe sufficiente. Peggio ancora sarebbe se <strong>le</strong> istituzioni mostrassero quel volto arcigno e in fondo osti<strong>le</strong> che gli abitanti del Mezzogiorno hanno imparato a conoscere nel corso della storia. D’altra parte, senza la determinazione dei diretti interessati, senza l’abbandono di un fatalismo rinunciatario ormai anacronistico, lo Stato non sarebbe nulla: quasi un guscio vuoto. “Beato il paese che non ha bisogno di eroi” affermava Brecht in una sua ce<strong>le</strong>bre frase. Ed è vero. Però esistono casi in cui gli eroi servono e soprattutto servono i simboli, gli esempi. Dopo l’11 settembre, per la ricostruzione mora<strong>le</strong> prima che fisica dell’America fu indispensabi<strong>le</strong> ricordare in ogni istante l’eroismo dei vigili del fuoco che si immolarono nel<strong>le</strong> Torri Gemel<strong>le</strong>. E’ bene che noi oggi teniamo a mente la dedizione degli operatori della Protezione Civi<strong>le</strong> e di tutti coloro che accorsero sui luoghi della devastazione poche ore, si potrebbe dire pochi minuti dopo il sisma. Rappresentano una <strong>le</strong>zione e un simbolo che rimarrà nel tempo. Allo stesso modo, gli operai e i tecnici che hanno rimesso mano a tempo di record all’impianto di Acerra, fino a comp<strong>le</strong>tarlo e a metterlo in funzione, hanno dimostrato di essere più forti del<strong>le</strong> avversità e del destino. E’ chiaro che si deve ripartire da qui. Da questa fusione tra uno Stato moderno e serio, da un lato, e un popolo di cittadini consapevoli, dall’altro. Ben sapendo che ogni medaglia ha il suo rovescio. E che i rischi non mancano. In Abruzzo, inuti<strong>le</strong> nasconderlo, c’è il pericolo che lo slancio si attenui. Oggi è sostenuto da quel senso di coesione naziona<strong>le</strong> che ha scandito i primi giorni dopo la tragedia e che in modo quasi miracoloso si è prolungato nel<strong>le</strong> settimane successive. Ma conoscendo l’animo degli italiani, non c’è da credere che durerà in eterno. Siamo bravi a unirci nei momenti drammatici, ma siamo altrettanto risoluti a dividerci alla prima occasione. Se questa volta non accadrà, se <strong>le</strong> po<strong>le</strong>miche resteranno fuori dalla porta in favore del buon senso, potremo dire che stiamo assistendo a un fatto storico. Anche per questo è fondamenta<strong>le</strong> che <strong>le</strong> istituzioni continuino a dimostrarsi credibili. <strong>La</strong> ricerca del<strong>le</strong> responsabilità, come ha detto il presidente della Repubblica, dovrà essere scrupolosa. Ma senza dimenticare che <strong>le</strong> Dalla Protezione Civi<strong>le</strong> vengono con forza una <strong>le</strong>zione e un simbolo LE GAMBE AQUILANE Più forti del<strong>le</strong> avversità STEFANO FOLLI (dalla prima pagina) L’arduo compito che investe oggi <strong>le</strong> Istituzioni: restituire fiducia al Sud nel diritto e nella giustizia colpe, quando ci sono, appaiono “diffuse”. E che nessuno ne è esente. Come dire che non è il momento del<strong>le</strong> verità preconfezionate in una specie di contenitore ideologico da scagliare contro l’avversario politico di turno. E nemmeno è il momento di quella “giustizia spettacolo” che purtroppo negli anni recenti è stata più Le autorità affermano: in Abruzzo <strong>le</strong> case saranno ricostruite in tempi certi così come è avvenuto con il termovalizzatore di Acerra, nella foto a destra. A L’Aquila dopo il terremoto c’è il pericolo che lo slancio si attenui. Oggi è sostenuto da quel senso di coesione naziona<strong>le</strong> che ha scandito i primi giorni. Ma conoscendo l’animo degli italiani non c’è da credere che durerà in eterno. una prova della crisi della magistratura che della sua vitalità. Sotto questo aspetto, lo sti<strong>le</strong> sobrio e severo dei magistrati dell’Aquila fa ben sperare. Del resto ci sono pochi dubbi sul fatto che la credibilità e il prestigio dello Stato poggiano oggi su tre gambe. <strong>La</strong> prima riguarda il