Scuola e Cultura - Ottobre 2009 - scuola e cultura - rivista
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<strong>Ottobre</strong> <strong>2009</strong><br />
I documenti che cambiano la storia<br />
Il fascino di Mazzini sui giovani<br />
STORIA<br />
Il prestigio della vecchiaia, dal 1860 ad oggi, s’e vittoriosamente affermato nella vita politica italiana. Tutti i più<br />
insigni uomini di Stato del nuovo Regno non giunsero al potere o a esercitare un’autorevole influenza come<br />
parlamentari che in avanzata maturità e il loro appartarsi dalle pubbliche lotte non fu dovuto che alla morte,<br />
raramente all’esaurimento dell’età, mai all’opinione stanca di veder sempre negli stessi uffici gli stessi individui;<br />
né i giovani d’altra parte cercarono di spingere al sacrificio dei vecchi. Fu per venerazione dell’esperienza o per<br />
timore delle responsabilità? Mazzini, lui, non conobbe questi timori: egli si sentì sempre all’altezza di qualsiasi<br />
situazione, né mai ebbe venerazione alcuna per la vecchiaia, non apprezzando quelle qualità di moderazione,<br />
di saggezza, di previdenza che solo son privilegio e frutto degli anni.<br />
La parola vecchio era per lui sinonimo d’ingiuria: si mostrava intollerante con tutti gli uomini attempati ed<br />
avrebbe voluto allontanare dai moti rivoluzionari ogni individuo che avesse una ruga in fronte! Più tardi le sue<br />
opinioni dovettero modificarsi, poiché avrebbero condannato anche lui all’inazione; ma a Marsiglia, circondato<br />
da giovani proscritti, dava libero sfogo alle sue repugnanze: se le insurrezioni del 1831, scriveva, eran fallite<br />
ovunque in Italia, si doveva a chi le guidava, agli antichi carbonari, borghesi, professionisti, gente prudente e<br />
d’età che non aveva avuto fiducia nel popolo e che, del resto, col sangue ghiacciato nelle vene, non avrebbe<br />
saputo infiammarlo e trascinarlo alla conquista della libertà.<br />
In una lettera a Giuseppe Giglioli, a cui l’Epistolario 1 assegna la data del 25 febbraio 1832, Mazzini scrive:<br />
“S’io dovessi seguire gl’impulsi del cuore, manderei al diavolo quanti uomini mi passano a un miglio di<br />
circonferenza con chiome grigie e rughe alla fronte. Ogni dì più mi convinco che se v’è da trarre scintilla è<br />
dall’anime giovani, e ogni dì più vado transigendo e riavvicinandomi qualche vecchio perché si predica Unione,<br />
si grida che tutti gli elementi giovano più o meno, e forse a ragione, ed io non mi sento sì forte da potermi<br />
lanciare solo nella carriera e dire ai miei fratelli: Ho fatto io solo!...”.<br />
Come Abner parlando a Gioab, è la gioventù ch’egli invita, ch’egli chiama, ch’egli infiamma; tutte le sue<br />
speranze riposano sulle energie e sugli entusiasmi giovanili; a suo giudizio, ogni uomo giunto a quarant’anni<br />
diviene una quantità trascurabile. Un esercito di emigrati dai venti ai venticinque anni si stringe attorno a lui;<br />
con essi fonda nel 1831 la Giovine Italia associazione, la Giovine Italia giornale e la Società per la<br />
propagazione dei lumi in Italia. Come se l’appello indirizzato dalla sua voce vibrante alle energie più intime<br />
dell’essere, avesse esercitato un irresistibile magnetismo sulle anime di quei proscritti, di cui alcuni erano quasi<br />
fanciulli, tutti rispondono a ciò che egli da loro reclama: tutti diventan maturi precocemente come il loro capo e<br />
si dichiaran pronti a lavorare, a combattere, a morire per la causa santa della patria. Mazzini così scriveva a<br />
Pietro Giannone in proposito: 2<br />
“Volendo pure cacciare innanzi il sistema nostro ho dovuto esaltare la gioventù e ingigantirla ai suoi proprii<br />
occhi. Vinto oggi o quasi quel primo tumulto ch’io prevedeva, ch’io suscitai deliberatamente perché mi pareva<br />
necessaria una separazione fra chi vuole essere forte e chi è debole o peggio, io scemerò gradatamente le mie<br />
lodi ai giovani, serbandole ai fatti”.<br />
Mazzini del resto ben poteva aver fiducia nella gioventù italiana: le sue lettere al Melegari indicano nel mittente<br />
e nel destinatario una così grande maturità d’intelletto, una sì completa <strong>cultura</strong>, una così profonda conoscenza<br />
delle condizioni geografiche, storiche e morali dell’Italia, che par quasi ascoltare uomini rotti agli affari ed a cui<br />
l’esperienza abbia insegnato come si debba ricostruire uno Stato.<br />
William Pitt, è vero, fu ministro a ventidue anni, e parecchi generali della Rivoluzione e dell’Impero<br />
conseguirono i loro gradi prima dei venticinque, ma per noi, figli di un’epoca in cui si giunge alla celebrità e alla<br />
fortuna solo con le tempie infossate e i capelli inargentati, la meraviglia è grande e saremmo quasi tentati,<br />
leggendo le loro lettere, di mettere in dubbio gli atti di nascita dei proscritti dal 1831-32.<br />
Si parla molto dei progressi dei nostri tempi per quanto riguarda sovratutto gli studii e lo sviluppo intellettuale;<br />
ma paragonando alla gioventù attuale quella d’allora, “ad un tempo meditativa ed ardita, cosciente delle sue<br />
responsabilità, penetrata de’suoi doveri e pronta al sacrificio, il cuore si stringe; valeva la pena di soffrir tanto e<br />
tanto lottare per dare agl’Italiani una patria e un ideale, se frutto di tutte queste rinunzie e di tutti questi dolori<br />
dovevano poi essere le generazioni attuali malcontente e materialiste?<br />
Colla fondazione della Giovine Italia, Mazzini, ispirandosi alle grandi rivoluzioni italiane che ebbero per moto e<br />
insegna il popolo, fece succedere l’associazione alla setta, ed ai simboli ed ai misteri, in cui era avvolta la<br />
Carboneria, la luce di una società aperta e palese. La Giovine Italia non doveva rappresentare un semplice<br />
partito politico, ma una fede e un apostolato. Mazzini insegnava che la vittoria non si conquista che con la fede<br />
nei principii, col rispetto di tutto quanto è giusto e vero, col sacrificio e con la costanza nel sacrificio; come<br />
individui o come nazione gl’Italiani avevano una missione da compiere, data loro da Dio; la legge del dovere li<br />
costringeva a seguirla; la legge del progresso prometteva loro il trionfo. Alla voce del profeta tutti si levarono, e<br />
fu davvero questo momento unico e solenne nella storia del Risorgimento Italiano.<br />
Si è detto di Mazzini ch’egli aveva una grande fiducia negli uomini ed una illimitata in se stesso; 3 Gustavo<br />
Modena scriveva in proposito al Melegari:<br />
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