il silenzio come stile di dio - CRISTIANI EVANGELICI
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faccia s<strong>il</strong>enzio 47 in presenza <strong>di</strong> YHWH, poiché Egli si<br />
è destato dalla Sua santa <strong>di</strong>mora!" (2:13).<br />
Il "giorno del Signore" manifesterà in modo<br />
glorioso la sovranità dell'unico vero Dio ed in vista<br />
<strong>di</strong> quest'evento meraviglioso gli uomini sono chiamati<br />
a riconoscere la loro natura <strong>di</strong> creature limitate e<br />
destinate al giusto giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>vino. Una delle<br />
conseguenze più naturali è <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio, <strong>come</strong> segno <strong>di</strong><br />
accettazione del proprio stato creaturale. Forse anche<br />
per questo nel Salmo 46:10 si legge quest'ulteriore<br />
comandamento: "Fermatevi, e riconoscete che Io sono<br />
Dio!"...<br />
Comandamenti specifici per la Chiesa<br />
E' soprattutto nelle lettere dell'apostolo<br />
Paolo che troviamo, nel Nuovo Testamento, dei<br />
comandamenti specifici inerenti al tema del s<strong>il</strong>enzio,<br />
soprattutto nell'ambito delle <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong>vine<br />
volte all'organizzazione delle riunioni cristiane. Fra<br />
questi comandamenti, un ruolo importante hanno talune<br />
prescrizioni aventi ad oggetto <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio da tenersi<br />
nei culti e contenute nel capitolo 14° della 1^<br />
lettera ai Corinzi.<br />
L'adorazione del Signore, nell'economia del<br />
Nuovo Testamento, non è limitata a pochi eletti tra i<br />
figli <strong>di</strong> Dio, ma prevede piuttosto la partecipazione<br />
gioiosa <strong>di</strong> tutti i credenti, con <strong>il</strong> contributo<br />
fantasioso <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> essi (1 Cor. 14:26). Tutto<br />
questo dev'essere fatto "per l'e<strong>di</strong>ficazione" e perciò,<br />
laddove vi sia chi parla in altre lingue, l'esercizio<br />
<strong>di</strong> tale dono deve aver luogo con or<strong>di</strong>ne: al massimo<br />
due o tre possono parlare, uno dopo l'altro, e con<br />
qualcuno che eserciti <strong>il</strong> dono d'interpretazione delle<br />
lingue (v.27). In particolare, se viene a mancare tale<br />
ultimo dono dell'interpretazione, i credenti che<br />
parlano in altre lingue devono "tacere 48 nella chiesa<br />
e parlare a se stessi e a Dio" (v.28).<br />
48 Il verbo greco usato nel testo originale è sigào, che ha <strong>il</strong><br />
significato generico <strong>di</strong> "non <strong>di</strong>re nulla" e presenta le<br />
accezioni specifiche <strong>di</strong> "fermarsi nel parlare, trattenere la<br />
propria lingua" (cfr. pag.6 del presente stu<strong>di</strong>o).<br />
A questo proposito Morris (La prima lettera <strong>di</strong> Paolo ai<br />
Corinzi, GBU, Roma, 1974, p.236) ricorda che "non bisogna<br />
pensare che <strong>il</strong> parlare in lingue sia <strong>il</strong> risultato <strong>di</strong> un<br />
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