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traverso pratiche l<strong>it</strong>urgiche incentrate sul culto di Afrod<strong>it</strong>e, delle Muse, delle Car<strong>it</strong>i. In questi<br />

versi Alceo, rendendo omaggio alla poetessa conterranea, ne riconosce la dign<strong>it</strong>à sacrale<br />

(agna), in quanto ministra di Afrod<strong>it</strong>e, e il fascino confer<strong>it</strong>ole dalla dea dell’amore: «Crine di<br />

viola, dolceridente, veneranda (agna) Saffo» (fr. 63 D.).<br />

In quest’inno Saffo invoca Afrod<strong>it</strong>e, perché la liberi dalle pene, riconducendo al suo amore<br />

la fanciulla amata:<br />

Afrod<strong>it</strong>e dal trono dipinto, Afrod<strong>it</strong>e immortale, figlia di Zeus, tess<strong>it</strong>rice d’inganni,<br />

ti prego, non domare con pene e con ansie d’amore, o Regina, il mio cuore. E qui<br />

vieni. Altra volta venisti; pur di lontano udisti la mia voce, e del padre lasciasti la<br />

reggia su l’aureo cocchio aggiogato. Te conducevano leggiadri passeri snelli sopra<br />

la nera terra f<strong>it</strong>te ag<strong>it</strong>ando giù dal cielo le ali per gli eterei spazi. Rapidamente<br />

giunsero. E tu, o Beata, sorridendo dal tuo volto immortale, mi chiedevi che pena<br />

ancora pativo, che cosa ancora invocavo, e chi nel mio cuore in delirio follemente<br />

desideravo. – Chi cerchi che ancora Pè<strong>it</strong>o 18 riporti al tuo amore? Chi ti fa male, o<br />

Saffo? Oh, ma se ora ti fugge, presto t’inseguirà, se doni rifiuta, presto doni farà,<br />

se già non ti ama, presto ti amerà, anche controvoglia. – Vieni a me anche ora: da<br />

così triste pena di amore mi sciogli; quanto brama il mio cuore si compia, tu compi;<br />

tu stessa mi assisti.<br />

Grande suggestione crea l’epifania della dea sul cocchio d’oro in una nuvola di passeri,<br />

non immagine letteraria, ma visione «reale». Studi recenti hanno dimostrato che queste apparizioni<br />

divine non sono allegorie o ornamenti letterari, ma sono sent<strong>it</strong>e come esperienze<br />

realmente vissute (vedi anche p. 269). In più, Saffo e le sue allieve vivono in una dimensione<br />

rarefatta, che acuisce la loro sensibil<strong>it</strong>à e le predispone all’esperienza estatica, alla «visione»<br />

della divin<strong>it</strong>à. Ma non meno dell’epifania ci colpisce il tono confidenziale e affettuoso<br />

della preghiera, che è un colloquio intimo tra Saffo e Afrod<strong>it</strong>e. Che senso aveva proporla a<br />

un ud<strong>it</strong>orio di ragazze? Nel tìaso, come nel simposio maschile, la comun<strong>it</strong>à di v<strong>it</strong>a faceva sì<br />

che la vicenda personale fosse sent<strong>it</strong>a come evento esemplare, valido per tutti i componenti.<br />

Nell’ode in questione, l’esemplar<strong>it</strong>à era nel principio, enunciato perentoriamente dalla<br />

dea, che l’amore deve essere sempre ricambiato: «se già non ti ama, presto ti amerà, anche<br />

controvoglia». È lo stesso «principio di reciproc<strong>it</strong>à» difeso nella Commedia dantesca<br />

da Francesca da Rimini («amor ch’a nullo amato amar perdona», Inf. V 103).<br />

Per Saffo, guida di una comun<strong>it</strong>à di fanciulle posta sotto la protezione di Afrod<strong>it</strong>e, non fa<br />

meraviglia che l’amore sia la cosa più bella della v<strong>it</strong>a. Riproponiamo in una diversa traduzione<br />

questo frammento, già visto come esempio di Priàmel (p. 273):<br />

Uno dice che un eserc<strong>it</strong>o di fanti, altri di cavalieri, altri di navi, è la cosa più bella<br />

sulla terra nera, io, ciò che si ama. E questo ognuno è in grado di comprendere.<br />

Elena, che in bellezza superava tutti i mortali, abbandonò il mar<strong>it</strong>o nobilissimo<br />

eroe e navigò verso Troia e della figlia e dei suoi gen<strong>it</strong>ori non ebbe pensiero, ma<br />

fu la dea Cìpride a travolgere lei nell’amore … e ora Anattoria ch’è lontana mi desta<br />

il ricordo; vorrei veder di lei l’amato incedere e il luminoso fulgore del viso<br />

più che i carri dei Lidi e i fanti mun<strong>it</strong>i d’armi.<br />

È il «manifesto» che enuncia il sistema dei valori della comun<strong>it</strong>à, valori opposti a quelli<br />

«maschili» e della cui nov<strong>it</strong>à rispetto alla tradizione Saffo è pienamente cosciente. Per<br />

comprovare la maggiore valid<strong>it</strong>à di questa filosofia di v<strong>it</strong>a incentrata sul piacere e sul gusto<br />

per il bello, è c<strong>it</strong>ato l’esempio di Elena, che travolta dall’amore lasciò il mar<strong>it</strong>o, eroe glorioso,<br />

e dimenticò la figlia e i cari gen<strong>it</strong>ori.<br />

Al pari di Alceo, Saffo compose poesie in funzione di un gruppo sociale ristretto, nel cui<br />

amb<strong>it</strong>o chiuso ed esclusivo identificò il suo orizzonte di v<strong>it</strong>a. Ma il tiaso era una comun<strong>it</strong>à<br />

con peculiar<strong>it</strong>à che lo differenziano dall’eterìa. A parte la diversa final<strong>it</strong>à persegu<strong>it</strong>a (pol<strong>it</strong>ica<br />

in questa, paideutico-religiosa in quello), mentre all’eterìa si era legati per tutta la v<strong>it</strong>a, la<br />

permanenza nel tiaso durava il tempo di un «corso di studi». Inoltre il tiaso aveva carattere<br />

cosmopol<strong>it</strong>a. In quello di Saffo troviamo ragazze di Mileto, Sardi, Colofone, Salamina. A<br />

18. Pè<strong>it</strong>o: dea della persuasione.<br />

Il culto di Afrod<strong>it</strong>e<br />

La lirica monodica 285<br />

fr. 1 D.;<br />

trad. di M. Valgimigli<br />

La cosa più bella<br />

fr. 16 V.;<br />

trad. di B. Gentili<br />

Il culto della bellezza

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