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Stampa ENPAM-Feb/05-1/20

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IL PROIETTORE<br />

Ho paura<br />

che ogni<br />

tanto il<br />

corpo non<br />

mi sostenga.<br />

Mi vengono<br />

sempre<br />

cose curiose<br />

60<br />

Intervista “seria-seria” al grande comico romano<br />

Al “dottor” Verdone<br />

gli fischia l’orecchio<br />

Si considera un grande diagnostico dal momento che<br />

questa sua qualità gli è stata riconosciuta da medici<br />

importanti. Ha azzeccato il farmaco per far tornare<br />

la voce ad un amico e ha “salvato” un depresso<br />

di Maricla Tagliaferri<br />

In un modo o nell’altro c’è sempre un medico<br />

nei suoi film. Quasi non te ne accorgi, perché<br />

spesso stanno sullo sfondo, come in “Un sacco<br />

bello”. A volte sono terribili come quel pedante<br />

che in “Viaggi di nozze” spinge la povera Veronica<br />

Pivetti ad un gesto estremo. E più di un malato<br />

la fa da protagonista: Regina Orioli è cieca in<br />

“Gallo cedrone”, Asia Argento è sulla sedia a rotelle<br />

in “Perdiamoci di vista”.<br />

Perché, signor Carlo Verdone?<br />

Perché la malattia, la precarietà della vita fa parte<br />

di noi. Odio quelli perfettini sempre pimpanti<br />

che la negano. Poi vai a casa loro e hanno gli scaffali<br />

pieni di medicine. Del resto mi considero un<br />

medico mancato.<br />

In che senso?<br />

La medicina mi ha sempre appassionato. Sono un<br />

grande diagnostico, come mi è stato riconosciuto da<br />

medici importanti. So individuare a prima vista un<br />

helicobacter, una diverticolite, un colon irritato. Ho<br />

in cura, diciamo così, una quarantina di amici, che<br />

mi telefonano a qualunque ora. E io rispondo come<br />

un vero medico: “Non mi disturbi affatto”. Ascolto<br />

e consiglio il medicinale giusto. Li conosco alla perfezione,<br />

quasi tutti li ho sperimentati su di me, perché<br />

ho avuto un sacco di magagne. Certo, quando<br />

il problema è serio mi fermo. Coi bambini neanche<br />

ci provo. Però ho avuto le mie brave soddisfazioni.<br />

Per esempio?<br />

Ho azzeccato il farmaco per far tornare la voce ad<br />

un amico attore che aveva provato di tutto. Ho risolto<br />

la depressione di un altro. Quello è stato davvero<br />

difficile. Anche lui aveva bussato a tutte le porte,<br />

finché gli ho detto: fidati di me. L’ho seguito per<br />

sei mesi, consultandomi ogni sera con un neurologo<br />

bravo. Alla fine ne è uscito: è stata una grande<br />

vittoria.<br />

Come le è venuta questa passione?<br />

Dal nostro medico di famiglia, il professor Gerardo<br />

D’Agostino, istopatologo primario al Regina Elena di<br />

Roma, che per amor nostro ci faceva da medico generico.<br />

Ero affascinato da quest’uomo che ti guariva<br />

solo guardandoti. S’era formato negli anni ’60,<br />

aveva un grande occhio clinico. Così mi sono appassionato.<br />

Leggo regolarmente riviste medico-scientifiche,<br />

consulto enciclopedie e manuali.<br />

Cosa l’affascina della medicina?<br />

La conoscenza del corpo. Per me è un andare a fondo<br />

nella conoscenza delle persone, oltrepassare la<br />

pura psicologia. Mi spiace vedere la gente soffrire, se<br />

riesco a togliere qualche fastidio sono davvero felice.<br />

E poi il mio mestiere è quello di far sorridere e il<br />

sorriso fa bene alla salute, perciò mi considero un<br />

medico a tutti gli effetti.<br />

Che qualità deve avere un buon dottore?<br />

Soprattutto il buon senso. Deve essere un bravo psicologo,<br />

comunicare serenità e avere tanta pazienza.<br />

Lei ha spesso ironizzato sulla sua ipocondria. In<br />

“Maledetto il giorno che t’ho incontrato”, mette<br />

in scena irresistibili gag sulla dipendenza dai<br />

medicinali. Autobiografia?<br />

Sono ipocondriaco come quasi tutti, sto nella media<br />

e ho i miei buoni motivi. Ma mi considero sostanzialmente<br />

sano. Semplicemente ho paura che ogni<br />

tanto il corpo non mi sostenga. Il fatto è che mi vengono<br />

sempre cose curiose, lipomatosi, impurità del<br />

vitreo, di recente gli acufeni, cioè i fischi nelle orecchie.<br />

Le hanno mai dato della “pecetta”, come si dice<br />

a Roma di qualcuno che è sempre malaticcio?<br />

Guardi, secondo me quelli che non si lamentano mai,<br />

sono quelli che muoiono prima. Negano malesseri,<br />

sfidano il corpo oltre i limiti, forse esorcizzano, così<br />

non si accorgono per tempo se qualcosa non va.<br />

Delle sue “magagne”, come le chiama lei, quale<br />

le dà meno fastidio?<br />

Gli acufeni, contro i quali non si può far nulla. Ci vivo<br />

in pace, li ho accolti come il rumore del mio silenzio.<br />

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