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La luce dietro le sbarre

Numero 24 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno

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8 Domenica<br />

3 maggio 2009PRIMO PIANO<br />

L’area marina, da 16 anni<br />

sotto tutela biologica,<br />

meraviglia subacquea<br />

ed esempio di biodiversità<br />

della penisola sorrentina<br />

È nato anche un concorso<br />

Nei fine settimana di maggio l’area<br />

marina protetta ospiterà la prima<br />

edizione del trofeo di foto e video<br />

subacquee “Banco di Santa Croce<br />

2009” organizzata dall’associazione<br />

Sesto Continente Sea Center di<br />

Castel-lammare di Stabia. Tre <strong>le</strong><br />

categorie di concorso: pesci e organismi,<br />

am-biente e macro.<br />

A destra il promontorio di Capo <strong>La</strong> Gala.<br />

Al centro, F<strong>le</strong>gra Bentivegna, curatrice<br />

della stazione zoologica Dohrn di Napoli<br />

Vico, ventimila specie sotto i mari<br />

Il Banco di Santa Croce, fonda<strong>le</strong> tropica<strong>le</strong> di casa nostra, a due passi dal Sarno<br />

Coralli, gorgonie, spugne,<br />

pesci di ogni tipo: no, non è<br />

un fonda<strong>le</strong> tropica<strong>le</strong> ma un<br />

tesoro sommerso a portata<br />

di mano che segna il confine<br />

nord del comune di Vico<br />

Equense, a mezzo miglio<br />

dalla costa tra Capo <strong>La</strong> Gala<br />

e Capo d’Orlando. Il Banco<br />

di Santa Croce è una<br />

meraviglia subacquea sconosciuta<br />

ai più ma ben nota<br />

ai sub e soprattutto a microrganismi<br />

e pesci, anche<br />

rari, che lo frequentano in<br />

grande quantità. <strong>La</strong> zona è<br />

diventata area a tutela biologica<br />

nel 1993 dopo la scoperta<br />

della Gerardia Savaglia<br />

(il cosiddetto “corallo<br />

nero”) ma anche perchè ritenuta<br />

area di ripopolamento<br />

ittico.<br />

Recentemente, anzi, l’area a<br />

riserva integra<strong>le</strong> di pesca è<br />

passata da 500 m a un km<br />

grazie ad un decreto ministeria<strong>le</strong><br />

dello scorso gennaio<br />

che ha raccolto una proposta<br />

del Comitato di gestione<br />

del<strong>le</strong> zone di tutela<br />

biologica volto a tutelare<br />

maggiormente l’area. <strong>La</strong><br />

secca, formata da cinque<br />

gruppi rocciosi, sprofonda<br />

per 50 metri e, stando a recenti<br />

studi della stazione<br />

zoologica Dohrn di Napoli,<br />

riesce miracolosamente a<br />

sottrarsi all’inquinamento<br />

del fiume Sarno che sfocia<br />

poco lontano. Il merito è<br />

della “Levantina”, una corrente<br />

marina proveniente<br />

dalla Grecia: questa, risa<strong>le</strong>ndo<br />

lungo <strong>le</strong> coste italiane,<br />

arriva nel Golfo di Napoli<br />

seguendo la direzione<br />

Capri - Castellammare. Il<br />

flusso risa<strong>le</strong> dal canyon sottomarino<br />

del Banco di Santa<br />

Croce e, grazie alla sua<br />

temperatura ottima<strong>le</strong>, spazza<br />

via <strong>le</strong> acque più calde e<br />

inquinate del Sarno, preservando<br />

l’integrità di questo<br />

fragi<strong>le</strong> ecosistema.<br />

Ciò consente una forte biodiversità:<br />

ai più comuni polipi,<br />

molluschi, scorfani, alici,<br />

gronchi, riccio<strong>le</strong> e sarde<br />

si affiancano a volte anche<br />

pesci come gli Zu Cristatus<br />

(pesci falce), che in genere<br />

popolano gli oceani. Presente<br />

anche il gattuccio,<br />

squalo che depone <strong>le</strong> uova<br />

sui rami di gorgonie. Tutti<br />

sono attirati dall’abbondanza<br />

di plancton che si forma<br />

nel Banco grazie a reazioni<br />

chimiche che sfruttano la<br />

materia organica del Sarno.<br />

Da qui parte una catena alimentare<br />

che attira pesci pelagici<br />

e, perchè no, qualche<br />

delfino di passaggio in cerca<br />

di un lauto spuntino.<br />

Pagina a cura di<br />

CLAUDIA ESPOSITO<br />

FLEGRA BENTIVEGNA<br />

«<strong>La</strong> parola chiave è protezione»<br />

IL PUNTO<br />

Corallo nero, occhio<br />

al ladro d’identità<br />

