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36 <strong>Panorama</strong><br />

Letture<br />

te nei secoli dalle ruote dei tanti carri che erano andati ed<br />

erano tornati dalla campagna stesa fino al mare.<br />

Qualche volta nell’osservare quanto lo circondava, si commuoveva.<br />

E per questo, piuttosto turbato, doveva fermarsi per<br />

osservare meglio un qualche particolare: il tronco bozzoluto di<br />

un olivo centenario, le pratoline con la corolla al sole che punteggiavano<br />

un prato, le bacche rosse dei pungitopo, un nido<br />

abbandonato tra i rami di un cespuglio, il volo alto dei gabbiani.<br />

Poi riprendeva a camminare sereno, tranquillo, contento di<br />

essersi finalmente deciso di lasciare la baraonda di Zagabria,<br />

di tornare da quelle parti per poter trovare un po’ di serenità e<br />

di pace - così almeno sperava - e dunque fermarsi, forse anche<br />

per sempre, nella vecchia casa dei nonni da parecchi anni abbandonata.<br />

Una volta sistemato - lo aveva già deciso - si sarebbe avviato<br />

per i sentieri, ogni giorno un itinerario nuovo, per riscoprire<br />

la campagna, magari giù fino a Colomba, fino a Valmadorso,<br />

fino al mare. E poi voleva anche ritrovare le poche terre<br />

di famiglia, tutti i panorami che aveva quasi perduto, godere<br />

di nuovo dei profumi dell’aria, della carezza del vento e, nella<br />

bruma della sera, rivedere il distendersi della terra rossa nel<br />

velluto dei tramonti sfuocati. E, perché no?, anche chiamare<br />

gli spiriti, se davvero esistevano tra le nere muraglie franate<br />

del castelliere di Mandriol, perché gli narrassero tutte quelle<br />

storie che, tanti anni prima, la nonna aveva inventato per lui<br />

nelle lunghe serate dell’estate mentre se lo coccolava sulle ginocchia<br />

o mentre nell’ultima luce del crepuscolo continuava a<br />

sferruzzare tranquilla davanti la porta di casa seduta sullo scagno<br />

col cussin, qualche volta, poverina, grattandosi le gambe<br />

piene di vene varicose, oppure accarezzandosi con la mano<br />

stracca il mento, fitto di una peluria d’argento.<br />

Tutto ciò accadeva quando, finita la scuola, i genitori lo<br />

portavano difilato a Midian. Arrivavano tutti e tre da Pola a<br />

Dignano col treno, poi proseguivano a piedi ansando, magari<br />

con pacchi e valigie caricati su una carriola presa in prestito<br />

da un conoscente e riempivano la casa. Era allora che sua madre,<br />

bianca e sottile, dal sorriso altero e dallo sguardo severo,<br />

si metteva dei pantaloni corti, stinti, e magari brontolando - per<br />

mi mai un po’ de vacanze! - s’adattava a lavare i piatti, a mettere<br />

un po’ d’ordine in cucina, a pulire i pavimenti delle camere;<br />

suo padre invece, dopo aver, secondo lui, sgobbato tutta la<br />

giornata nella vigna o nei campi di famiglia, faccende che a lui<br />

proprio non garbavano - appena quindicenne, in piena guerra<br />

era scappato a Pola, apprendista in Arsenal - stravaccato su<br />

una vecchia panca, ascoltando il concerto dei grilli si sorbiva<br />

lentamente l’ultimo bicchiere di malvasia prima di levarsi il<br />

cappello unto bisunto, infilare le scale e andare a dormire nel<br />

gran letto, sbadigliando una buona notte.<br />

Al pensarci, una grande nostalgia gli riempì l’anima al ricordo<br />

di tutti quei lunghi periodi felici delle estati della sua infanzia<br />

- sì lunghi e felici perché al finire di una settimana o due,<br />

per fortuna suo padre e sua madre dopo mille ammonizioni e<br />

raccomandazioni se ne tornavano a Pola e lo lasciavano con la<br />

nonna - periodi pieni di fatti e di fatterelli che adesso, pur nella<br />

sua solitudine, troppo spesso gli era impossibile tirar fuori intatti<br />

dalla mente stanca.<br />

Immerso in un’ansia indefinita, a tratti sfuggente, camminò<br />

adagio un’ora buona. Poi ansante, anche stanco, si fermò.<br />

Posò il borsone per terra sul margine del limido fitto di piante<br />

di malva fiorita pur in quell’autunno inoltrato, si tirò giù anche<br />

lo zaino e si sedette su un sasso senza badar troppo all’erba<br />

