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intero documento - Lettere e Filosofia - Università degli Studi di ...

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Non esistono più rifugi - Octavian Paler 22<br />

22 Octavian Paler, scrittore e saggista romeno. L’articolo è tradotto dal giornale România liberă del 7 giugno 1994.<br />

24<br />

[ DOCUMENTO 1 ]<br />

A parte i gravi problemi <strong>di</strong> carattere, i nostri demagoghi hanno seri problemi con la lingua romena. I mascalzoni<br />

non hanno aperture <strong>di</strong> vista, ma vedono al livello delle galline. Manca loro la classe per uscire dalla me<strong>di</strong>ocrità. Le canaglie<br />

hanno qualcosa <strong>di</strong> meschino. La loro abiezione non ti dà brivi<strong>di</strong>, solo una sensazione <strong>di</strong> nausea. Cosicché la tristezza <strong>di</strong> non<br />

avere, a parte poche personalità politiche necessarie in tempi <strong>di</strong>fficili, pieni <strong>di</strong> pericoli, si completa con la <strong>di</strong>sperazione che<br />

stiamo vivendo una trage<strong>di</strong>a, quando in realtà ci imbattiamo in continuazione in una comme<strong>di</strong>a scadente. Un presidente che<br />

non capisce che ci troviamo non solo in un’impasse economica, ma ad<strong>di</strong>rittura nazionale, <strong>di</strong>gnitari a iosa, parlamentari<br />

corrotti, furbi che hanno fatto della loro sfacciataggine un’arma, preti e prelati che sono pronti a bene<strong>di</strong>re chiunque,<br />

mescolando Dio in tutte le pagliacciate, consiglieri ruffiani, “patrioti” che si immaginano che il patriottismo si <strong>di</strong>mostri con gli<br />

urli, borsaneristi senza scrupoli, fannulloni con arie da “leader”, come non sentire il desiderio <strong>di</strong> svignarsela? Capisco quelli<br />

che non guardano più in<strong>di</strong>etro.<br />

Ma dove andare? L’ho detto ancora, l’Occidente è <strong>di</strong>ventato, nell’ultima metà del secolo, quello che tra<strong>di</strong>zionalmente,<br />

nella nostra storia, è stata la foresta. Né i barbari né i turchi, né i soldati dei signori avevano mezzi per rovistare tra le<br />

montagne e beccare quelli che vi erano nascosti. Dopo la seconda guerra mon<strong>di</strong>ale però, la foresta non è più stata un<br />

rifugio. Quelli che sono andati a resistere nelle montagne contro l’ “or<strong>di</strong>ne” portato dai carri armati sovietici, sono stati<br />

braccati e decimati dalle truppe della Securitate. Molti romeni sono scappati allora nell’Occidente, come un tempo nella<br />

selva. Questo bosco, però, non si è <strong>di</strong>mostrato “fratello del romeno”, come <strong>di</strong>ce il proverbio. L’Occidente ha offerto a molti<br />

l’asilo politico.<br />

Ad alcuni, esso ha offerto loro ad<strong>di</strong>rittura la chance <strong>di</strong> fare una carriera. Tuttavia, temo che altra era la solitu<strong>di</strong>ne in<br />

una foresta per quelli che, una volta, vi scappavano. Essa non assomigliava, suppongo, alla solitu<strong>di</strong>ne che provi in un<br />

mondo dove, anche quando sei accettato, non puoi essere simile agli altri. Credo che noi abbiamo idealizzato l’Occidente<br />

dandogli un’aureola <strong>di</strong> El Dorado. In realtà questo El Dorado, funzionando secondo altre leggi rispetto a quelle che si<br />

aspettavano gli emigrati est-europei, ti obbliga (è la mia impressione) a straniarti da te stesso per sentirti meno straniero.<br />

Forse la nostalgia del paese perso è, consapevolmente o meno, prima <strong>di</strong> tutto, la nostalgia <strong>di</strong> un’identità persa; un’identità<br />

che non ti serve più in una civiltà troppo ossessionata dalla teologia del progresso, dove c’è sempre meno spazio, pare, per<br />

quelli che si ostinano <strong>di</strong> credere che si può decadere anche nella prosperità. Chi immagina che io stia scherzando con le<br />

parole mi <strong>di</strong>ca se in quei 300 e non so quanti episo<strong>di</strong> del serial Dallas ha intravisto per caso un libro o qualcuno<br />

leggicchiando un libro. Temo che, pur <strong>di</strong>scutendo sempre della “reintegrazione in Europa”, noi ci siamo affrettati <strong>di</strong> piazzare<br />

l’Europa nell’Occidente. E <strong>di</strong>co questo perché mi convinco sempre <strong>di</strong> più che, a sua volta, l’Occidente europeo si è<br />

<strong>di</strong>seuropeizzato nell’ultima metà del secolo. Noi ci siamo asiatizzati. L’Occidente si è americanizzato. Mi chiedo: dove sta<br />

ancora l’Europa? Forse, solo, in una zona sempre più sottile tra lo spazio gregario dell’Asia e l’ossessione pragmatica<br />

dell’America.<br />

Di conseguenza, il problema che mi pongo è questo: cosa scegliere tra una “transizione” maledetta, dove tutti i tanfi<br />

della corruzione ti riempiono <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgusto, e una partenza alienante? Non esistono più “foreste”, non esistono più rifugi. Così<br />

che l’ultima soluzione resta, comunque, quella <strong>di</strong> fare or<strong>di</strong>ne a casa.

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