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ANTONELLA GANDOLFO LIMA RAMPOLLA

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arrangiava a far divenire quello scampoletto uno di quegli indispensabili capi di corredo che le<br />

avrebbero dato il diritto a sposarsi addirittura con Gaspare Carone, il nipote dell’arciprete!<br />

E così aveva dovuto cominciare, ancora dodicenne, dimenticando in quella vita tanto amara e<br />

grama, ogni più piccolo sorriso di spensierata fanciullezza.<br />

Solamente qualche volta, quando, esausta, si alzava per sgranchirsi le gambe e andava fuori,<br />

sull’uscio a guardare la luna con quei suoi poveri occhi arrossati e stanchi, s’immaginava che<br />

l’Australia fosse una terra vaga e misteriosa come quegli schizzi di paesaggi montani che credeva di<br />

scorgere nella luna.<br />

Provava, con quella sua sensibilità acutizzata e ansiosa, un senso penoso d’angoscia a pensare<br />

che, forse, dopo sposata sarebbe anche lei andata a finire colà. E quel - colà - era un vuoto<br />

sconosciuto e insidioso, pesante per emarginata solitudine.<br />

Allora si sedeva sul gradino e, silenziosamente, piangeva per un istintivo timore presago di<br />

giorni assai infelici.<br />

Così, spenta e taciturna, chiusa per timidezza e solitudine interiore, stava sempre appartata e<br />

tutti, anche le sorelle, la schivavano con un senso d’invidia mal celato e di disprezzo insieme,<br />

pensando che lei fosse superba per il gran matrimonio promessole.<br />

Il carretto del tempo passava e con i soldi del carbone (ché era stata una buona annata) la madre,<br />

educata dalle suore e che quindi ci teneva che la sua primogenita sposasse uno buono, le aveva<br />

comprato, addirittura, della tela di Fiandra da Girolamo Macrì, l’ambulante che veniva a vendere in<br />

paese per la fiera di Sant’Andrea.<br />

Intanto, con il beneplacito di don Arcangelo, si era deciso il giorno delle nozze, per San<br />

Giovanni, fra tre mesi, quando tutte le carte sarebbero state pronte.<br />

Il giorno venne e Immacolata, più pallida di una morta, entrò in chiesa dove c’erano, oltre a don<br />

Arcangelo, il segretario comunale e Giovanni Cosentino, il macellaio che doveva fare la parte dello<br />

sposo.<br />

Questi, frammentre, proprio allo stesso momento, “in Australia”, si stava sposando per procura<br />

con lei, pur a così tanti chilometri di distanza. Tutto ciò le fu detto, ma Immacolata capì ben poco,<br />

solo si abbracciò, fredda e attonita, alla madre che piangeva e baciava le mani all’arciprete e al<br />

segretario comunale.<br />

Ed ecco che così ella si trovò ad avere un marito che abitava in una parte del mondo più lontana<br />

e inimmaginabile della luna. Ella, appena le carte per il richiamo sarebbero state pronte, sarebbe<br />

dovuta andare là, in Australia a raggiungere quel marito fantasma, del tutto sconosciuto di viso e<br />

d’anima.<br />

Per adesso, poiché partiva Cosimo Russo, un parente dello sposo, il suo ben sudato corredo partì<br />

e, in primis, il lenzuolo di tela di Fiandra che lei aveva ricamato meglio di tutti, donando a quei fiori<br />

tanto accuratamente lavorati, tutti i suoi timidi sogni d’amore di fanciulla.<br />

Così per la ragazza iniziò l’attesa e i giorni, sempre più lunghi e pesanti, si ammucchiavano e<br />

con loro le settimane e i mesi...<br />

Don Arcangelo, l’arciprete, visto che lei ora era una donna sposata, malgrado l’esuberanza<br />

repressa dei suoi sedici anni così tanto poco goduti, dopo lungo predicozzo di ciò che era<br />

conveniente per una donna maritata, le ordinò di vestire sempre di scuro per modestia e rispetto allo<br />

sposo; nonché di portare sempre sulle trecce raccolte a corona sul capo, un fazzoletto nero.<br />

Immacolata si stupì e con quel copricapo le sembrò davvero di dover giocare a far la vecchia!<br />

Ma quando andava a prender l’acqua alla fontana, tentava di specchiarsi curiosamente nel largo<br />

secchio.<br />

Purtroppo le vesti e il fazzoletto neri furono quanto prima per la sventurata una dolorosa<br />

necessità, per ben altra tragica contingenza: sua mamma, una donnetta esile come un giunco,<br />

sfiorita per gli stenti e il logoramento di una vita amara e miserabile, già da tempo ammalata di<br />

tubercolosi, si spense in un’anonima notte di dicembre.

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