ancora bagnata di rugiada che cresceva attorno. Raccolse una<br />

spiga secca di segala selvatica e se la infilò nella manica con le<br />

reste all’ingiù per vedere se dopo qualche movimento sarebbe<br />

rispuntata in alto sulla spalla come capitava quand’era un ragazzino.<br />

Sorridendo mosse lentamente il braccio e quando riapparve<br />

sull’orlo del collo, con il palmo della mano si asciugò<br />

il sudore che per l’emozione gli era apparso sulla fronte e annusò<br />

l’aria. Percepì subito il profumo delicato delle tome, gli<br />

elicrisi, quelle piante odorose dai fiori giallastri con le quali la<br />

nonna faceva le coroncine da ficcare tra le lenzuola e la biancheria,<br />

poi anche quello dei pochi, ultimi fiori delle ginestre,<br />

quello della menta quasi secca, del timo serpillo che cresceva<br />

presso la masera, quello più aspro del pelin che la nonna raccoglieva<br />

per fare un beveraggio alla vacca quando quela bastarda<br />

lazzarona si riempiva di troppa erba fresca e la pancia<br />

le si gonfiava e gonfiava, e poi magari bisognava correre in<br />

paese, chiamare il veterinario, el sior Giulio, sì, el sior Giulio,<br />

così si chiamava il vecchio col pancione che per ogni visita -<br />

quel fiolduncan - si faceva pagare in natura, due litri di olio o<br />

cinque di malvasia come minimo per un viaggetto con il suo<br />

scricchiolante carrozzino tirato da un mulo spelacchiato, così<br />

che suo padre, se per caso era ancora da quelle parti in vacanza<br />

a sfacchinar come un mulo - così diceva lui perché la campagna<br />

non gli piaceva affatto, del resto aveva il suo posto a Scoglio<br />

Olivi, al tempo dei drusi avrebbe voluto andare come tutti<br />

esule in Italia con la famiglia ma la domanda di opzione era<br />

stata respinta per l’ich del suo cognome - quando el conte magnamocoli<br />

come lui lo chiamava se ne sarebbe andato, poteva<br />

tirar giù tutta la sequenza delle sue parolacce, quelle che facevano<br />

imbestialire la nonna, che le facevano mettere il muso per<br />

almeno tre giorni, accendere vari lumini davanti alla Madonna<br />

del Rosario e anche gridare arrabbiata: bruto toco de lazzaron,<br />

bocca sporca va a confessarte che xe ora!<br />

Parve a Marco che in quel silenzio la campagna si allargasse,<br />

più piana di quanto ricordava, giù, giù verso il mare in<br />

quel fitto di vegetazione dai colori autunnali, tanti i gialli che<br />

talvolta sconfinavano nel violetto o nel rugginoso perdersi delle<br />

seraie, i boschetti di vecchie querce. Eh, già! Com’era bello!<br />

Vedorni e seraie, masere e stanzie, lachi e casite, grumassi<br />

e tome!, se li ricordava ancora quei nomi per lui ormai strani,<br />

perché nella sua infanzia, dal dialetto veneto istriano e dall’italiano<br />

delle elementari e delle medie era dovuto passare al croato,<br />

prima per studiare all’università e poi per lavorare in quella<br />

mefitica banca. Comunque li aveva messi tutti in un angolo<br />

della mente e nei momenti di nostalgia li tirava fuori, quasi per<br />

consolarsi, ridacchiando. Quanti nomi, quanti proverbi, quanti<br />

modi di dire, un’infinità. La nonna era una miniera inesauribile:<br />

el fruto no’l casca lontan da l’alboro; mejo un ovo ogi che<br />

‘na galina doman; chi che dà e po ch’el ciol, ghe vien la bissa<br />

soto el cor; la prima galina che canta ga fato l’ovo; chi che<br />

mori el mondo lassa, chi che vive se la spassa; chi che no ga<br />

testa, ga le gambe; l’ago e la pesseta mantien la poveretta; chi<br />

va in leto sensa sena, tuta la note se remena… Già, a pensarci<br />

bene, quella sera forse sarebbe toccato proprio a lui andare a<br />

letto senza cena e magari remenarse senza ciapar sono per le<br />

troppe emozioni di quella giornata!<br />

Ad un tratto, forse perché immerso in quell’ambiente e rincuorato<br />

dal ricordo di tutti quei proverbi e di quei modi di dire,<br />

sollevato, Marco scoppiò in un’allegra risata. In cuor suo ormai<br />

era sicuro di riuscire a ritrovare il tempo perduto. Poi s’accorse<br />

che, poco lontano, oltre un rombo, cioè una masera in

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