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LIRICA - Edu.lascuola.it

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Così parla Nosside: chi Afrod<strong>it</strong>e non ama<br />

non conosce quali rose siano i suoi fiori.<br />

La figura di maggior rilievo della scuola peloponnesiaca fu Leonida di Taranto, attivo nella<br />

prima metà del III secolo a.C, autore di ep<strong>it</strong>afi di personaggi umili come il pescatore Theris<br />

o la vecchia bev<strong>it</strong>rice Marònide, che si rammarica perché il calice scolp<strong>it</strong>o sulla tomba è<br />

vuoto:<br />

Theris decrep<strong>it</strong>o, che viveva con la facile pesca della nasse,/ e nuotava più veloce<br />

di un gabbiano,/ ladro di pesci, gettatore di reti, palombaro di grotte,/ mai navigante<br />

sopra navi dai molti remi,/ non lo uccise il vento di Arturo né la bufera/ soffiò via<br />

le sue molte decine di anni:/ morì in una capanna di paglia, simile a un lume/ che si<br />

estingua da solo dopo avere molto brillato./ E questa tomba non fu innalzata dai figli<br />

né dalla sposa/ ma dal tiaso solidale di coloro che arpionano i pesci.<br />

Marònide, la vecchia vinolenta,/ pompa-barili, qui giace e sul suo/ tumulo spicca<br />

un attico boccale. Pur sotterra ella piange, e non per i figli o il mar<strong>it</strong>o lasciati negli<br />

stenti, ma soltanto perché la coppa è vuota.<br />

Il linguaggio è fior<strong>it</strong>o, incline al concettismo, ricco di neologismi ingegnosi e di ep<strong>it</strong>eti elaborati<br />

(il pescatore è un «ladro di pesci», l’ubriacona è una «pompa-barili»), in conform<strong>it</strong>à con<br />

la tendenza baroccheggiante della scuola peloponnesiaca. L’ispirazione talora è ironica,<br />

come in questo epigramma «filosofico» in cui Leonida, esibendo la propria povertà alla maniera<br />

di Ipponatte, inv<strong>it</strong>a i topi ad allontanarsi dalla dispensa, che è vuota come si addice al<br />

saggio, che sempre basta a se stesso:<br />

Fugg<strong>it</strong>e dalla mia dispensa, topi notturni: la povera/ madia di Leonida neppure un<br />

sorcio può nutrire./ Il vecchio basta a se stesso, se ha sale e due pani d’orzo:/ questa<br />

è la v<strong>it</strong>a che ho appreso dai miei padri …<br />

Altre volte Leonida indulge al macabro e al noir, come nella descrizione della tomba da cui<br />

fuoriescono ossa frantumate dai carri che passano, o nell’ep<strong>it</strong>afio del pescatore soffocato<br />

da un pesce, o in quello del marinaio il cui corpo è per metà sepolto in mare, per metà nel<br />

ventre di uno squalo:<br />

In terra e in mare sono io seppell<strong>it</strong>o … io fui sbranato: in tal modo m’assalse un<br />

feroce ed enorme squalo, che m’inghiottì fino all’ombelico … e i marinai dall’onde<br />

tirarono su metà di me, metà se la mangiò lo squalo …<br />

L’epigramma coltivato dai dotti poeti raccolti in circoli attorno alle ist<strong>it</strong>uzioni culturali (Museo,<br />

Biblioteca) che animavano la v<strong>it</strong>a intellettuale della cosmopol<strong>it</strong>a Alessandria ebbe ispirazione<br />

diversa da quello peloponnesiaco. Si caratterizzava più decisamente per i due tratti<br />

che rimarranno tipici del genere: la brev<strong>it</strong>à fulminea (oligostichìa, cioè l’essere un carme<br />

di pochi versi) e la pointe finale, a cui tende tutta la composizione sempre orientata verso<br />

una conclusione arguta e inattesa. Sul piano dello stile l’epigramma alessandrino è più sobrio<br />

e raffinato. Sul piano dei contenuti, ormai del tutto svincolato dall’epigrafe, è divenuto<br />

un genere solo letterario, espressione di un’arte el<strong>it</strong>aria incline all’intellettualismo e alla dimensione<br />

metaletteraria. In particolare come «poesia allusiva» – ma in questa categoria<br />

cr<strong>it</strong>ica rientra tutta l’arte ellenistica – pare soprattutto caratterizzarsi l’epigramma alessandrino:<br />

allusiv<strong>it</strong>à come gusto del doppio senso o del gioco di parole, ma anche come riecheggiamento<br />

di un motivo letterario tradizionale, di cui il poeta propone una variazione<br />

brillante e insol<strong>it</strong>a e che il lettore colto è inv<strong>it</strong>ato a riconoscere. Quasi inesistente è<br />

l’interesse per il popolaresco e le tematiche dell’ambiente c<strong>it</strong>tadino care all’epigramma dorico,<br />

mentre notevole rilievo assumono i contenuti erotici, ered<strong>it</strong>ati dalla lirica simposiale.<br />

Questi contenuti sono prevalenti nella poesia del caposcuola degli epigrammisti alessandrini,<br />

Asclepiade di Samo (nato circa nel 320 a.C.), autore di composizioni meliche perdute<br />

(diede il nome al verso asclepiadeo) e di epigrammi frivoli e brillanti. Il mondo di Asclepiade<br />

è quello del simposio, popolato di efebi, di amanti languidi e falsamente sospirosi, di etére<br />

voluttuose e disponibili («Amami tutta e non crucciarti, se un altro mi possiede» è program-<br />

La lirica d’età ellenistica 305<br />

VII 120;<br />

trad. di G. Guidorizzi<br />

VII 455;<br />

trad. di G. Perrotta<br />

VI 302;<br />

trad. di G. Guidorizzi<br />

VII 506<br />

La scuola<br />

ionico-alessandrina<br />

Asclepiade di Samo

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