governo centra<strong>le</strong>, la sua capacità di offrire una «<strong>La</strong> ricerca del<strong>le</strong> responsabilità dovrà essere scrupolosa», lo ha detto il presidente Napolitano. Nella foto a lato il palazzo di Montecitorio guida convincente nel<strong>le</strong> situazioni drammatiche. <strong>La</strong> seconda tocca l’efficacia comp<strong>le</strong>ssiva dell’intervento: dai primi soccorsi alla fase lunga e complicata della ricostruzione, dove si tratta di superare infiniti ostacoli, di fare <strong>le</strong> scelte giuste, di scavalcare i muri della burocrazia. E’ qui che si corrono i rischi maggiori, qui nasce il disincanto e si può produrre di nuovo una lacerazione tra i poteri pubblici e lo stato d’animo del<strong>le</strong> popolazioni. In passato è accaduto fin troppo spesso. Ora non dovrà accadere, anche perché non possiamo permetterci il costo di un fallimento. Infine la terza gamba investe, appunto, il ruolo della magistratura. Che dello Stato, della sua immagine comp<strong>le</strong>ssiva, è parte integrante. Oggi la magistratura ha il compito davvero arduo, ma entusiasmante, di restituire agli italiani fiducia nel diritto e quindi nella giustizia. Fiducia: ecco di nuovo il termine che rappresenta il filo conduttore di questa narrazione, da Acerra all’Aquila. Fiducia quindi da ritrovare nella serietà del<strong>le</strong> istituzioni. Se i magistrati abruzzesi sapranno lavorare lontano dal<strong>le</strong> tv e dal<strong>le</strong> tentazioni della ribalta, come i migliori di loro hanno sempre fatto, renderanno un grande servizio allo Stato. Quanto ad Acerra, qui i pericoli sono di altro genere, ma non del tutto dissimili. Il rovescio della medaglia riguarda lo scollamento tra <strong>le</strong> energie del Sud e una realtà che ancora non sa, non vuo<strong>le</strong> o non può valorizzar<strong>le</strong> come meriterebbero. Non è un caso, ad esempio, che il termovalorizzatore sia stato realizzato da imprese che hanno <strong>le</strong> loro radici lontano dal Mezzogiorno. E’ accaduto ad Acerra e accade in molte altre situazioni. Le grandi infrastrutture nel Sud sono quasi sempre appaltate a imprese del Nord. Quasi a testimoniare quella perdurante frattura tra <strong>le</strong> due Italie su cui si è consumata per più di un secolo la rif<strong>le</strong>ssione della migliore cultura meridionalista e che ancora si ripropone nel<strong>le</strong> forme più amare per chi vive e lavora nella parte meridiona<strong>le</strong> del paese. Non si tratta di invocare una sorta di “protezionismo” regiona<strong>le</strong>. Sarebbe assurdo. Tra l’altro il protezionismo è solo uno scudo illusorio davanti al<strong>le</strong> crisi: il prezzo che alla lunga si paga è sempre più alto dei vantaggi provvisori che se ne ricavano. No, la strada è un’altra. Il Sud deve imparare a credere in se stesso più di quanto non abbia mai fatto prima d’ora. Ci sono realtà economiche e culturali nel Mezzogiorno che rappresentano altrettante iso<strong>le</strong> d’eccel<strong>le</strong>nza. Si tratta allora di col<strong>le</strong>gare idealmente tra loro queste realtà, in nome del merito e dello sviluppo, fino a creare una “massa critica” in grado di cambiare l’immagine del meridione. Anche e soprattutto in questo caso va<strong>le</strong> la ricetta citata all’inizio di questo articolo: più Stato, purchè si tratti di uno Stato amico e non patrigno, e più consapevo<strong>le</strong>zza nel<strong>le</strong> persone. Istituzioni rinnovate e gente che si rimbocca <strong>le</strong> maniche. Proprio la crisi economica che l’Italia sta attraversando in questi anni può offrire al Sud una possibilità straordinaria per volgere a suo vantaggio la vecchia frattura con il Nord produttivo. E’ il Sud che può cogliere meglio <strong>le</strong> nuove occasioni che si creeranno al momento della ripresa. Per questo avrà bisogno, non di eroi, ma di buoni lavoratori. Gli esempi di questi ultime settimane ci dicono che tutto è possibi<strong>le</strong>.