Scuola e Cultura - Ottobre 2009 - scuola e cultura - rivista
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<strong>Ottobre</strong> <strong>2009</strong><br />
sciupate le colture) si presenta luogo di intense<br />
emozioni in Rilke (la notte all’improvviso si dilata fuori<br />
dalle spore del tempo, apre prospettive inconsuete).<br />
E per La sera colta da Rilke notevole, accanto al<br />
felice «weithin», il senso profondo della Natura che<br />
parla al poeta direttamente in prima persona (nel<br />
testo leopardiano, già), accentuato dalla proposizione<br />
relativa «die Natur die uralte voll Allmacht», lui che<br />
ha sentito la vibrazione dell’Universo a Duino, stando<br />
aderente a un albero proteso obliquo nel vuoto, e il<br />
soffio «uralte» dal mare di Capri, quando l’albero di<br />
fico matura sotto il raggio della luna La potenza<br />
della Natura! Il senso segreto delle cose,<br />
quell’animarsi misterioso di quanto a prima vista e<br />
normalmente sembra inerte, senza peso. Siffatta<br />
Natura toglie «anche» la speranza, un vanificare<br />
intensificato nel ripensamento rilkiano come<br />
drammatico teso (non ‘antico’ ma ‘moderno’),<br />
appunto «sogar» (die Hoffnung) con qualcosa di<br />
movimentato. Ma movimentato nel contrapposto<br />
tono di forza, la Natura, e di fragile emotività, gli<br />
occhi, con il loro brillare morbido di pianto, dove il<br />
tocco leopardiano sta in quel «se non» che esclude<br />
ogni altra ipotesi di causa e suona come auspicio<br />
grave riduttivo per la facoltà benefica del pianto.<br />
Pianto e canto, pianto nel canto, pianto cantato<br />
(diremmo, «sì che cantando il duol si disacerba»?).<br />
Strapotere e animo esposto, dolente. Leopardi: «e<br />
l'antica natura onnipossente, / che mi fece all'affanno.<br />
A te la speme / nego, mi disse, anche la speme; e<br />
d'altro / non brillin gli occhi tuoi se non di pianto».<br />
Rilke: «und die Natur die uralte voll Allmacht / die<br />
mich zum Grame geschaffen. / Dir weigr ich, sprach<br />
sie / dir, die Hoffmung, sogar die Hoffnung und<br />
anderes / soll dir nicht schimmern das / Aug, es sei<br />
denn vom Weinen». Appena adombrata, qui, la<br />
psicologia delle lacrime, presente nel motivo iniziale<br />
della X delle Elegien (v. 6), entro un momento certo<br />
diverso però caratterizzato dalla «Klage», dal<br />
manifestarsi del pianto, altrimenti «nascosto»,<br />
«unscheinbar», attraverso le lacrime luccicanti,<br />
rendendo così il volto più splendente (nel gioco del<br />
manifesto/non manifesto, del vedere/non vedere,<br />
affinché «das unscheinbare Weinen / blühe»).<br />
6. Ma procedendo (indietro), quanto poteva esser<br />
capito Michelangelo poeta e artista con le altre<br />
personalità del suo tempo fra principi e<br />
comportamento sociale. Quanto Petrarca da Rilke,<br />
un Rilke così singolare in questa linea tematica di<br />
interessi, su quale punto (come la solitudine e<br />
l’interiorità a proposito di Leopardi, e particolarmente<br />
l’invisibile e l’infinito spazio), se un Saba non aveva<br />
simpatia per Petrarca (nemmeno Slataper), pur nella<br />
ben grande fortuna diffusasi già nell’Europa<br />
dell’Umanesimo, e specie in Francia (che lo sentiva<br />
in un’ottica francese).<br />
Se Leopardi già lui ammirava ma in modo non pieno<br />
Petrarca. Cioè lo vedeva come un grande autore<br />
fuori da una linea di sintonia con il suo tempo storico<br />
o da una sintonia che lui Leopardi intendeva. In ciò<br />
come anche il De Sanctis aveva poi inteso dire nel<br />
suo grande quadro storiografico della letteratura<br />
italiana. Se è consentita una commistione, Leopardi<br />
a suo modo avvertirebbe in Petrarca quel mancato<br />
