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272<br />

La lirica greca<br />

fr. 1 D.;<br />

trad. di M. Valgimigli<br />

Il riferimento a un contesto ambientale, di cui sia il poeta sia chi ascolta hanno comune<br />

esperienza «amplia il terreno sul quale ist<strong>it</strong>uire un rapporto di emozional<strong>it</strong>à con l’ud<strong>it</strong>orio»<br />

(Vetta). Naturalmente tutto questo comporta difficoltà di interpretazione per il lettore moderno,<br />

al quale sfugge il riferimento ambientale, s<strong>it</strong>uazionale, ma anche il contesto discorsivo.<br />

Spesso infatti le composizioni poetiche alludono alle conversazioni che precedono il canto,<br />

e si configurano come la ripresa di discorsi sospesi da poco. Così l’inv<strong>it</strong>o di Alceo «Bevi, o<br />

Melanippo, con me … non avere grandi speranze» mira a frenare l’ansia d’agire espressa<br />

poco prima da un irrequieto compagno di simposio. Anche nel tiaso saffico – una comun<strong>it</strong>à<br />

paideutico-cultuale femminile per molti aspetti confrontabile col simposio maschile – il riferimento<br />

è sempre contingente. In questi versi Saffo intrattiene un colloquio intimo con Afrod<strong>it</strong>e,<br />

la dea dell’amore:<br />

E tu, o Beata, sorridendo dal tuo volto immortale, mi chiedevi che pena ancora pativo,<br />

che cosa ancora invocavo, e chi nel mio cuore in delirio follemente desideravo.<br />

– Chi cerchi che ancora Pè<strong>it</strong>o [dea della persuasione] riporti al tuo amore? Chi<br />

ti fa male, o Saffo? Oh, ma se ora ti fugge, presto t’inseguirà, se doni rifiuta, presto<br />

doni farà, se già non ti ama, presto ti amerà, anche controvoglia.<br />

La preghiera è esegu<strong>it</strong>a di fronte a un pubblico di ragazze chiamate a partecipare emotivamente<br />

all’esperienza che viene loro proposta: «Per loro le ragioni e il senso di quella preghiera<br />

erano più chiare che per noi. Quel dramma amoroso aveva probabilmente le sue radici<br />

proprio lì, in quella cerchia ristretta. Quando la dea chiede alla sua interlocutrice chi deve<br />

ricondurre al suo amore e chi le fa torto, il soggetto poteva risultare meno generico, poteva<br />

essere anche un nome ben noto» 10 .<br />

Il rapporto con la comm<strong>it</strong>tenza e col pubblico<br />

L’epica omerica ci fornisce un modello di questo rapporto in gran parte estendibile alla lirica.<br />

In Omero l’aedo deve soddisfare le esigenze della comm<strong>it</strong>tenza. Altrimenti è allontanato,<br />

come il cantore di Micene che, non volendo adeguarsi al nuovo corso pol<strong>it</strong>ico imposto<br />

dopo la partenza di Agamennone, è condannato a morire in un’isola (Od. III 269).<br />

Nel campo della lirica, la differenza nel rapporto artista-pubblico è soprattutto tra l’ufficial<strong>it</strong>à<br />

della poesia corale e il carattere relativamente privato di quella monodica. Saffo e Alceo si<br />

rivolgevano a un gruppo sociale ristretto: la prima, alle ragazze del thìasos, comun<strong>it</strong>à cultuale<br />

tesa a realizzare un ideale di perfezione dei suoi membri; il secondo, ai compagni di<br />

un’eterìa, associazione aristocratica vincolata dal giuramento di fedeltà a un dato obiettivo<br />

etico-pol<strong>it</strong>ico. Attraverso la parola il poeta e il pubblico si riconoscevano e si confermavano<br />

nei valori che cost<strong>it</strong>uivano la base culturale e sociale del gruppo. Diversamente si configura<br />

il rapporto coi destinatari e la comm<strong>it</strong>tenza nella lirica corale, che ha sempre carattere pubblico,<br />

religioso, celebrativo. Qui si tratta di saper trovare il m<strong>it</strong>o – giacché la narrazione m<strong>it</strong>ica<br />

è un elemento obbligatorio della composizione corale – che abbia una giustificazione<br />

etica ed artistica, che sia appropriato alla cerimonia, all’occasione, al comm<strong>it</strong>tente, pubblico<br />

o privato che sia. Occorre far capire all’ud<strong>it</strong>orio la relazione tra il m<strong>it</strong>o e il fatto da festeggiare.<br />

Soprattutto bisogna adeguarsi alle attese e agli umori del pubblico, non urtarne la suscettibil<strong>it</strong>à<br />

pol<strong>it</strong>ica o religiosa, scegliere tra le varianti di un m<strong>it</strong>o quella più in linea con le<br />

tradizioni dei comm<strong>it</strong>tenti. Bisogna saper «tagliare» gli aspetti del racconto che possono risultare<br />

non grad<strong>it</strong>i all’ud<strong>it</strong>orio, imponendosi una sorta di «amnesia selettiva», che obbliga a<br />

bruschi trapassi (i famosi «voli pindarici»). Talora bisogna addir<strong>it</strong>tura riscrivere il m<strong>it</strong>o, apportarvi<br />

«rettifiche». Stesìcoro (VII-VI sec. a.C.) elaborò del m<strong>it</strong>o di Elena, oltre alla versione<br />

tradizionale, anche una palinodìa che riabil<strong>it</strong>ava l’eroina: non lei, ma il suo fantasma (éidolon)<br />

avrebbe segu<strong>it</strong>o Paride a Troia. La r<strong>it</strong>rattazione era ad uso del pubblico spartano,<br />

devoto di Elena e certo maldisposto a tollerare la versione «offensiva» che vedeva nella<br />

m<strong>it</strong>ica regina di Sparta il paradigma della donna infedele e lussuriosa. Sempre in omaggio<br />

10. G. Cortassa, La lirica monodica, il giambo e l’elegia, c<strong>it</strong>., p. 198.

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