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ANTONELLA GANDOLFO LIMA RAMPOLLA

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Tutti l’hanno udito e con un’ansia sospesa e attenta, seguono quel sonoro punteggiar lo spazio.<br />

Tonfi frequenti fan compagnia alla voce esile e stanca del piccolo batacchio. Scricchiolii, fruscii, un<br />

sasso che rotola brevemente animano misteriose essenze... E nei silenzi magici della montagna quel<br />

ritmato tintinnio, ora afono, ora aggressivo, crea un non so che di pauroso e vago, per questo più<br />

temibile.<br />

Con fievoli echi che pur allargano e confondono la provenienza, quel rumore, or vicino, or<br />

lontano, guadagna lo spazio e lento s’avvicina... Poi sosta.<br />

...Una folata di vento improvvisa schiaffeggia un fuoco e scompiglia quelle lingue di oro cupo,<br />

piegandole, indi s’accuccia dietro a un grosso tronco, vittoriosa...<br />

Tommaso Candido, il capo carbonaio, vestendo la voce incerta di gutturale asprezza, grida: “Cu<br />

è?...”. Lo scampanio rinasce, s’affossa in una stretta cava ed esitante s’arresta e il silenzio bianco<br />

colma ogni anfratto. Il cane abbaia forte, puntando.<br />

Tommaso, facendo imbuto con la mano scura, grida più forte e intanto Mastro Giorgi e Milio<br />

stringono in mano il coltello.<br />

“Cu è?...!”. La montagna non dà orecchi e il grido resta a mezz’aria.<br />

Vicina, da dietro un grosso cespuglio che s’abbarbica a schegge di roccia, presso il sasso<br />

dell’Orso, una voce roca ed esitante, risponde: “Sugnu... Luigi... Luigi i Bivongi... ndaiu fami!...”.<br />

La voce si spegne in uno strozzato farfuglio e il campanello sbatte in un convulso tremito...<br />

Melina bisbiglia spaventata: “Gesù e Maria! È Luiggi, u’ lebbrusu, chillu du Pianoru randi...”.<br />

Vibra ancora la campanella e la voce, ruvida e disperata, ripete: “Ndaiu fami e friddu!...”.<br />

Tommaso, al bronzeo sfavillio del fuoco, mentre lingue giallastre s’ombreggiano, guizzando di<br />

chiaroscuri di topazio, fissa in silenzio, negli occhi, ad uno ad uno, i presenti.<br />

Tutti tacciono e Rosa si chiude addosso lo scialle, stretto stretto e si accosta più che può a Mela.<br />

Milio con la pala grande attizza il fuoco e poi s’accoscia un po’ più appresso alla catasta.<br />

Tommaso si calca il berretto fino alle orecchie e si avvolge la grossa sciarpa di lana grezza<br />

attorno al collo.<br />

In alto sul Masso Grande che giace accucciato come un mostro in agguato, dove si scorge, tra un<br />

diradar di lecci, un ripido sentiero sbucar dal bosco, s’ode, inaspettato come una coltellata, un<br />

ululato.<br />

Convulsa, la campanella lancia un gemito e il suono, discontinuo e tremolante, si avvicina lesto.<br />

La voce urla terrorizzata: “U lupu!...”.<br />

Innanzi agli occhi dilatati di Rosa le ombre si punteggiano d’occhi di lupo che come monete<br />

d’oro rosso bucano il cerchio dei fuochi che a difesa contornano la catasta di legni ardenti.<br />

Cola abbaia con furia, spaventato.<br />

Allora Tommaso Candido grida: “Veniti! Prestu, veniti!”.<br />

Dall’alto, ma da una distanza ravvicinata, il lupo rasoia il silenzio e come una lama spacca il<br />

chiarore vago della luna. Anche lo scoppiettio or pare un digrignar di denti.<br />

Un’ombra, appoggiata ad un bastone, in un baleno, scivola verso la torretta di legni fumanti.<br />

Tace e non osa avvicinarsi maggiormente.<br />

In quel momento un respiro più acuto di tramontana colpisce la fiamma che in un guizzo<br />

azzurrognolo e perlaceo si piega su un lato e rischiara le fattezze del vecchio.<br />

Così si vede una testa rasa, scheletrica e, sopra il naso fasciato da una benda sporca, due occhi<br />

selvaggi e dolenti, cisposi, e attorno arsi da un rossore che chiazza di sangue il globo. Le palpebre<br />

dell’uomo abbacinato, si abbassano di colpo, ma a Rosa che gli è di fronte, oltre la fiamma, quegli<br />

occhi di bestia condannata a morte, disperati e rabbiosi, colmi di odio e supplici, tagliano il cuore.<br />

Con gesto rapido prende dal fazzoletto di cotone un cartoccio di fichi secchi. Lentamente, con<br />

timidezza, lo tende al padre, dicendo: “Mi ‘i ndavia datu ‘a Superiora...”. Ciò detto, ad occhi bassi,<br />

con uno scatto brusco si serra nello scialle e sul saccone si stringe a Carmelina.<br />

Il carbonaio si alza e si accosta al vecchio che con stupore borbotta piano: “Sugnu Luiggi, u... u<br />

lebbrusu...”.

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