intero documento - Lettere e Filosofia - Università degli Studi di ...
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Per Mircea Popescu – professore, giornalista e uomo <strong>di</strong> cultura - l’esilio<br />
significa prima <strong>di</strong> tutto la libertà <strong>di</strong> far ricerca e <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care<br />
oggettivamente le realtà politiche e culturali <strong>di</strong> Romania. […] Ma per<br />
lui l’esilio significa anche il dovere <strong>di</strong> continuare la tra<strong>di</strong>zione culturale<br />
romena, interrotta in Romania. (Mircea Eliade).<br />
CONCLUSIONE<br />
Abbiamo così visto i nomi che mi sono sembrati più significativi dal punto <strong>di</strong> vista del<br />
contributo reale che hanno portato allo sviluppo delle relazioni interculturali tra la Romania e<br />
l’Italia, fino al 1989. Dopo questa data, dopo cioè la caduta del regime <strong>di</strong> Ceauşescu, la realtà<br />
cambia totalmente. Non si può più parlare <strong>di</strong> un esilio forzato, costretto da una realtà durissima<br />
come quella della <strong>di</strong>ttatura comunista. Dopo l’ ‘89 l’emigrazione cambia aspetto in maniera<br />
ra<strong>di</strong>cale passando da un’emigrazione d’élite ad una <strong>di</strong> massa.<br />
Prima, la maggior parte <strong>degli</strong> intellettuali romeni che venivano in Italia lo facevano tramite<br />
borse <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, chiedendo in seguito, a volte, asilo politico.<br />
Dopo la cosiddetta “rivoluzione”, quelli che sono arrivati in Italia non lo hanno più fatto<br />
con l’intento <strong>di</strong> lottare contro il regime del proprio paese ma per ragioni più economiche. La nuova<br />
situazione politico-economica alimenta il nuovo tipo <strong>di</strong> emigrazione, molto più massiccia, ma<br />
meno interessata a portare avanti gli sforzi compiuti dai predecessori. Questa attitu<strong>di</strong>ne va in<br />
qualche modo <strong>di</strong> pari passo con la situazione politico-economica, sempre mutevole. L’onda delle<br />
trasformazioni che parte dall’alto, porta con sé tutta una serie <strong>di</strong> mutazioni mentali e <strong>di</strong> esigenze<br />
che si rispecchiano poi nello spostamento della gente in base alle necessità proprie. Si passa<br />
dunque da un’emigrazione esigua e limitata ad una <strong>di</strong> massa. E non solo: cambia,<br />
contemporaneamente, la motivazione intrinseca. E’ ovvia e conosciuta la ragione per quale<br />
arrivano gli immigrati dall’Est europeo e cioè quella <strong>di</strong> cercare <strong>di</strong> alzare il proprio standard <strong>di</strong> vita.<br />
C’è <strong>di</strong> sicuro la <strong>di</strong>stinzione tra il tipo <strong>di</strong> emigrati che arrivavano prima del ’89 e il tipo<br />
rappresentato successivamente: se prima si migrava verso l’Ovest con l’intenzione <strong>di</strong> potersi<br />
sviluppare spiritualmente, <strong>di</strong> accedere a strutture dove poter stu<strong>di</strong>are quello che in Romania era<br />
vietato, <strong>di</strong> scappare da un regime oppressivo, ora neanche chi ha voglia <strong>di</strong> “far carriera” non riesce<br />
più a <strong>di</strong>ssociare questo motivo dall’altro, più stringente, che è la ricerca <strong>di</strong> una vita materiale<br />
<strong>di</strong>gnitosa. Prima eravamo rifugiati politici, oggi ci potremmo chiamare “rifugiati economici”.<br />
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