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ANTONELLA GANDOLFO LIMA RAMPOLLA

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Immacolata, impietrita da quella pena che non le dava respiro, la vegliò sino all’ultimo, poiché le<br />

altre sorelle, Filomena, Giuditta e Caterina erano a Reggio a servizio e Rosa, quella sorella dagli<br />

occhi malati, era andata col padre a far carbone.<br />

La ragazza tenne la mano della mamma sino all’ultimo, mentre silenziose lacrime di ghiaccio le<br />

tagliavano la faccia. Poi un lungo bacio disperato, quasi a volerle col suo fiato ardente restituir la<br />

vita... Senza chiamar nessuno, come un’automa, si andò a sedere sul gradino, quasi cercando che il<br />

gelo di quella notte d’inverno le freddasse quel fuoco d’inconsolabile disperazione. Mentre una<br />

rivolta impotente le strozzava la gola da cui non uscivano neanche più i singhiozzi, si torceva le<br />

mani, senza preghiera, senza alcuno spiraglio di umano conforto.<br />

In alto, una luna gracile ed evanescente creava piccoli chiaroscuri; i lucori di un argento stinto,<br />

quasi temendo di offendere quel lutto amaro, si acquattavano tra i rami di un albero spoglio che era<br />

poco distante.<br />

Quel luccichio fievole, oltre il velo di lacrime, dava alle montagne e alle grucce di secche braccia<br />

arboree contorni irreali e paurosi.<br />

La ragazza, asciugandosi gli occhi dove le lacrime avevan creato sottili scheggette ardenti,<br />

fissava quell’irreale balugginio verdastro e pensava all’Australia. In quella terra vaga e misteriosa,<br />

come quello sfuggente tracciato lunare, lei sarebbe dovuta andare, anzi esservi già da un bel po’. E<br />

se vi fosse stata, avrebbe fatto venire lì sua mamma, perché in quei posti ci sono bravi dottori che<br />

san far miracoli. Ma il marito, quel marito più estraneo e fantomatico del paesaggio lunare, non si<br />

faceva sentire, non scriveva e chissà se la pensava.<br />

Don Arcangelo, come sempre bene informato, diceva che il nipote agiva così perché aveva tanto<br />

lavoro ed inoltre era sicuro che la moglie fosse in buone mani: infatti ella andava ogni giorno a<br />

pulire sia in chiesa che in canonica poiché Menina, la cognata, adesso si stava per sposare con<br />

Giovanni il macellaio ed era quindi occupatissima.<br />

Così passò quell’inverno che per la poverina fu il più tremendo di tutti; sempre più sola dal<br />

giorno della morte della madre, era continuamente sotto torchio dal parroco che non cessava di<br />

rimproverarla aspramente di aver lasciato crepare la madre senza sacramenti. Per questo era<br />

maledetta da Dio e certamente il marito non si faceva vivo con una scomunicata del suo tipo.<br />

Il tempo lavorò di fuso e di conocchia e filò giorno su giorno, arrotolando veloce nel passato gli<br />

anni più lieti, ma non goduti della ragazza che compì vent’anni. Ma quei vent’anni spenti erano<br />

solamente nel pallore di quel visino, minuto e tanto bello, ma spaurito e disperato. Quella fugace<br />

non vissuta giovinezza piangeva il suo inutile passaggio in quegli occhi immensi, neri come la<br />

notte, che si dilatavano sempre più in un’angoscia senza domande e s’incupivano in un silenzioso<br />

smarrimento impotente...<br />

Intanto, nel bosco di castagni di proprietà di don Liborio Pace, dov’era il casolare per qualche<br />

pastore in transumanza, correva voce che fosse venuto un bandito, soprannominato “Il Bombino”. Il<br />

brigante era assai temuto in zona e potentissimo tanto che nemmeno i carabinieri del luogo osavano<br />

arrestarlo...<br />

Su questo misterioso figuro che comandava un branco di filibustieri della peggiore risma, nel<br />

paese e nelle zone limitrofe si diceva di tutto. Tuttavia, pur essendo un feroce brigante, ladro astuto,<br />

implacabile nelle vendette e instancabile persecutore della ricchezza, soprattutto se procurata con<br />

angherie e soprusi ai poveretti, circolavano le più strane dicerie. Così, anche se temuto sino a provar<br />

terrore a dirne il nome, non era odiato da chi conosceva solamente la faccia della miseria.<br />

Addirittura, si narrava che parecchie volte avesse aiutato, sia con denaro, sia con cibo ed anche con<br />

delle bestie (rubate, naturalmente!), chi non aveva pane e lavoro...<br />

Una notte, Il Bombino, con due dei suoi, forse Sarvaturi Spatula e Peppe Porcaro detto u<br />

Guercio, andarono a fare visita a don Arcangelo per alleggerirgli i contenuti della cassetta delle<br />

offerte che egli si conservava, ammucchiando per “il bene della chiesa!”...<br />

Come in verità fossero andate le cose nessuno seppe, solo all’indomani il prete era conciato ben<br />

bene: a letto con impacchi e fasciature ed anche, per come si lamentava, con un febbrone. Così la

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