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LETTERATURA<br />
SCIENTIFICA<br />
a cura di<br />
Maria Rita Montebelli<br />
Il grande bardo aveva la sifilide?<br />
É questo il dilemma amletico che<br />
si pone il dottor John J. Ross<br />
della Tufts University School of<br />
Medicine, di Boston in un articolo<br />
appena pubblicato su Journal<br />
of Infectious Diseases. E che<br />
non si tratti di una mera maldicenza<br />
storica ma di un sospetto<br />
fondato lo dimostrerebbero i numerosi<br />
riferimenti in versi al<br />
morbo gallico, disseminati in varie<br />
opere del celeberrimo autore<br />
inglese. Della malady of France<br />
si parla nell’Enrico VI (When<br />
death doth close his tender<br />
dying eyes, see, see the pining<br />
malady of France) e nell’Enrico<br />
V (Doth Fortune play the huswife<br />
with me now? News have I,<br />
64<br />
La sifilide di Shakespeare<br />
Si degli scienziati<br />
agli Autovelox<br />
Brutte notizie per gli aspiranti Schumacher.<br />
Gli autovelox possono contare anche<br />
sull’approvazione degli scienziati. Un<br />
articolo di recente pubblicato sul British<br />
Medical Journal infatti dimostra che questi<br />
infernali aggeggi, rappresentano un<br />
intervento efficace nel ridurre gli incidenti<br />
stradali e la mortalità relativa. Gli incidenti<br />
stradali rappresentano un’importante<br />
causa di mortalità e di invalidità in<br />
qualunque paese. Ogni anno è di un milione<br />
e duecentomila morti, il pesante<br />
tributo pagato all’asfalto mentre sarebbero<br />
oltre 50 milioni le persone che riportano<br />
ferite o invalidità permanente a<br />
seguito di un incidente stradale. Qualunque<br />
misura volta a ridurre la velocità<br />
viene dunque considerata essenziale nel<br />
ridurre il numero degli incidenti; ma allo<br />
stesso tempo, l’uso degli autovelox,<br />
sempre più diffuso in vari paesi del mondo,<br />
è spesso oggetto di pesanti critiche.<br />
E così due ricercatori dell’Università di<br />
Bristol hanno avuto l’idea di effettuare<br />
una valutazione sistematica dell’efficacia<br />
di questi apparecchi nel ridurre gli incidenti<br />
stradali, analizzando i risultati di<br />
that my Nell is dead i' the spital<br />
of malady of France); l’espressione<br />
infinite malady compare<br />
invece nel Timone di Atene (Of<br />
man and beast the infinite malady<br />
crust you quite o'er!), mentre<br />
della parola pox sono letteralmente<br />
disseminati tutti i suoi<br />
scritti. Sono queste ed altre<br />
espressioni, quali il verso ‘Love's<br />
fire heats water’ del Sonetto<br />
154 (che farebbe pensare alla<br />
disuria da malattie sessualmente<br />
trasmesse, prima tra tutte<br />
la gonorrea) a far apparire<br />
estremamente sospetta la conoscenza<br />
del grande Shakespeare<br />
per queste malattie. Che<br />
ne soffrisse dunque in prima<br />
persona? Ma non è tutto. Ross<br />
21 studi pubblicati sull’argomento. La loro<br />
conclusione è che tutto starebbe ad<br />
indicare che gli autovelox rappresentano<br />
un valido mezzo per ridurre il numero<br />
e la gravità degli incidenti stradali ma<br />
che per tradurre questo concetto in cifre,<br />
in significatività statistica, sarebbe<br />
necessario impostare degli studi controllati<br />
su larga scala. C’è poi anche un<br />
altro problema, quello di distinguere tra<br />
autovelox ‘fissi’ e ‘mobili’ o anche ‘nascosti’<br />
o ‘evidenti’, tutti fattori che impattano<br />
non poco sulla capacità persuasiva<br />
dello strumento, nei confronti degli<br />
automobilisti indisciplinati. Ma nonostante<br />
tutti questi distinguo, il dado<br />
sembra ormai tratto. E forse a qualcuno<br />
capiterà presto di incontrare dei ricercatori<br />
accanto alle pattuglie della Stradale,<br />
tutti presi ad annotare dati sull’efficacia<br />
degli autovelox.<br />
(Fonte: Effectiveness of speed cameras<br />
in preventing road traffic collisions and<br />
related casualties:<br />
systematic review. BMJ, doi:<br />
10.1136/bmj.38324.646574.AE - 14<br />
gennaio <strong>20</strong><strong>05</strong>)<br />
vede anche nella improvvisa<br />
comparsa di alopecia, nella firma<br />
tremolante apposta al suo testamento<br />
e nel precoce ritiro<br />
dalla pubblica scena negli ultimi<br />
anni, un chiaro indizio di intossicazione<br />
da vapori di mercurio.<br />
L’unica terapia disponibile<br />
per la sifilide a quei tempi<br />
(Shakespeare è morto a soli 52<br />
anni nel 1616), se si eccettuano<br />
i bagni caldissimi ai quali pure il<br />
grande poeta fa riferimento nel<br />
Sonetto 153 (i ‘seething bath’ in<br />
grado di curare le ‘strange maladies’).<br />
Ma Shakespeare recitava<br />
anche le sue opere e la sua<br />
mente lucida e creativa fino all’ultimo<br />
non farebbe certo pensare<br />
ai problemi neurologici di<br />
un paziente con sifilide terziaria<br />
o alla demenza da intossicazione<br />
da mercurio. E di questo Ross<br />
rende atto, ammettendo che con<br />
tutta probabilità la morte del<br />
grande bardo non può essere attribuita<br />
alla sifilide.<br />
(Fonte: Shakespeare's<br />
Chancre: Did the Bard Have<br />
Syphilis? Clinical Infectious<br />
Diseases <strong>20</strong><strong>05</strong>;40:399-404)