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Scuola e Cultura - Ottobre 2009 - scuola e cultura - rivista

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<strong>Ottobre</strong> <strong>2009</strong><br />

Era un tempo in cui, ogni supermercato,<br />

era poco, se non per niente, affollato.<br />

Ogni pasto, che fosse burro,<br />

olio o formaggio,<br />

era tutt’altro che proteine, zuccheri<br />

o un buon ortaggio.<br />

Il pesce scaduto veniva truccato,<br />

l’arsenico nei frutti troppo concentrato,<br />

il pollo impillolato 1 e ben ingrassato<br />

ed il grasso dei muli per l’olio distillato.<br />

Non c’era giorno in cui, qualche telegiornale,<br />

non rendesse triste il povero,<br />

già sfortunato manovale.<br />

La carica busta della buona spesa,<br />

prima dava a lui una felicità accesa.<br />

Gioie, melanzane e carte porose,<br />

eran ormai da quegli inganni corrose.<br />

Ora gli ispirava tanto timore,<br />

ma lui non voleva nessun farmaco:<br />

odiava il dottore.<br />

Decise così ogni suo sforzo d’impiegare,<br />

per cibi genuini ovunque cercare.<br />

Voleva allontanare la sua numerosa famiglia,<br />

dagli speculatori che rovinavan ogni meraviglia.<br />

Tutte le mattine, andando al suo magazzino,<br />

notava chi aveva amo, esca e retino.<br />

Capì perciò che quella era la via;<br />

si disse dunque: “Sfamerò casa mia!”.<br />

Quando le giornate decisero d’allungarsi,<br />

Marcovaldo pensò al fiume di recarsi.<br />

Il ruscello in città raccoglieva spazzatura,<br />

lì nuotavan vari rifiuti e scoli di fognatura.<br />

Quell’acqua innocente dall’uomo sporcata,<br />

nel suo stomaco vuoto s’era tutta infilata.<br />

Gli ispirava orrore, profonda ripugnanza,<br />

voleva da essa una buona lontananza.<br />

Prendeva per i sentieri, le strette stradine,<br />

ammirava cespugli, fiori e piantine.<br />

Camminava fino a un tratto col suo motorino,<br />

lo abbandonava poi nascosto in un angolino.<br />

Una volta però fra le ripe si smarrì<br />

e ad uno slargo del fiume lui presto finì.<br />

Era splendido, d’un colore azzurrino,<br />

pareva un laghetto, quasi un bacino.<br />

La sua felicità divenne quasi immensa,<br />

la sua emozione: fresca e densa!!<br />

La gioia poi gli arrivò alle stelle:<br />

tinche che saltavano, insieme, belle.<br />

Non c’era nessuno, era tutto deserto,<br />

un posto da lui solo forse scoperto.<br />

Silenzio, pace e tranquillità,<br />

un paradiso incantato, altro che città.<br />

Tornando a casa, già all’imbrunire,<br />

incise segni, raccolse pietre a non finire.<br />

Ormai di quel posto s’era innamorato,<br />

Marcovaldo di sicuro non l’avrebbe lasciato.<br />

41<br />

Così, tra amici e colleghi, promesse e allusioni,<br />

riuscì a raccoglier lenza, amo, esca, canna e stivaloni.<br />

Una mattina, allora, due ore di tempo,<br />

si recò in quel luogo col suo equipaggiamento.<br />

Preparò la sua esca, gettò la lenza,<br />

le tinche abboccavano alcun sospetto senza.<br />

Dato che così era un gioco per bambini,<br />

provò con la rete: bravi pesciolini?<br />

Sì, eran buoni e proprio ben disposti,<br />

si buttavan a capofitto, non s’eran nascosti.<br />

Quando giunse l’ora di andare a lavoro<br />

Marcovaldo aveva un ricco e prezioso tesoro.<br />

Arrivò però un uomo con d’una guardia il cappello<br />

e disse al manovale che aveva fatto il monello.<br />

Gli diede una cattiva, orrenda notizia,<br />

in cima al monte c’era un’antipatica “tizia”:<br />

era una fabbrica di vernici colorate,<br />

da cui nubi variopinte eran state buttate.<br />

Fumo multicolore, d’un turchese-violetto,<br />

con l’acqua ed i pesci aveva fatto un terzetto.<br />

Fiume e tinche eran avvelenati,<br />

ecco perché i pesci non s’eran liberati.<br />

Voleva gettarli, era schifato,<br />

solo l’odore l’aveva avvelenato.<br />

Ma avrebbe fatto una misera figura,<br />

lui che accettava cibo-spazzatura?!<br />

Per questo più volte alla guardia mentì,<br />

ma nessuna ragione ella sentì.<br />

Non trovava più scuse: cosa avrebbe detto?<br />

Rigettava già pesci e dolore nel laghetto.

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