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ANTONELLA GANDOLFO LIMA RAMPOLLA

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domenica non ce la fece a celebrar la messa... Ad Immacolata fu ordinato di far dire a tutti i fedeli<br />

un doppio rosario per la salute del povero sacerdote.<br />

La ragazza, assai preoccupata e premurosa, andò quando e come poté a portargli un buon brodo<br />

caldo ed ad aggiustargli continuamente letto, bende, bendine, impacchi, fasciature varie. Ma mentre<br />

ella era al capezzale di don Arcangelo, ecco che, come una folata di vento, non si sa come, entrava<br />

in casa il Bombino. Sì, proprio lui, da solo e senza carabina! Era venuto a portare a sua eccellenza,<br />

il signor Arciprete, parroco, un polletto ben arrostito, per la convalescenza!... Così disse il brigante<br />

con un sorriso assai ironico e divertito e aggiunse: “Doviri, eccellenza santissima, ca iu sugnu nu<br />

bonu... santo, quasi figghiu i previti!...”.<br />

Don Arcangelo, quando lo vide addirittura vicino al suo letto, sbiancò che parve davvero morto e<br />

come una lumaca posta a cucinar sul fuoco, scivolò, piatto e incorporeo, aldilà, persino, della sua<br />

reverendissima veste sacerdotale, sotto il lenzuolo.<br />

Il Bombino guardò a lungo Immacolata e lei, rossa e confusissima, ma ingenua come un angelo,<br />

gli sorrise e gli mormorò con un filino di voce un “grazi, Signuri”, assai impacciato e confuso. Poi,<br />

serrando quelle sue piccole labbra rosse e screpolate, si tirò il fazzoletto fino a sopra gli occhi...<br />

Il Bombino se ne andò.<br />

La sera dopo, ritornato dalla vicina montagna il padre, anziano carbonaio, che scendeva giù solo<br />

il sabato, venne un messo del bandito: Rosario, detto u Iattu. Questi, un uomo alto e nerboruto, ma<br />

pur tuttavia assai agile e scattante, aveva i capelli di uno strano fulvo marronastro che portava a<br />

ciuffo sulla fronte. Forse si doveva a questo strano colore di capelli, insolito per un calabrese, il<br />

soprannome di gatto: iattu.<br />

Egli, chiusa con un calcio la porta del basso in cui viveva la ragazza con il padre e le sorelle, con<br />

un’aria cupa, piena di sottintesi, ma parecchio imperativa e minacciosa, disse di portare<br />

un’ambasciata del capo.<br />

All’indomani, una volta finito di suonare la campanella della scuola, Immacolata sarebbe dovuta<br />

andare sulla via del cimitero, nel punto dove chiamano “U muru d’a leggi” (il nome era dovuto al<br />

fatto che colà in passato si usasse appendere dei bandi con varie ordinanze). Quel muro, ancora alto,<br />

faceva da estremo confine al cimitero, in una parte abbandonata, da dove iniziava poco distante il<br />

bosco.<br />

Immacolata chiese timidamente il perché, mentre i due uomini tacevano con sulla faccia<br />

maschere diverse: spavalda e crudele, l’una, spaventata e insieme ribelle e supplice l’altra.<br />

Rosario ignorò la domanda e fissò con un ghigno bieco e strafottente il padre di lei che era<br />

pallidissimo. Poi, chinandosi sulla ragazza che seduta rammendava, sibilò: “Capiscisti?...! E sula, ti<br />

aiu dittu!...”.<br />

All’indomani mattina presto la giovane andò dal parroco per fargli il caffè, cambiargli l’impacco<br />

e rassettare. Naturalmente gli raccontò la cosa.<br />

Il prete divenne livido come un’uliva fradicia e si segnò istericamente più e più volte. Poi sbottò<br />

in un urletto rauco da gallo strozzato e gorgogliò, insaccando il collo nella tonaca: “Io non voglio<br />

sapere niente, a me non hai detto niente. Tu sei una donna sposata e devi sapere il giusto e<br />

l’onesto... Donna maritata è come una donna consacrata... Se c’è in te il diavolo, disgraziata anima<br />

persa, allora... ma tanto...”. Si segnò ripetutamente. Indi, imponendosi una faccia da Giovanni<br />

Battista, esclamò ieratico : “Anatema, Satana! Io dirò al vescovo che di qui voglio andar via, poiché<br />

un ministro di Dio non può rimanere dove vivono i diavoli...”.<br />

Immacolata era rimasta assai stupita per la reazione del prete, ma, per come era sua abitudine,<br />

addolorata e intimidita dalle terribili parole, mestamente tacque. Sospirò e sentendosi più che mai<br />

sola, pensò con acuto rimpianto alla madre e ancora una volta chinò il capo, rassegnata.<br />

Attese e quando vide che don Arcangelo si era assopito, o così pareva, sulla sua comoda<br />

poltrona, se ne andò.<br />

Allora con sua sorella Rosa, parecchio più piccola, si avviò sullo stradone che, dopo diverse<br />

curve ampie, portava fuori dal paese, al cimitero. Rosa che era un tantino più bassa e più tondetta di<br />

lei, un pepetto tutto capelli raccolti in grosse trecce scure, fermate a corona, le camminava accanto,

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