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ANTONELLA GANDOLFO LIMA RAMPOLLA

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Andavano sotto la tramontana che tagliava sulle labbra gelate screpolature dolenti. Andavano<br />

sotto la neve che infittiva con selvaggia voluttà, rendendo ogni metro tornanti di chilometri.<br />

Carmela, dilaniata dall’ansia e dallo sforzo estremo, con gli occhi abbacinati di lacrime ghiaccio<br />

e neve, tentava di seguire un esile brillio vago e lontano di casolari, arroccati sul pendio della<br />

montagna. Ma quelle luci, di fantomatica burla, apparivano e sparivano tra le grate di castagni e di<br />

abeti gobbi di neve... Dalla prim’alba in cui si erano messi in viaggio, erano eterne le ore di<br />

cammino e le pause erano state troppo poche e brevi, tutte avvelenate dal terrore di esser colta dal<br />

buio infido della notte in agguato. E per la donna quella notte aveva la bocca ingorda della morte,<br />

ingorda delle creature sue. Invece per lei... sarebbe stato il basta a troppe pene...<br />

Tonino arrancava a stento, uggiolando un lamento che straziava... Poi, boccheggiante cominciò a<br />

cadere e le cadute si facevano sempre più frequenti e sempre più difficile e spasmodico il rialzarsi.<br />

La donna in uno sforzo estremo, inumano e disperato, tentò di prendere anche il suo bambino in<br />

braccio. Con Rosetta avvinghiata al petto, si caricò sulle spalle il bimbo... Passi che duravano<br />

secoli, centimetri che duravano chilometri... e buio e neve... e lontani, intermittenti, ravvicinati<br />

paurosamente dal vento, ululati di lupi...<br />

Ma Carmela, serrate convulsamente le labbra tra i denti, andava, andava al suo destino e ad ogni<br />

passo il fardello diveniva irresistibile... sempre più... più...<br />

E Carmela incespicava, cadeva. Le gambe erano ormai due tronchi rigidi e doloranti che si<br />

rifiutavano di spostarsi. Gli occhi gonfi ed arrossati non riuscivano a vedere che ombre mostruose in<br />

quello sfarfallio bianco che le ruotava attorno vertiginosamente.<br />

Cadeva. Cadeva... invano nella sua allucinata disperazione, ora tentava di trascinarsi aggrappata<br />

ad ogni ramo, ora strisciava sul terreno gelato. Ad un tratto, con orrore, sentì dal rumore di una<br />

pietra che precipitava nello strapiombo, di camminare sul filo di un crepaccio. Si fermò, brancolò e<br />

cadde in ginocchio! Grattando con le unghie già spaccate la crosta ghiacciata, riuscì ad accucciarsi<br />

presso un albero. I minuti precipitavano e in un batter d’occhio la neve le stese sopra un manto<br />

subdolo e gelido...<br />

Carmela capì che era la fine.<br />

Con l’ultimo strazio della volontà disperata, con le mani sanguinanti, scavò una piccola fossa,<br />

ammucchiando la neve a lato.<br />

Folle nella sua angoscia, ormai voleva una sola cosa: salvare a tutti i costi la vita alle sue<br />

creature! Stese nella buca parte di quei pochi stracci che aveva seco e in mezzo accucciò i suoi<br />

bambini che giacevano semi svenuti. Poi si spogliò, si tolse sino all’ultima pezza e con quei poveri,<br />

miseri indumenti avvolse strettamente i suoi piccini. Si sciolse perfino i lunghissimi capelli che<br />

portava raccolti a corona in una lunga treccia, nel tentativo più estremo di dare ancora una<br />

possibilità di calore.<br />

Così si acquattò come la più sublime delle bestie, come la più sublime delle madri, sopra ai suoi<br />

figli.<br />

Cercò di farli tornare ancora nelle sue viscere per ridare in extremis la vita... A lei la neve fece<br />

lenzuolo funebre...<br />

Ma al mattino, un livido mattino di dicembre senza data, senza festa, un montanaro sentì sotto un<br />

mucchio di neve un esile pianto... Due vite sulla soglia del limite estremo poterono essere salvate!<br />

Lì, tra i monti di Calabria, dove i burroni orridi e oscuri colmano di terrore, alto riecheggia il<br />

canto generoso di una Mamma che mai non muore, perché è morta vita donando...<br />

Su quella pietra che porta un nome di spine e stelle, lì ogni cuore tace commosso!<br />

Per Lei ogni notte di Natale gli abeti attorno si accendono d’occhi dolenti di pietose stelle e il<br />

vento, sottovoce, nenia un dolce canto d’amore...<br />

...Il lupo anziano che, in fila indiana, sotto la luna, comanda l’orda famelica in marcia, lì sosta e<br />

china il capo...<br />

...Dagli usci appena schiusi, che gettano sopra il fuoco brividi aspri di neve e tramontana,<br />

pastoso e sonnolento, denso di stelle, ninna il suono dell’otre e della canna del montanaro che suona<br />

ciaramella, o dello zampognaro che con la sua zampogna ripete: “Tu scendi dalle stelle...”.

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