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ANTONELLA GANDOLFO LIMA RAMPOLLA

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Il carro va con una lentezza strana che sa di scherno, di disprezzo estremo verso quegli usci<br />

chiusi. Va, lentamente e non ha paura, sfidando di vigliacca codardia, chi non esce all’aperto. Allo<br />

scoperto, con tracotanza impavida che è anche selvaggia ribellione a un mondo pulito fuori, la<br />

banda del brigante dice che non ha paura...<br />

Ai lati del carro, in una lenta e studiata processione armata, van quelli del Bombino: a destra li<br />

guida “u Iancu”, Loiggi Calvi che ha la doppietta puntata e tra le labbra esangui serra la lama del<br />

coltello. Dietro a lui, armati fino ai denti, son Pietro, “u Micciusu”, Totò Cannita e Peppe, “u<br />

Guerciu”.<br />

Dall’altra parte, “u Iattu”, pelo rosso, equipaggiato di lupara coi pallettoni in canna e dietro a lui<br />

Ciccio e Pascali Fumo, anch’essi armati di tutto punto. Ancora, Ninuzzu Vesci e Masino, “u<br />

Pitturi”, munito di randello. Cigola il carro, metro dopo metro, per la strada deserta, con sì paurosa<br />

scorta e scrive su quella faccia piagata di Calabria ieri (ieri?) la storia di come l’ignoranza ha<br />

vinto...<br />

In alto, verso i boschi della Limina, tra abeti e querce e faggi aggobbiti dal vento, un silenzio<br />

stracciato e inquieto sottolinea il paesaggio. Qua e là le foglie si smaltano di dorati specchi e cupi<br />

brillii, il sole indifferente gioca ad intrecciare nel folto della ramaglia ragnatele di fili d’oro vecchio.<br />

Trottole rotte d’aria intessono da ramo a ramo deboli fraseggi e poi s’acquattano in rovi scuri. Una<br />

natura selvaggia che non ha labbra, guarda e lascia che il tempo coli...<br />

Lascia il paese la maestrina nuova (dentro), piena di sogni liberi e di spari di progresso...<br />

In fondo, verso il ponte, dove i castagni si piegano a destra per il vento, s’intravvede su un cielo<br />

scialbo, una fuga di nubi che si disfano in lunghe sbavature chiare e poi, qual bizzarre lumache<br />

sparse, si sciolgono in bave sfilacciate.<br />

La maestrina le guarda.<br />

Oltre il ponte, quel ponte che non congiunge, vanno come lei, senza ritorno...<br />

...Nella stalla, o presso il focolare o con le capre, su, per l’erte brulle, dei bimbi tacciono. E<br />

tacciono.<br />

Un vento acre tenta di gettare polvere negli occhi, ma quegli occhi scuri che non sanno piangere,<br />

vanno ora con il carro, verso un lontano... risveglio.<br />

...Con penna di pappagallo:<br />

“CANNOLI AL SANGUINACCIO”<br />

Si era quasi a Pasqua.<br />

Marzo chiudeva il suo passaggio, pitturando il cielo del più bel turchino, velato appena, verso<br />

l’orizzonte, con graziosa bizzarria d’artista, da lievi, esili piume di un madreperla rosato.<br />

A questi schizzi di nuvole, come a magici nastri di traguardo, puntavano i garriti di rondini<br />

gioiose. Così, nell’aria nasceva una festa, uno stupore di risveglio nuovo e insieme di languore<br />

antico.

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