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Scuola e Cultura - Ottobre 2009 - scuola e cultura - rivista

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<strong>Ottobre</strong> <strong>2009</strong><br />

II. Vi è una notevole differenza, nel rapporto cognitivo<br />

che collega docente e discente, tra le esigenze della<br />

fase di formazione, che richiede particolarmente (in<br />

qualsiasi campo del sapere, anche in quello delle<br />

professioni di punta nella scena mondiale) quel tipo<br />

di facoltà linguistica da parte del docente, e le<br />

esigenze della fase di specializzazione,<br />

effettivamente dedicata a predisporre i discenti a un<br />

facile contatto con i circuiti mondiali della scienza e<br />

delle attività professionali. È, quest’ultimo, il motivo<br />

che giustifica anche la scelta dell’inglese per la<br />

produzione scientifica scritta, destinata a circolare<br />

ampiamente nel mondo: una ragione pratica,<br />

beninteso, non intrinseca a una presunta maggiore<br />

rispondenza di quella lingua al ragionamento<br />

scientifico. (Quando si farà luce, nella mente di molti,<br />

distinguendo tra stile degli scriventi e proprietà della<br />

lingua, questioni di terminologia a parte?)<br />

III. Le generazioni via via crescenti hanno senza<br />

alcun dubbio bisogno di giungere all’Università con<br />

una buona conoscenza della lingua inglese. Ma<br />

non si può chiedere, per troppe ovvie ragioni, che<br />

questa conoscenza sia di alto livello già al momento<br />

dell’ingresso del giovane all’Università. Ci<br />

permettiamo di segnalare, in proposito, che<br />

l’Accademia della Crusca in molte occasioni, e senza<br />

mezzi termini, ha riconosciuto all’inglese la funzione<br />

insostituibile di strumento unificante nell’odierno<br />

mondo del sapere e dell’agire – nella misura e nelle<br />

direzioni in cui questa unificazione è opportuna e<br />

necessaria – e insiste anche sulla funzione<br />

parificante che tale lingua ha nei confronti di tutte le<br />

altre lingue. Argomento, quest’ultimo, atto a<br />

sostenere che l’ampliamento del patrimonio<br />

linguistico dei singoli individui, oltre i confini della<br />

lingua materna e della lingua di comunicazione<br />

mondiale, deve, oggi, poter seguire interessi quanto<br />

mai diversificati: e ciò, non solo per motivi di libera<br />

scelta <strong>cultura</strong>le personale, ma per creare altre porte<br />

di comunicazione diretta tra gli abitanti dei più diversi<br />

Paesi.<br />

IV. La formazione linguistica delle nuove<br />

generazioni deve continuare ad essere perseguita<br />

specificamente al livello degli studi universitari,<br />

nelle due fondamentali direzioni utili: sia per innalzare<br />

la competenza della già conosciuta lingua seconda<br />

(l’inglese, nelle specificazioni appropriate agli studi<br />

disciplinari), sia per un ulteriore e articolato<br />

consolidamento e sviluppo delle competenze nella<br />

lingua italiana.<br />

Richiede subito delle puntualizzazioni l’ultima delle<br />

quattro proposte.<br />

La presenza di insegnamenti di inglese in diverse<br />

Facoltà universitarie è una realtà già variamente<br />

esistente nei nostri Atenei, ma andrebbe certo<br />

rafforzata e indirizzata, come via parallela per<br />

attenuare l’anglicizzazione diretta dei corsi.<br />

Dovrebbe poi essere salutata come un’innovazione di<br />

grande portata l’istituzione diffusa di corsi<br />

universitari d’italiano. Crescono di anno in anno da<br />

tutte le Facoltà le richieste, rivolte per lo più ai<br />

docenti di linguistica italiana, di porre riparo alle gravi<br />

carenze che moltissimi studenti presentano nell’uso<br />

scritto della nostra lingua. I corsi sono stati istituiti<br />

quasi dappertutto, ma assumono facilmente un<br />

carattere del tutto accessorio, quasi di luogo della<br />

curiosità linguistica, che attrae percentuali minime e<br />

quasi nulle di studenti delle Facoltà non letterarie.<br />

Sarebbe ora di considerare la questione con criteri<br />

ben diversi. Non si tratta solo di colmare lacune,<br />

spesso gravi, lasciate dall’azione insufficiente della<br />

<strong>Scuola</strong> secondaria, ma di configurare un segmento<br />

propriamente universitario nel percorso di<br />

sviluppo della competenza linguistica per i giovani<br />

che accedono a questo grado di studi. La civiltà<br />

sempre più complessa in cui viviamo richiede, infatti,<br />

un iter di educazione linguistica generale più lungo di<br />

quello fin qui previsto e, a un certo punto, un rapporto<br />

più stretto tra l’esercizio della lingua e i contenuti<br />

<strong>cultura</strong>li che stanno diventando anche professionali.<br />

È fin troppo evidente che, attuando in tutte le Facoltà<br />

iniziative in quest’ultima direzione, si crea lo spazio<br />

per accostare alla conoscenza della lingua e della<br />

<strong>cultura</strong> italiana anche i tanto attesi e blanditi ospiti<br />

esteri delle nostre Università.<br />

Francesco Sabatini<br />

Riproduciamo questo scritto di Francesco Sabatini,<br />

pubblicato nel periodico “La Crusca per voi” (num.<br />

35, ottobre 2007, pp. 1-3), per gentile concessione<br />

dell’Autore e dell’Accademia, che ringraziamo.<br />

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