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ANTONELLA GANDOLFO LIMA RAMPOLLA

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Rosa, con una faccia cupa ed imbronciata, attese fuori: i suoi occhi piccoli e scuri erano torvi e<br />

carichi di lampi, più di quel cielo bigio di febbraio che scrosciava acqua a catinelle.<br />

Poi, quando le due donne furono di nuovo a casa, Rosa, zuppa fradicia, ergendosi sulla persona,<br />

con una voce carica di una collera repressa, sbottò: “Vergognativi, signura e ammucciativi a faccia<br />

ca si ‘u veni a sapiri vostru maritu...”.<br />

La maestrina la guardò strabiliata, senza capire (aveva ventidue anni ed era stata in collegio fin<br />

poco prima di sposarsi, in collegio ad Arezzo...) e chiese: “Ma, Rosa, che dici?”.<br />

Il volto della donna avvampò e quegli occhi selvaggi e schietti si fissarono con impeto in quelli<br />

verdi e sognanti della giovane maestra.<br />

“U sapi a coscienza vostra! Io non parru, ma don Mariu, vostru maritu, no ns’u merita... E no!...<br />

Non su merita chistu...”.<br />

La maestrina si sentì salire in gola una gran voglia di piangere e le sembrò di vivere più di<br />

mill’anni addietro. Si guardò la mano che aveva teso all’avvocato Cento, una mano esile e bianca,<br />

su cui faceva bella mostra la fede. Si sedette al minuscolo tavolino che era nel vano avuto per pura<br />

carità dall’arciprete. Faceva freddo e quella pioggia sembrava che ora cadesse dentro, oltre la<br />

finestrella dai vetri impastati di polvere.<br />

Si rivide nel collegio, divisa azzurra: gonna a pieghe e camicetta bianca tutta pizzi davanti... Lei<br />

con le altre ragazze grandi, per ordine della direttrice, uno splendido campione di rivendicata<br />

femminilità (cominciavano ad imporsi le suffragette) serviva il thé agli ufficiali, giovani quasi tutti,<br />

che avevano la caserma poco discosto dal moderno collegio Regina Elena...<br />

Si vide adesso in quella stanza, guardò il lettuccio, il tavolino e la rustica cucina, grigia di fumo e<br />

tempo che non passa. Si sentì cadere nell’imbuto del passato, di un passato chiuso, remoto, senza ali<br />

di crescita e di fuga... Prese la penna e scrisse: “Mario mio carissimo, ti prego, vieni...”.<br />

...Dalle incommensurabili miniere di basalto della notte affiorò un freddo zampillio di stelle e da<br />

un albero del non lontano bosco un barbagianni, gobbo nell’arruffio del suo piumaggio fulvogiallastro,<br />

spaccò col suo aspro verso il passar del tempo.<br />

Egli, primo attore sugli scenari vari ed avvincenti di questa calabra natura, pareva quasi<br />

insensibile fato, ignorando umani stadi e il districarsi di terrene storie. Con quel suo roco addentare<br />

il buio gettava a suo imperscrutabile piacimento qua e là virgole di pausa e punti di fine...<br />

...Su foglio vivo cercasti ali; su foglia morta trovasti<br />

ADDII...<br />

...Come una serpe fatta di parole rotte, di fiati, d’occhiate e di gesti di rozze mani, veloce più del<br />

vento, va la notizia...<br />

Buca ogni guscio e, livida, s’accuccia ad ogni focolare, contornata e accesa da lunghe code di:<br />

...pare..., di: ...ma..., di: ...forse...

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