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Scuola e Cultura - Ottobre 2009 - scuola e cultura - rivista

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<strong>Ottobre</strong> <strong>2009</strong><br />

gehn in diesem Meer ist inniger Schiffbruch.<br />

Delle varie osservazioni, per le quali rimando al mio<br />

lavoro ricordato, rilevo qui la fondata sostituzione del<br />

«dolce» che prima era nel testo originario «ohimè»<br />

con il già qui notato «Inniger» e «immensità» sentita<br />

come qualcosa di grande e di eccessivo,<br />

«Übermass», diremmo di speciale (riconducibile<br />

all’idea di Tutto, di cui s’è parlato).<br />

La visibilità forte soverchiante lo portava, per una<br />

trasformazione inversa, all’Invisibile, alla potenza<br />

nascosta degli eventi, insomma della Natura (che poi<br />

traduce «voll Allmacht»). Ed egli era tutto preso,<br />

guardando a Leopardi, dal senso dell’Invisibile e<br />

dell’Infinito percepibile nei modi della sua ottica,<br />

appunto come l’essenza segreta e come il grande<br />

Raum (più o meno su questa linea tra particolari<br />

spazi e lo Spazio, ecco le lettere di Bettina che<br />

creavano spazio, gli specchi che interrompono la<br />

fisionomia reale e sono intervalli nel tempo, l’angelo<br />

dell’Annunciazione che per giungere alla giovinetta<br />

Maria deve attraversare infiniti spazi). Perciò non<br />

un’occasionale curiosità per lui il tradurre l’Infinito, ma<br />

una sintonia con il suo autore, sintonia arricchente, in<br />

quanto inteso l’Infinito sì in misura diversa da loro<br />

due, ma nel caratteristico tono della loro rispettiva<br />

‘interiorità’ 338 alto e del vanificarsi delle cose (non<br />

solo il tema drammatico della caducità umana, per es<br />

nel II e VIII dei Sonette an Orpheus come nella II<br />

delle Elegien secondo il rilievo del Mittner, ma pure<br />

nel suo stesso stile o ‘gesto’, quello della<br />

«moderazione» messo in luce da Giaime Pintòr, quel<br />

modo diremmo noi inappariscente, smorzato, specie<br />

nella società, per nulla estraneo a Leopardi). E ciò<br />

dunque completa e dà fondamento al quadro sul<br />

quale sta la traduzione dell’Infinito.<br />

Fra Leopardi e Rilke sussiste, del resto, una possibile<br />

relazione comunque tematica (le sue letture, magari<br />

segrete, non dichiarate, lui capace nel disperdere le<br />

tracce), di là dalla mancanza di elementi diretti in<br />

campo traduttorio più consistenti o di segni più<br />

esaustivi. Questa ci può venire da un’indicazione<br />

‘esterna’ di motivazioni della critica, cioè dal<br />

suggerimento al riguardo di Bonaventura Tecchi nel<br />

senso di osservazioni storico-tematiche e comparate<br />

di uno studioso, come tale fuori dai due punti di vista<br />

di Rilke e di Leopardi, di simpatizzante e di<br />

simpatizzato, se così si può dire, di amante<br />

(letterariamente) e di amato (di un Leopardi che sotto<br />

sotto riveste per lui un senso di Amore, amore per la<br />

vita). Suggerimento accolto nel mio lavoro sui due<br />

poeti (come relazione tematica prima che come<br />

indagine sulla traduzione testuale) con l’ipotesi di un<br />

rapporto fra loro, appunto Prospettiva di un rapporto<br />

fra L. e R. 19 e poi con l’articolo Tra L. e R. 20 in vista di<br />

ulteriori sviluppi, come qualche altro mio coevo e<br />

successivo contributo, Giovan Battista Angioletti a<br />

Duino (nel pensiero di R. 21 ), R. e l’Italia 22 , R. e la<br />

Pittura 23 , R. nel cammino della Maturazione a Duino<br />

verso la sua Grande Morte 24 .<br />

Il passo di Tecchi dice «Sarebbe bello far vedere<br />

l'eco remota del Leopardi in certe posizioni, non<br />

molto lontane dal nichilismo, di Rainer Maria Rilke; a<br />