Il nome indica più “famiglie”, poche quel<strong>le</strong> originali<br />

<strong>La</strong> Gerardia Savaglia presente nel<br />

Banco di Santa Croce in realtà è<br />

chiamata erroneamente corallo<br />

nero. Questo organismo è infatti<br />

un parassita del gruppo degli Zoantharia:<br />

sua peculiarità è quella<br />

di rivestire gorgonie preesistenti<br />

con uno sche<strong>le</strong>tro corneo, dando<br />

vita a colonie gial<strong>le</strong> che crescono<br />

fino a 10 cm all’anno. Nonostante<br />

il fusto resti esi<strong>le</strong>, la Gerardia può<br />

arrivare anche al metro d’altezza.<br />

Si tratta di un organismo molto<br />

longevo, capace di sopravvivere fino<br />

a 1800 anni intorno ai 50 metri<br />

di profondità. Altro e<strong>le</strong>mento di<br />

differenziazione tra questo esemplare<br />

e il vero corallo nero sta nel<br />

numero differente dei polipi. Nonostante<br />

l’impropria denominazione,<br />

la Gerardia Savaglia è comunque<br />

una specie rara e per questo<br />

protetta da due protocolli internazionali,<br />

la Convenzione di<br />

Cernie e gorgonie beni preziosi<br />

da tutelare dalla pesca selvaggia<br />

Dottoressa F<strong>le</strong>gra Bentivegna,<br />

da curatrice della<br />

stazione zoologica Dohrn<br />

di Napoli, quali ritiene<br />

essere <strong>le</strong> specie da tutelare<br />

di più nel Banco di<br />

Santa Croce?<br />

Un occhio di riguardo va<br />

certamente gettato al<strong>le</strong><br />

cernie che ormai sono in<br />

via di rarefazione perchè<br />

la specie è stata troppo pescata.<br />

Il loro numero quindi<br />

sta diminuendo perchè<br />

questi pesci hanno una<br />

crescita molto <strong>le</strong>nta e molti<br />

esemplari vengono catturati<br />

prima di raggiungere<br />

la maturità sessua<strong>le</strong>,<br />

senza aver avuto la possibilità<br />

di riprodursi nemmeno<br />

una volta. Le cernie<br />

infatti iniziano la fase riproduttiva<br />

solo a partire<br />

dal quinto anno di vita;<br />

successivamente, essendo<br />

animali ermafroditi, cambiano<br />

sesso e <strong>le</strong> femmine<br />

diventano maschi. Catturare<br />

esemplari troppo giovani<br />

o troppo piccoli, al di<br />

sotto dei 45 cm, non dà il<br />

tempo alla specie di riprodursi<br />

in numero adeguato.<br />

Poi ci sono <strong>le</strong> gorgonie...<br />

Le paramuricee, <strong>le</strong> unicel<strong>le</strong><br />

e tutti gli altri tipi di gorgonie<br />

sono specie protette<br />

da apposite convenzioni<br />

perchè rare e raccoglier<strong>le</strong><br />

sarebbe un vero e proprio<br />

delitto. Si tratta di organismi<br />

delicati, molto sensibili<br />

all’inquinamento: anche<br />

loro sono in via di rarefazione,<br />

ma, per fortuna,<br />

non è il caso del Banco di<br />

Santa Croce dove <strong>le</strong> gorgonie<br />

sono ancora presenti.<br />

Basta la tutela <strong>le</strong>gislativa<br />

per salvaguardare quest’area<br />

così delicata?<br />

Non è mai abbastanza quel-<br />

lo che si fa per tutelare<br />

questi ecosistemi: il Banco<br />

di Santa Croce è una secca<br />

di straordinaria ricchezza<br />

che ha raggiunto un suo e-<br />

quilibrio grazie al gioco<br />

particolare di correnti che<br />

l’attraversano. Il fatto che<br />

la zona non sia inquinata<br />

dal<strong>le</strong> acque del fiume Sarno<br />

si può definire un miracolo<br />

della natura. Purtroppo,<br />

però, non è detto<br />

che questo equilibrio duri<br />

per sempre nè in realtà si<br />

può dire di conoscere a<br />

fondo lo stato di salute di<br />

ogni singola specie del<br />

Banco. <strong>La</strong> pesca di frodo e<br />

l’inquinamento sono pericoli<br />

che minacciano di<br />

continuo questo habitat.<br />

Esiste allora una soluzione<br />

concreta?<br />

<strong>La</strong> parola chiave è protezione,<br />

protezione e ancora<br />

protezione. <strong>La</strong> vera tutela<br />

parte da terra: la burocrazia<br />

da sola non basta. Occorre<br />

che <strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi siano rispettate,<br />

