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iculum, è sempre richiesto di aver studiato presso<br />
una scuola di Medicina tropicale riconosciuta<br />
a livello europeo. In Italia l’unico istituto che<br />
ha questa caratteristica è quello di Brescia. Proprio<br />
nella sede di Brescia, MSF gestisce la settimana<br />
sulle emergenze sanitarie che è compresa<br />
nel master in Medicina tropicale.<br />
Come vengono reclutati i medici per le singole<br />
missioni?<br />
A seconda dell’emergenza o del progetto che<br />
affrontiamo. Solo per fare un esempio, se prevediamo<br />
di trovarci di fronte a pazienti con malattie<br />
infettive è chiaro che invieremo infettivologi<br />
o personale con alle spalle una significativa<br />
esperienza in quel campo.<br />
Come è organizzata MSF?<br />
A livello internazionale esistono cinque sezioni<br />
operazionali, Francia, Belgio, Olanda, Svizzera e<br />
Spagna, le prime ad essere organizzate tra gli<br />
anni ’70 e ‘80. Sono queste sezioni ad avere le<br />
capacità tecniche di elaborazione di progetti in<br />
ogni parte del mondo dopo che è stata individuata<br />
la necessità di intervento e valutato se esiste<br />
la relativa copertura finanziaria. Negli anni,<br />
con la partecipazione alle iniziative di MSF di sanitari<br />
di nazionalità diverse, nacque l’esigenza<br />
di avere sezioni dell’associazione anche in altri<br />
Paesi. Fu così che videro la luce le sezioni-partner,<br />
ad oggi ben 14, compresa quella italiana.<br />
Dal <strong>20</strong><strong>05</strong> alcuni progetti vengono gestiti operativamente<br />
anche da Roma : si tratta dei programmi<br />
che si svolgono in Colombia, Perù, Haiti<br />
ed Etiopia.<br />
Come si sostiene economicamente MSF?<br />
Il segreto della reale indipendenza politica è l’indipendenza<br />
economica. Non è possibile ricevere<br />
fondi da un governo o da multinazionali senza<br />
correre il rischio di dover, poi, tenere conto<br />
della politica che svolge quell’istituzione. In quest’ottica,<br />
l’80% dei fondi di MSF proviene da<br />
privati cittadini e solo il restante <strong>20</strong>% è di provenienza<br />
pubblica. Questi ultimi sono fondi che<br />
offrono governi di nazioni che non hanno interessi<br />
specifici nelle aree dove operiamo, oppure<br />
che vengono dalla Comunità europea. Sempre<br />
per lo stesso motivo non prendiamo soldi dagli<br />
Stati Uniti, perché altrimenti rischieremmo a ragione<br />
di essere identificati con la politica americana.<br />
Ed i rapporti con il Governo italiano?<br />
Dal Governo italiano non percepiamo sostegno<br />
economico perché è troppo complicato a causa<br />
della burocrazia e poi per ora i soldi sarebbero<br />
pochi e vincolati. Con gli Enti locali il discorso<br />
è diverso: Regioni, province e Comuni erogano<br />
finanziamenti anche se di limitata entità,<br />
ma di grande valore simbolico.<br />
15<br />
Che collegamento avete con il Servizio sanitario<br />
del Paese nel quale intervenite?<br />
Noi dobbiamo avere uno collegamento con l’apparato<br />
sanitario locale dal momento che lavoriamo<br />
con i nostri medici nelle strutture pubbliche<br />
dei vari Paesi, portandovi i medicinali e impiegando<br />
il personale sanitario locale, quando<br />
necessario, con una retribuzione diretta. Dopo<br />
aver fatto tutto questo, trascorso un certo periodo,<br />
quando la struttura torna a regime la riconsegniamo<br />
alle autorità competenti.<br />
Siete impegnati anche in Italia?<br />
Si, per monitorare la situazione sanitaria degli<br />
immigrati, sia al momento degli sbarchi, sia quando<br />
sono dispersi nel territorio nazionale. Molti<br />
sbarcano in condizioni fisiche precarie, e abbiamo<br />
chiesto di poter essere presenti per intervenire<br />
nei casi di urgenza sanitaria, tenuto conto<br />
che la normativa prevede che un soggetto malato<br />
non può essere espulso: un clandestino malato<br />
deve essere prima curato e solo dopo espulso.<br />
Oltre a questo, si deve tenere conto che tra<br />
l’ingresso in Italia e l’espulsione passa del tempo<br />
durante il quale le persone si disperdono trovando<br />
occupazione come braccianti. Ebbene,<br />
noi abbiamo organizzato a Caserta, Ragusa, Foggia<br />
e Gioia Tauro diverse unità mobili per valutare<br />
lo stato di salute di questa popolazione e<br />
abbiamo verificato che molto spesso non provano<br />
neanche a ricoverarsi nelle strutture sanitarie<br />
italiane per paura di incorrere in problemi<br />
di natura legale. Collaboriamo quindi con le ASL<br />
per l’attivazione di quelle strutture semplici e a<br />
norma di legge che permettono da un lato di<br />
svolgere una corretta funzione di salute pubblica,<br />
e dall’altra evitare il sovraccarico dei Pronto<br />
soccorso. L’esperienza di Roma, Siracusa, Ragusa<br />
e Brescia dimostra come che oltre a migliorare<br />
la qualità del lavoro degli operatori pubblici,<br />
si ottiene anche un significativo risparmio<br />
economico.<br />
Dottor De Maio, vuole aggiungere qualcos’altro?<br />
Dal 1999 abbiamo lanciato, investendovi tutti i<br />
soldi derivanti dall’assegnazione a MSF del Nobel<br />
per la Pace, una Campagna affinché le popolazioni<br />
in situazione precaria possano disporre<br />
dell’accesso alle cure e quindi dei farmaci essenziali<br />
di qualità al minor costo. I risultati sino<br />
ad ora ottenuti sono rilevanti e non perdiamo<br />
occasione di svolgere un’opera di sensibilizzazione<br />
sull’argomento. Da quest’anno, poi, è stato<br />
chiesto ai nostri medici di prendere parte, come<br />
docenti, a corsi universitari presso alcune facoltà<br />
di medicina e farmacia per far conoscere<br />
questa tematica che evidentemente è ritenuta di<br />
importanza fondamentale non solo da noi. ■<br />
L’INTERVISTA