cominciare da alcune espressioni 'radicali' del Diario<br />

fiorentino, che è del 1898» (Leopardi e il<br />

Romanticismo tedesco 25 ) e s’interrompe qui, causa la<br />

morte di lui, uno spunto bene stimolante, anche se<br />

non portato avanti. Solo questo elemento, come il<br />

leopardiano Infinito che vorrebbe altro accanto. Su<br />

ciò mi confortava Ladislao Mittner (un po’ d’estate a<br />

Cortina, un po’ a Venezia nel conversare alla<br />

Marciana), dicendomi che se è poco solo l’Infinito,<br />

questo sonetto ha tanti versi, un verso ha tante<br />

parole, ogni parola ha significati e problemi molteplici,<br />

per cui il materiale sotto gli occhi, anche solo così,<br />

non è certo poco. Dunque, per una proposta critica<br />

più articolata possono essere messe insieme le<br />

osservazioni dello stesso studioso sui due autori<br />

nostri, tenendo conto del metodo di sondaggi e<br />

approcci di lui (così Giacomo Debenedetti sulle<br />

spinte ‘curiose’ di Tecchi).<br />

5. Ora, fra gli elementi diretti si aggiunge la<br />

traduzione di buona parte de La sera del dì di festa<br />

ad arricchire il quadro di motivazioni sin qui<br />

riscontrato e a confortare il ‘poco’ del solo Infinito.<br />

Traduzione, questa, ancor meno conosciuta,<br />

inesistente in sede ufficiale, addirittura inedita. Essa<br />

risulta dall’esistenza di un autografo di Rilke,<br />

conservato nel Rilke-Archiv della Schweizerische<br />

Landesbibliothek di Berna, e di cui io ho<br />

fortunatamente ricevuto notizia e copia grazie alla<br />

sollecitudine di Magda Kerényi tramite la cortesia del<br />

dott. Rätus Luck, direttore di tale Istituto<br />

(23.10.1977). Un autografo che altrimenti sarebbe<br />

rimasto ignorato ai più. Esaminando tale documento,<br />

esso consiste nella versione in tedesco non di tutto il<br />

canto, ma dei primi 16 versi; e non reca l’indicazione<br />

né del luogo, né della data. Con tutto ciò la<br />

traduzione ha un senso compiuto per questa prima<br />

parte rispetto all’originale nel suo insieme (tre parti),<br />

e che Rilke coglie: la fine di una festa (in via diversa<br />

e complementare alla leopardiana ‘vigilia’ con la<br />

relativa ‘attesa’), il dolore per un amore non<br />

corrisposto, la perdita della speranza, la discussa<br />

«Hoffnung» secondo il poeta traduttore. Senso che<br />

si completa con le altre parti del canto (se non<br />

tradotte, sicuramente lette e meditate), cioè il declino<br />

di tutte le cose, il contrasto tra la quiete di una notte<br />

serena e l’agitazione di un animo intensamente<br />

turbato, diviso, fra esteriorità e interiorità, cioè<br />

l’essenza dell’intero canto<br />

Weithin klar ist die Nacht, die linde, und windlos<br />

und auf den Dachem, mitten ber den Gärten<br />

aufruht ruhig der Mond und feme enthüllt sich<br />

jedes Gebirge verklärter. O...<br />

schon ist schweigend der Fusspfad und bei den Balkonen<br />

durchscheint nur selten einmal die nächtliche Lampe. -<br />

Du aber schlafst, so nàhme dich freundlieher Schlaf hin<br />

im beruhigten Zimmer ohne den Biss einer Sorge-<br />

Wisse nicht mehr und gedenk's nicht eine wie grosse<br />

Wunde du mir aufrissest mitten im Herzen-<br />

Schlafst: indessen muh ich mich diesen<br />

Himmel zu grüssen seinen Anschein von Gnade<br />

und die Natur die uralte voll Allmacht<br />

die mich zum Grame geschaffen.<br />

Dir weigr ich, sprach sie<br />

Dir, die Hoffnung, sogar die Hoffnung und ander(e)s<br />

soli Dir nicht schimmem das<br />

Aug, es sei demi vom Weinen.<br />

Dunque, il già rilevato e felice in quanto fondato inizio<br />

«Weithin Klar […], die linde» riguardo la Notte, che<br />

10

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