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278<br />

La lirica greca<br />

Solone<br />

Le elegie di contenuto<br />

pol<strong>it</strong>ico e morale<br />

L’elegia pol<strong>it</strong>ica e morale di Solone<br />

Con la poesia di Solone (640-560 a.C.), il grande legislatore di Atene, l’elegia è messa ancora<br />

al servizio della patria, più precisamente della saggezza e dell’educazione dei c<strong>it</strong>tadini.<br />

Di nobile famiglia ateniese, la figura di Solone appartiene alla storia pol<strong>it</strong>ica non meno<br />

che a quella della letteratura. Posto dalla leggenda nel novero dei Sette Savi, promuove la<br />

cultura in Atene (ad esempio, ist<strong>it</strong>uendo rec<strong>it</strong>azioni pubbliche di Omero), anticipa l’ideale di<br />

saggezza e misura della sophrosy´ne attica.<br />

L’esordio pol<strong>it</strong>ico è documentato dal frammento dell’elegia Salamina, letta ai conc<strong>it</strong>tadini<br />

per esortarli a strappare l’isola ai Megaresi:<br />

fr. 2 Diehl Andiamo a Salamina, a batterci per l’isola bella e liberarci della grave infamia.<br />

L’elemento soggettivo<br />

fr. 6; trad. di A. Rostagni<br />

Da arconte, nel 594 emana la famosa cost<strong>it</strong>uzione timocratica, cioè basata sul censo dei<br />

c<strong>it</strong>tadini. La produzione di elegie e giambi si lega in gran parte all’attiv<strong>it</strong>à legislativa. In particolare<br />

l’elegia int<strong>it</strong>olata, come l’analoga di Tirteo, Eunomía (Buongoverno) celebra le virtù<br />

della moderazione e della giustizia («i sacri fondamenti di Dike»).<br />

Di contenuto morale è l’elegia Alle Muse, nella quale l’autore invoca per sé prosper<strong>it</strong>à, buona<br />

fama e ricchezza, che però non deve essere acquistata con l’ingiustizia, se non si vuole<br />

incorrere nella punizione di Zeus. Infatti il benessere (ólbos) disgiunto dalla moderazione<br />

genera sazietà (kóros), talora arroganza (hy´bris) e autostima forsennata che si traducono,<br />

per il singolo e i suoi discendenti o per l’intera comun<strong>it</strong>à, in acciecamento (áte) e autodistruzione.<br />

Si tratta di concetti fondamentali dell’etica greca che elaborano spunti esiodei e<br />

anticipano motivi del dramma attico.<br />

Sebbene i contenuti siano pol<strong>it</strong>ici e morali, non manca la dimensione personale, tipica della<br />

lirica, avvertibile sia nella consapevolezza di attuare in piena sol<strong>it</strong>udine un programma arduo<br />

(«Nelle grandi imprese è difficile piacere a tutti», fr. 5) sia nel ricondurre, attraverso l’enfasi<br />

della prima persona, al proprio «io» ogni riflessione o decisione presa: «Io sento, e dentro al<br />

cuore m’è f<strong>it</strong>ta questa pena, vedendo la più antica terra di Ionia andare in declino …» (fr. 4).<br />

La soggettiv<strong>it</strong>à traspare anche in questo frammento – che esprime, nella forma del makarismòs<br />

(componimento che definisce la «beat<strong>it</strong>udine»), i gusti personali del poeta – tradotto<br />

da Pascoli nel poemetto Solon: «Solon, dicesti un giorno tu: Beato/ chi ama, chi cavalli ha<br />

solidunghi,/ cani da caccia, un osp<strong>it</strong>e lontano» (vv. 16-18).<br />

La personal<strong>it</strong>à del poeta, col suo amore per la v<strong>it</strong>a, con la forte carica di ottimismo morale,<br />

è presente anche nel frammento che, ormai vecchio, avrebbe inviato a Mimnermo. Questi<br />

gli aveva scr<strong>it</strong>to:<br />

Oh, così senza morbi, senza tormentosi affanni, sessantenne mi colga il destino di<br />

morte!<br />

Ecco la risposta di Solone:<br />

fr. 22; trad. di R. Cantarella Ma se ora almeno vuoi ascoltarmi, togli via quel verso … e riscrivilo, o prole di<br />

dolci poeti, e canta così: a ottanta anni mi colga destino di morte … Invecchio<br />

sempre molte cose imparando.<br />

A quest’ultimo verso si lega forse l’aneddoto secondo il quale il vecchio legislatore, ud<strong>it</strong>a dal<br />

nipote una canzone di Saffo, volle impararla, e a chi gli chiedeva perché mai lo facesse rispose:<br />

«Per morire dopo averla appresa». È questo anche il finale del Solon pascoliano: «Questo<br />

era il canto della Morte; e il vecchio/ Solon qui disse: Ch’io l’impari, e muoia» (vv. 84-85).<br />

L’elegia d’amore di Mimnermo<br />

Mimnermo nacque a Colofone (o Smirne), in Asia Minore, e visse tra la seconda metà del<br />

VII secolo e gli inizi del successivo. Secondo la tradizione, avrebbe eserc<strong>it</strong>ato la professione<br />

di auleta, ossia di suonatore di flauto e avrebbe amato una flautista di nome Nannò. Era<br />

probabilmente esponente dell’aristocrazia ionia, come attesta l’accenno a prodi antenati nel

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