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ANTONELLA GANDOLFO LIMA RAMPOLLA

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masseria del suocero di Pasquale Fumo, dove si era nascosto il bandito che si sentiva inseguito. Alla<br />

prim’alba vi era stata la sortita e, malgrado la furiosa sparatoria, egli era riuscito a nascondersi nel<br />

bosco. Allora Ninetto Veronica, che era la lurida spia, aveva acchiappato Immacolata e gridato al<br />

Bombino che se non si arrendeva l’avrebbe sparata.<br />

L’uomo, che ben conosceva la crudeltà disumana di quel miserabile, tornò indietro, gettando il<br />

fucile per come Nino aveva comandato. Ma Ninetto Veronica che temeva enormemente il capo,<br />

appena lo ebbe a tiro, prima che intervenissero i carabinieri, sparò. Il Bombino cadde, ma qualche<br />

altro sparò sul traditore...<br />

Da allora un’ombra nera, con il viso sempre coperto dal fazzoletto, tornò nel basso dove il padre,<br />

Tomasi il carbonaio, assai malato, stava per morire.<br />

Nessuno vide uscire da quella volontaria clausura l’infelice Immacolata, anche se diverse comari<br />

curiose e lo stesso parroco, don Bruno, tentassero di avere con lei qualche colloquio.<br />

Il fuso del tempo filò per tutti lana bianca e nera, di lacrime e di sorrisi, ma per Immacolata,<br />

statua di pietra vecchia, portò solo la malattia e la morte...<br />

Sì, in quel mattino di mezz’ottobre la spola cessò la sua corsa e al candido filo fu fatto un nodo<br />

di fine...<br />

Era una giornata appannata da una leggera malinconia autunnale e anche se il clima era ancora<br />

assai mite, un tremolio diafano e inconsistente di goccioline minuscole addolciva il paesaggio di<br />

una mestizia sognante.<br />

Alcuni alberi avevan già perduto le loro verdi acconciature, ma parecchi altri si eran smaltati di<br />

un languore di saluto: le foglie si erano tinte di un rossiccio caldo e poi di un giallo già abbrunato,<br />

sulla soglia del rassegnato ritorno alla terra. Eppure in quel fruscio pacato che sembrava volere e<br />

parimenti temere l’accoramento di un addio, tutta la natura si animava di un suo strano fascino<br />

senile in cui ancora pulsava il fremere scoppiettante di gioventù...<br />

Su tutto, come la carezza lieve, pregna di una tenerezza accorata perché conscia dell’avvicinarsi<br />

dell’ora del distacco, quella pioggerellina stanca, impalpabile quasi come un pulviscolo d’acqua,<br />

aumentava la suggestione di quel panorama autunnale...<br />

Forse sgusciando dall’arruffio legnoso di un cespuglio, uno zufoletto d’aria regalava un odore<br />

amaro, appena appena percettibile, di terra bagnata. E, forse sulla scia leggera di questo solfeggiar<br />

di vento, si giunse alla pagina finale. Immacolata, malgrado sapesse di aver la febbre alta, era seduta<br />

su una bassa sedietta, in prossimità della porta aperta. Stava immobile e silenziosa, lasciando che<br />

quel lieve picchiettio che danzava impalpabile sulle vecchie tegole e sulle larghe foglie del ficus che<br />

era nei pressi della sua porta, le sciogliesse i nodi di quella sua anima stanca, cullandola in una<br />

salmodiante preghiera...<br />

Ormai funi di pensieri-cappio l’avevano lasciata e lei sentiva la sua essenzialità ora coperta<br />

solamente da quella canzone di colori, da quella carezza della pioggia, libera ed espansa fino al<br />

punto da esserne totalmente parte essenziale in quel mattino di ottobre, il suo ultimo mattino, lo<br />

sapeva...<br />

Teneva gli occhi chiusi, ma a lei quel fruscio quieto, timido a tal punto da aver solamente<br />

parvenze di suono e quel profumo acre che sembrava il respiro stesso della terra delicatamente<br />

bagnata, le facevan riposante armonia: un’armonia di pace, in cui, finalmente, nuda e libera,<br />

disciolta da lei stessa, umana entità, poteva essere foglia, una foglia che senza domande segue il<br />

flauto magico del vento...

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