Scuola e Cultura - Ottobre 2009 - scuola e cultura - rivista
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<strong>Ottobre</strong> <strong>2009</strong><br />
<strong>Scuola</strong> e potere politico: perché in conflitto?<br />
Un magistrato calabrese della Dia, cioè della<br />
Direzione investigativa antimafia, in una<br />
intervista fatta in una trasmissione su<br />
un’emittente nazionale, ha espresso un parere sul<br />
quale è necessario riflettere. Ha affermato che<br />
l’istituzione politica ha normalmente interesse<br />
affinché non ci siano né una magistratura forte né<br />
una <strong>scuola</strong> efficiente. Che nella contrapposizione tra<br />
potere politico, inteso nella espressione<br />
dell’esecutivo più che dell’organo legislativo, e potere<br />
giudiziario possano sorgere dei contrasti, può essere<br />
non condivisibile ma comprensibile. Da quando, a<br />
fine Settecento, si pose il problema della divisione dei<br />
tre poteri, questo pericolo è stato sempre latente.<br />
L’affermazione che, invece, chiede a noi una forte,<br />
ulteriore riflessione è quella che sospetta che ci sia<br />
un interesse del potere politico ad avere<br />
EDITORIALE<br />
un’istituzione formativa di basso profilo. Per quanto la<br />
convinzione di quel magistrato non sia un dogma,<br />
potremmo trovare dei riscontri nella storia del nostro<br />
paese. Mi raccontavano, molto tempo fa, che un<br />
uomo moderato e illuminato come il liberale Giovanni<br />
Malagodi, negli anni Cinquanta, affermava che la<br />
<strong>scuola</strong> è una realtà improduttiva e che, pertanto, non<br />
conveniva investire in quel settore. Quello che sta<br />
avvenendo oggi in Italia pare confermare quella tesi<br />
di discredito. Certo, la <strong>scuola</strong> non produce né scarpe<br />
né salumi, ma è nata per produrre <strong>cultura</strong> ed<br />
educazione. D’accordo: spesso non lo fa o non ci<br />
riesce. Ma è solo colpa del corpo docente e<br />
dirigente?<br />
Siamo convinti con la <strong>scuola</strong> italiana, quella<br />
dell’obbligo, funzioni e regga bene. In cambio di quali<br />
riconoscimenti? Docenti “precari”, che hanno<br />
insegnato per anni, mandati a<br />
casa, riduzione di scuole e classi,<br />
tagli drastici ai finanziamenti. Non<br />
parliamo di quello che sta<br />
subendo l’Università pubblica… A<br />
questo si aggiunga l’immagine<br />
infamante del dipendente pubblico<br />
“fannullone” che offende categorie<br />
e categorie di lavoratori che<br />
vivono del lavoro come<br />
affermazione di sé, anche quando<br />
la retribuzione è irrisoria se non<br />
umiliante.<br />
Ma perché infierire proprio con la<br />
<strong>scuola</strong>? Perché la <strong>scuola</strong> o la si<br />
irreggimenta, come è avvenuto e<br />
avviene in tutti gli Stati forti, o<br />
diviene il bacino della riflessione,<br />
della elaborazione critica e,<br />
spesso, del dissenso e<br />
dell’alternativa. Con la differenza<br />
che tutto ciò avviene non per<br />
imposizione ma attraverso un<br />
confronto e un dialogo liberi,<br />
aperti, senza conclusioni<br />
prefissate. Senza che nessuno<br />
venda il cervello all’ammasso:<br />
l’istituzione formativa nasce<br />
sempre così. Altrimenti non forma<br />
ma indottrina. Che la <strong>scuola</strong> sia<br />
messa in castigo per la sua natura<br />
emancipante? Sospetto diabolico<br />
che cancelliamo subito.<br />
Giovanni Invitto<br />
Disegno di Serena Piccinno, 3 A<br />
a.s. 2008-<strong>2009</strong><br />
<strong>Scuola</strong> Secondaria di primo grado<br />
Palmariggi<br />
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