maturare, quel «Reifen» non ancora raggiunto, che<br />
12<br />
Rilke denunciava dal canto suo non pienamente<br />
realizzato nella civiltà italiana del Quattro-<br />
Cinquecento, una grande primavera, una stagione di<br />
annunci che non ha avuto la sua maturazione, un<br />
compimento.<br />
L’Amore presente in tutte le epoche (Saffo, Catullo,<br />
gli Amores e l’Ars amatoria e i Remedia Amoris di<br />
Ovidio, Les Amours di Ronsard, Astrophel di Ph.<br />
Sidney, e Juan de la Cruz, e Malherbe, gli Amori del<br />
Savioli Fontana, il De l’Amour di Stendhal),<br />
onnipresente, pur se coesistente con il suo opposto,<br />
con le varie gamme di ciò che proprio amore non è.<br />
Amore silenzioso appartato, o manifesto e acceso.<br />
Amore isolato in solitudine e Amore a livello sociale,<br />
un sentimento con funzione sociale, fuori dal singolo<br />
individuo quanto dalla coppia in sé, fenomeno che si<br />
osserva e si studia. Tutto ciò in un modo pacato<br />
nell’Umanesimo e nel Rinascimento. Viceversa in un<br />
modo sfrenato/sbilanciato anche per via sottile,<br />
quando l’amore si configura al punto da non essere<br />
più tale e da riuscire alterato in una gamma di<br />
tensioni sino all’odio, al drammatico e al tragico.<br />
Così si fa sentire, dal meno al più grave, il rebus del<br />
vivere, ossia il mistero del comportamento umano,<br />
dove tanta parte ha l’Amore, questo spirito costruttivo<br />
nella sua interezza dinamica.<br />
«Ariosto guarda con distacco ironico ai limiti e alle<br />
debolezze della condizione umana […] proprio<br />
mentre tratta argomenti di grande importanza,<br />
spesso alludendo ai maggiori poeti antichi e moderni:<br />
[…] le citazioni colte diventano spesso parodie.<br />
Emblematica […] è l’impresa del recupero del senno<br />
di Orlando, che riacquista così nel finale il proprio<br />
equilibrio mentale e la propria identità. [… sale] sino<br />
al mondo della Luna luogo metaforico dove finiscono<br />
le cose perdute a causa di pazzeschi eccessi (nel<br />
linguaggio del tempo il pazzo veniva anche chiamato<br />
“lunatico” perché si riteneva che la sua malattia<br />
avesse a che fare con le fasi della luna). Sulla luna<br />
tutta la realtà umana appare giocosamente ribaltata,<br />
in modi fantastici: qui si ritrovano tutti gli scarti della<br />
vita umana, tutto ciò che l’uomo per colpa sua o della<br />
fortuna, smarrisce, spreca o consuma» 26 . (Un<br />
mondo, anche nella sua mirabile armonia tonale, che<br />
non risponde per questo alla lezione petrarchesca) 27 .<br />
Laddove il Tasso apre a un mondo tormentato e<br />
incerto sul filo del sospetto e del male, dalle<br />
turbolenze sulla scena epica quanto nelle pieghe<br />
dell’animo, un mondo da tener presente anche per<br />
uno dei dialoghi di lui Il Cavaliere amante e la<br />
Gentildonna amata e per quello della malinconia e<br />
della pietà amorosa de I Bagni o vero della Pietà da<br />
parte dell’amata all’amante o per quello de La Molza<br />
o vero de l’Amore. «Ahi lacrime, ahi dolore / passa<br />
la vita e si dilegua e fugge, / come giel che si strugge.<br />
// […//..] / Che più giova amicizia o giova amore? /<br />
Ahi lagrime, ahi dolore!» (Re Torrismondo, Atto V,<br />
Coro). L’accento solenne di grave inquietudine<br />
pervade tutto il Tasso nelle sue componenti. Un<br />
concetto di Amore diverso da quello che Rilke<br />
cercava, d’altra parte vicini i due concetti per quel<br />
senso di caducità, di estenuazione che lascia filtrare<br />
quanto rimane di importante dal superfluo (una<br />
caducità tragica non troppo avvertita da un Rilke<br />
preso dal declino delle cose, dal loro cadere non<br />
negativo). Del pari l’invocazione accorata «Amiam,