lottando concretamente<br />

contro l’inquinamento<br />

del<strong>le</strong> acque. Solo<br />

così si può cercare di preservare<br />

la vita in mare senza<br />

depredare <strong>le</strong> sue immense<br />

risorse.<br />

ne e ricerca ambienta<strong>le</strong>, che sta portando<br />

avanti un progetto sulla biodiversità<br />

marina e <strong>le</strong> specie rare. Ma<br />

la sorpresa più grande è emersa dal<strong>le</strong><br />

acque del Golfo di <strong>La</strong>mezia, dove,<br />

a 150 metri di profondità, è stato<br />

rinvenuta una specie ancora più rara<br />

di corallo nero, l’Antipathes Di-<br />

L’il<strong>le</strong>galità<br />

Ma c’è<br />

chi ancora<br />

pesca datteri<br />

Nonostante la tutela <strong>le</strong>gislativa<br />

e il divieto assoluto<br />

di pesca, il Banco di Santa<br />

Croce è spesso meta di<br />

scorribande di datterai e<br />

pescatori senza scrupoli<br />

che non si scoraggiano<br />

nemmeno davanti a sanzioni<br />

di centinaia di euro,<br />

al sequestro del<strong>le</strong> attrezzature<br />

e alla distruzione<br />

del pescato.<br />

Nel caso della pesca dei<br />

datteri, proibita in Italia<br />

da una <strong>le</strong>gge del 1998, i<br />

trasgressori rischiano anche<br />

una denuncia per deturpamento<br />

di bel<strong>le</strong>zze<br />

naturali e alterazione dello<br />

stato dei luoghi. Infatti,<br />

la pesca di frodo danneggia<br />

<strong>le</strong> rocce calcaree in cui<br />

crescono i molluschi, i<br />

quali, per raggiungere i 5<br />

cm di lunghezza, possono<br />

impiegare anche 80 anni<br />

per riformarsi.<br />

<strong>La</strong> pesca di frodo si intensifica<br />

in vista del<strong>le</strong> feste<br />

natalizie, quando un chilo<br />

di datteri può arrivare a<br />

costare anche 100 euro.<br />

Un esemplare di Antiphates Subpinnata, il vero corallo nero<br />

Berna e quella di Barcellona (noto<br />

come protocollo Aspim).<br />

L’Antiphates Subpinnata, ossia il<br />

vero corallo nero, fa parte dell’ordine<br />

degli Antiphataria. Questo organismo<br />

dai polipi bianco-rosati e<br />

dallo sche<strong>le</strong>tro robusto di chitina,<br />

vive in profondità maggiori, fino ai<br />

-300 metri. <strong>La</strong> sua rarità l’ha fatta<br />

inserire non solo nel<strong>le</strong> già citate<br />

Convenzioni di Berna e Barcellona<br />

ma anche nel protocollo Cites, la<br />

Convenzione di Washington sul<strong>le</strong><br />

specie in via d’estinzione.<br />

Nello scorso mese di marzo un’enorme<br />

colonia di Antiphates Subpinnata<br />

è stata scoperta in Calabria<br />

sui fondali di Scilla, che presto<br />

saranno tutelati dall’istituzione di<br />

un parco marino. Si tratta della più<br />

grande foresta di corallo nero mai<br />

rinvenuta, una scoperta realizzata<br />

grazie ad un robot sottomarino<br />

dell’Ispra, l’Istituto per la proteziocotoma.<br />

Questo coralligeno, di cui<br />

sono stati studiati solo 5 esemplari<br />

in tutto il mondo, era ritenuto e-<br />

stinto. L’ultimo è stato rinvenuto<br />

nel Golfo di Napoli nel lontano<br />

1946 e successivamente donato al<br />

museo dell’Università di Harvard.

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