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Ma l’ardore e l’incisiv<strong>it</strong>à del modello si spengono, temperati da saggezza e mollezza ioniche.<br />
Alla dea temibile di Saffo corrisponde, in quest’inno cletico un po’ frivolo, un Dioniso<br />
quasi ellenistico che scherza con le Ninfe. Alla sua dea Saffo chiedeva d’esserle «alleata»<br />
(sy´mmachos) nella turbinosa guerra d’amore, a Dioniso Anacreonte chiede d’essere «consigliere»<br />
(sy´mboulos).<br />
«Saggio nelle faccende d’amore» (tà erotikà sophòs) è detto Anacreonte da Platone (Fedro<br />
235b) e tutta rivolta all’amore è considerata la sua poesia da Cicerone (Anacreontis … tota<br />
poesis est amatoria, Tusc. IV, 33, 71) che lo pone, insieme con Alceo e Ibico, nel novero<br />
dei libidinosi amatores. Similmente Orazio ricorda Anacreonta Teium/ qui persaepe cava<br />
testudine flev<strong>it</strong> amorem, Epod. 9, 12.<br />
L’eros anacreontico si connota soprattutto per le metafore, che hanno goduto di grande fortuna<br />
nelle letterature seguenti. La più celebre è quella della fanciulla-puledra, che il poeta<br />
vorrebbe «cavalcare»:<br />
Puledra di Tracia, perché mai guardandomi di traverso con gli occhi mi sfuggi<br />
spietatamente e credi che io non possegga alcuna abil<strong>it</strong>à? Sappilo bene, con destrezza<br />
io potrei metterti il morso e, reggendo le briglie, farti girare attorno alla<br />
meta. Ora tu pascoli sui prati e giochi saltellando leggera, perché non hai un abile<br />
cavaliere che ti monti.<br />
C’è poi l’amore fabbro, l’amore che gioca a dadi (per rendere folli gli amanti), l’amore taglialegna<br />
e altre personificazioni che preludono agli Amorini ellenistici:<br />
Col martello suo grande di nuovo mi percuote Amore, come un fabbro e mi tuffa<br />
nella gelida corrente.<br />
Amore gioca: le follie, le risse i suoi dadi.<br />
Eros, come tagliatore di alberi mi colpì con una grande scure, e mi riversò alla deriva<br />
d’un torrente invernale.<br />
Tutto è lieve, intriso di ironia. Quand’anche il poeta ricorra a immagini di grandezza sull’esempio<br />
di Saffo, lo fa per burla e il dato passionale si scioglie in andamenti di canzoni sorridenti<br />
e brillanti. I «furti» di Saffo valgono per l’intenzione parodica.<br />
Anche la ripulsa in amore è priva degli accenti brucianti della poetessa di Lesbo:<br />
Una palla rossa m’ha buttato Eros dai capelli d’oro. E m’ha detto: «Gioca con<br />
quella bambina che ha i sandali dipinti». Ma la bambina, ch’è nativa di Lesbo, veduti<br />
i miei capelli bianchi, ha un gesto di dispetto e se ne va.<br />
A un contesto erotico appartiene quasi certamente la rapida immagine della fanciulla-cerbiatto,<br />
ripresa da Orazio (Carm. I 23) per descrivere le prime trepidazioni amorose:<br />
Dolcemente, come tenero cerbiatto lattante, che nella selva, dalla cornuta madre<br />
abbandonato, sbigottisce.<br />
Già s’è visto come, nella poesia di Anacreonte, una sottile ironia investa temi tradizionalmente<br />
dolorosi, come la vecchiaia o l’amore non corrisposto. Anche i sentimenti più dilaceranti<br />
sono vissuti con un garbato sorriso. L’ambivalenza affettiva di amore – l’amore «dolce-amaro»<br />
di Saffo e quello dell’odi et amo di Catullo (Carm. 85) – non è una scoperta<br />
sconvolgente, e neppure il tuffo dalla rupe, di saffica memoria, va preso troppo sul serio:<br />
Eros e vino<br />
fr. 78 G.;<br />
trad. di G. Cortassa<br />
fr. 45 D.;<br />
trad. di A. Rostagni<br />
La lirica monodica 289<br />
fr. 53 D.;<br />
trad. di F.M. Pontani<br />
fr. 11[68];<br />
trad. di S. Quasimodo<br />
fr. 13;<br />
trad. di M. Valgimigli<br />
fr. 39;<br />
trad. di R. Cantarella<br />
L’ironia e la vena<br />
«drammatica»<br />
Amo, non amo: pazzo sono, non pazzo. fr. 83;<br />
trad. di M. Valgimigli<br />
Dalla rupe di Leucade mi spicco, mi tuffo nel mare bianco, ebbro d’amore. fr. 17 D.;<br />
trad. di F.M. Pontani<br />
Con ironia non sempre bonaria sono r<strong>it</strong>ratti vari personaggi della v<strong>it</strong>a di tutti giorni, tipi umani<br />
individuati in base ai difetti, al mestiere, alla condizione sociale. È l’uman<strong>it</strong>à color<strong>it</strong>a e varia<br />
che popolerà più tardi il mimo e la Commedia Nuova. C’è il villano rifatto, r<strong>it</strong>ratto con talento<br />
satirico archilocheo mentre gira in cocchio ostentando la ricchezza appena raggiunta: