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ANTONELLA GANDOLFO LIMA RAMPOLLA

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Per i primi tempi le visite di don Raffaele e di qualcuno di buon cuore, sono frequenti. Poi il<br />

carretto del tempo incomincia a far girare le ruote più lentamente e sulla lavagna della memoria il<br />

nome e il visino del piccolo Santo iniziano a sbiadire...<br />

Sull’altalena delle stagioni appaiono e scompaiono estati secche e pesanti per i pascoli asciutti e<br />

rinsecchiti ed inverni gelidi, dove tramontana rasoia case e persone... Fioriscono i ciliegi e l’uva<br />

grossa e nera appesantisce il vigneto. Poi si pensa alla raccolta di ulive e di castagne...<br />

Si sa che Santo va a scuola e ha due occhi di carbone fieri e intelligenti... Ma la notizia ormai è<br />

come il ronzio di un’ape per la campagna...<br />

Don Raffaele cade dal grosso mulo di Andrea Mummoli mentre porta l’olio santo alla moglie di<br />

questo, moribonda. E così deve stare ingessato per tanto tempo... La moglie dello speziale muore di<br />

parto e Angelo... Serafina... e tanti, tanti, sul fuso della vita, filano il tempo a lor concesso...<br />

Poi, arriva la notizia: Santo, che è stato mandato dalla superiora a comprare qualcosa per il<br />

convento, ed ha neanche nove anni, sparisce. Come è arrivato nella gelida notte di dicembre, senza<br />

chiamata, senza sorriso d’attesa, in un giorno ventoso di marzo, mentre i prati son tutti un filo verde<br />

di speranza e le viole a ciuffi, piccole e vicine, sorridono di un profumo dolce e struggente, Santo<br />

torna in quel nulla d’ombra in cui è nato...<br />

Ricerche? Poche, ché in fondo è solo un trovatello!... Speranze, attese ansiose?<br />

Ancora meno, ché Santo è un aquilotto senza nido. E come un fiore che finché c’è, profuma e<br />

quando poi appassisce, torna alla terra senza alcun rimpianto, così il ragazzetto, figlio di nessuno,<br />

occhi neri di falco e riccioli scompigliati dalle corse di un vento marzolino, ha preso il volo per il<br />

suo destino.<br />

...Vent’anni dopo...<br />

Don Raffaele, ormai vecchio e malato, è solo nella canonica: questo è l’ultimo anno, ben lo sa,<br />

che si occuperà ancora di allestire la festa grande per la patrona. Il nuovo arcivescovo gli ha<br />

benignamente consigliato di riposarsi un poco e, sempre in preghiera, attendere che si compia la<br />

volontà divina...<br />

Intanto verrà ad aiutarlo don Natalino Nicotra, giovane e forte, che è appena arrivato da Siderno.<br />

Così don Raffaele, lentamente, assai lentamente, per quanto gli consente la gamba rimasta dura,<br />

sistema fiori e candele e poi, seduto, si attacca il breviario sotto gli occhiali; gli occhi gli si son fatti<br />

così deboli e miopi che vedrebbe a malapena un montone! E un - montone - (su due gambe), tutto<br />

vestito di scuro, come una folata gelida di vento, entra nella piccola chiesa.<br />

Il prete, stancamente, senza lasciar la sedia, dalla sagrestia, domanda: “Cu è?”.<br />

Una voce ironica e profonda, nascondendo un sorriso lieve nella barba assai folta e riccia, dice<br />

canzonatoria: “Sugnu nu Santu, previti, vinni u ti salutu. Ti dassu cincu sordi pemmu ti grazii a tia e<br />

a Santa Patruna... Ti li duna (e qui la voce ha una nota d’indecisa sospensione) ti li duna, aiu dittu<br />

u... Bombinu... di Santa Lucia...”.

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