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ANTONELLA GANDOLFO LIMA RAMPOLLA

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...Una storia senza storia e<br />

UNA CAMPANA SENZA PREGHIERA...<br />

Nelle sere gelate in cui l’inverno ha squallida dimora, il vento che si accuccia tra gli alberi silenti<br />

semina attorno aghi di ghiaccio e come un cappio spietato, serra la gola.<br />

Allora il fuoco che crepita mobili vampe sanguigne è come un altare su cui si tenta d’ammazzare<br />

il tempo, quel tempo lungo e zitto che giace e non dà albe...<br />

Crepita la catasta di legna sotto la cappa di cenere grigiastra e spande attorno, con quell’odore<br />

fumoso e acre, un respiro caldo di vita.<br />

Attorno al gran falò di quella specie di carbonaia a cielo aperto, a volte, quando l’inverno è più<br />

aspro e le prede scarse, rubini di occhi di lupi fan mobile anello in affamati agguati. Guaiscono<br />

selvaggi lamenti, brevi, rochi e ansanti che poi s’allungano in ululati sinistri e gutturali... Latrano i<br />

cani terrorizzati e quando l’accerchiamento si stringe, i carbonai lanciano contro ai famelici lupi<br />

tizzoni ardenti e bestemmie e invocazioni.<br />

Nel cielo di carbone una falce di luna verdastra e intirizzita si appende alla cima del Monte<br />

Pistone. Il chiarore strasversale piove raggi incerti giù dalla Selletta di Serra Spina.<br />

Eppure quel biancheggiar discreto che dà al bosco un tremolio di forme in movimento sul<br />

frascheggiar di un vento basso, spacca gli spigoli alla notte e dà l’illusione dell’alba...<br />

Stasera i lupi non si son visti ancora, poiché la luna agevola la caccia e ai piedi dei bastioni di<br />

neve, nelle tane frementi d’inesausta fame, brandelli sanguinolenti danno ristoro...<br />

È la notte di San Biagio e nel paesino di Catricchi, due case e un forno, per così dire, e la chiesa<br />

del Santo che si trova nel mezzo, si è fatta la processione e son venuti da Roccella i suonatori e pure<br />

diversi banchetti di ambulanti.<br />

Ma lassù, nella faggeta, spazio e tempo hanno costante altro vestito: l’immutabile faccia di un<br />

inverno arcigno. Eppure quel fioco sostare della luna all’uncino del Monte Pistone dà all’oscurità<br />

un passaggio quasi più lieve e ai brividi del vento un solfeggio arcano con pause di tonfi e<br />

strascicate fughe di suoni lunghi e fruscianti.<br />

Il piccolo gruppetto attorno al fuoco si accinge a mangiare il pane e il cacio che era stato tenuto<br />

al caldo sopra due pietre, avvolto nello straccio, sotto la cenere calda.<br />

Rosa che in paese chiaman tutti “a’ Capiuta” per i folti capelli neri, è andata su alla fornace con<br />

Mastro Giorgi e Melina, la moglie di Milio, l’altro carbonaio che sta col padre. Ha portato pure,<br />

della cicoria cotta e un mostacciolo, ricordo della festa di San Biagio.<br />

Cola, il bastardo, tutto un arruffio di pelo scuro, guaisce di tanto in tanto e vigile segue i<br />

movimenti odorando e sperando in qualche scarso avanzo di cibo...<br />

Tacciono tutti e di tanto in tanto si odono tonfi di neve che cade dai rami con suoni ovattati e<br />

brevi.<br />

Il crepitio allegro e scoppiettante delle grandi braci si alterna a piccoli spari secchi di ramoscelli<br />

arsi che si spaccano e cadon giù...<br />

Già il sonno, con dita bianche, stagna sugli occhi stanchi ed ogni gesto pesa il doppio per la<br />

fatica accumulata.<br />

Ma ecco che dal bosco, che s’apre come un tetro paravento, in fondo, dietro alla carbonaia, lì,<br />

presso la Valletta di Cavicchi, il frusciar del vento porta un flebile suono di campanella. Quello<br />

sgocciolio argentino appare e poi s’annulla e ancora s’ode dappresso e poi lontano...

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