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BOAZ, IL RISCATTATORE - CRISTIANI EVANGELICI

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essi vi è senz'altro la questione dell'eredità 72 . In un contesto culturale come quello<br />

della società ebraica del 2000 a.C. circa, sostanzialmente maschilista, può non<br />

fare meraviglia che in Deut. 21:15-17 l'Eterno prescriva il diritto del primogenito<br />

maschio ad ottenere una parte doppia dell'eredità complessiva, anche se<br />

quest'ultimo - in un eventuale regime di poligamia - fosse stato figlio della moglie<br />

meno amata (cfr. Lev. 25:46; Prov. 13:22).<br />

Cronologicamente prima di Deuteronomio, però, e sempre in un<br />

contesto sociale poco favorevole alle donne, con Num. 27 il Signore aveva già<br />

trattato la questione della successione ereditaria, per affrontare lo specifico<br />

problema posto dalle figlie di Tselofehad le quali, non avendo fratelli ed essendo<br />

rimaste orfane di padre, non avrebbero dovuto ereditare nulla (vv. 1-4). In<br />

quell'occasione Javè mostrò la sua natura, fatta di una giustizia superiore a quella<br />

umana, ed in barba a tutte le legislazioni vigenti a quell'epoca, affermò che le<br />

fanciulle avevano ragione nelle loro pretese e pertanto erano titolari del diritto di<br />

veder "passare ad esse l'eredità 73 del padre loro" (v.6). L'Eterno fissò quel giorno<br />

anche una regola generale di diritto, che ancora oggi ha sapore di alta civiltà<br />

giuridica: l'eredità di un uomo sarebbe passata normalmente a suo figlio maschio,<br />

ma in assenza di quest’ultimo sarebbe andata "alla figlia femmina" o ancora "ai<br />

suoi fratelli", o in mancanza "ai fratelli di suo padre" ovvero infine "al parente più<br />

stretto" (vv. 9-11).<br />

Se da un lato a noi può sembrare strana la mancata previsione della<br />

moglie fra gli ereditieri 74 , dall'altro dobbiamo rilevare l'esigenza divina di<br />

prevedere tutti i possibili soggetti titolari del diritto al trasferimento della proprietà<br />

iure successionis, fino al caso limite del parente più stretto 75 . Questi era colui che,<br />

in mancanza di altre persone più vicine al defunto, avrebbe dovuto permettere<br />

comunque che le proprietà rimanessero all'interno della relativa tribù. Era questa<br />

un'esigenza primaria nell'economia dell'AT, perchè la questione dell'eredità del<br />

singolo era in Israele collegata strettamente a quella dell'eredità che Javè aveva<br />

72 Per i rilievi che seguono, ho consultato in particolare Pache, op. cit., p.274; F. E. Hirsch,<br />

voce "Inherit", in TISBE, cit., vol.2, p.823s.<br />

73 A questo proposito R.B. Allen ("Numbers" in TEBC, vol.2, p.943) ricorda che nel v.6 il<br />

Signore riconobbe alle figlie di Tselofehad di più di quanto esse stesse avevano<br />

chiesto. Nel v.4, infatti, il loro desiderio si era limitato ad "una proprietà in mezzo ai<br />

fratelli di loro padre", mentre al v.6 Javè riconosce il loro diritto ad ottenere "una<br />

proprietà ereditaria tra i fratelli del padre loro", la quale pertanto non solo sarebbe<br />

appartenuta a loro, ma sarebbe stata trasferibile anche ai loro figli-eredi.<br />

74 Si tratta, comunque, di un classico "gap culturale", perchè a quei tempi la moglie non<br />

poteva figurare tra i soggetti titolari di diritti ereditari in quanto ella stessa "era<br />

considerata una parte dell'asse ereditario" (così F.E. Hirsch, voce "Brother's Wife", in<br />

TISBE, vol.1, p.552).<br />

75 Anche nel diritto civile italiano moderno esiste una "norma di chiusura" di questo<br />

genere, anche se ispirata a finalità differenti. Gli artt. 565-586 del codice civile<br />

individuano, infatti, i soggetti giuridici titolari del diritto di successione ereditaria: oltre al<br />

coniuge ed ai figli (maschi e femmine), vengono elencati i fratelli e le sorelle, gli<br />

ascendenti (genitori, nonni, zii), i parenti prossimi entro il sesto grado ed infine lo Stato,<br />

come ente giuridico al quale comunque devolvere un'eredità, anche in mancanza di<br />

altri successibili.<br />

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