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DECAMERON di Giovanni Boccaccio - Vastacom.org

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<strong>Giovanni</strong> <strong>Boccaccio</strong> – Decameron<br />

Novella nona<br />

Messer Guiglielmo Rossiglione dà a mangiare alla moglie<br />

sua il cuore <strong>di</strong> messer Guiglielmo Guardastagno ucciso<br />

da lui e amato da lei; il che ella sappiendo, poi si gitta da<br />

una alta finestra in terra e muore e col suo amante è<br />

sepellita.<br />

Novella decima<br />

La moglie d'un me<strong>di</strong>co per morto mette un suo amante<br />

adoppiato in una arca, la quale con tutto lui due usurai se<br />

ne portano in casa. Questi si sente, è preso per ladro; la<br />

fante della donna racconta alla signoria sé averlo esso<br />

nell'arca dagli usurieri imbolata, laond'egli scampa dalle<br />

forche e i prestatori d'avere l'arca furata sono condannati<br />

in denari.<br />

Conclusione della quarta giornata<br />

Introduzione<br />

Incomincia la quarta giornata nella quale, sotto il<br />

reggimento <strong>di</strong> Filostrato, si ragiona <strong>di</strong> coloro li cui amori<br />

ebbero infelice fine. Carissime donne, sì per le parole de'<br />

savi uomini u<strong>di</strong>te e sì per le cose da me molte volte e<br />

vedute e lette, estimava io che lo 'mpetuoso vento e<br />

ardente della invi<strong>di</strong>a non dovesse percuotere se non l'alte<br />

torri o le più levate cime degli alberi;ma io mi truovo<br />

dalla mia estimazione ingannato. Per ciò che, fuggendo io<br />

e sempre essendomi <strong>di</strong> fuggire ingegnato il fiero impeto<br />

332<br />

<strong>Giovanni</strong> <strong>Boccaccio</strong> – Decameron<br />

<strong>di</strong> questo rabbioso spirito, non solamente pe'piani, ma<br />

ancora per le profon<strong>di</strong>ssime valli tacito e nascoso mi sono<br />

ingegnato d'andare. Il che assai manifesto può apparire a<br />

chi le presenti novellette riguarda, le quali, non solamente<br />

in fiorentin volgare e in prosa scritte per me sono e senza<br />

titolo, ma ancora in istilo umilissimo e rimesso quanto il<br />

più possono. Né per tutto ciò l'essere da cotal vento<br />

fieramente scrollato, anzi presso che <strong>di</strong>ra<strong>di</strong>cato e tutto da'<br />

morsi della invi<strong>di</strong>a esser lacerato, non ho potuto cessare.<br />

Per che assai manifestamente posso comprendere quel lo<br />

esser vero che sogliono i savi <strong>di</strong>re, che sola la miseria è<br />

senza invi<strong>di</strong>a nelle cose presenti. Sono adunque, <strong>di</strong>screte<br />

donne, stati alcuni che, queste novellette leggendo, hanno<br />

detto che voi mi piacete troppo e che onesta cosa non è<br />

che io tanto <strong>di</strong>letto prenda <strong>di</strong> piacervi e <strong>di</strong> consolarvi, e<br />

alcuni han detto peggio, <strong>di</strong> commendarvi, come io fo.<br />

Altri, più maturamente mostrando <strong>di</strong> voler <strong>di</strong>re, hanno<br />

detto che alla mia età non sta bene l'andare omai <strong>di</strong>etro a<br />

queste cose, cioè a ragionar <strong>di</strong> donne o a compiacer loro.<br />

E molti, molto teneri della mia fama mostrandosi, <strong>di</strong>cono<br />

che io farei più saviamente a starmi con le Muse in<br />

Parnaso che con queste ciance mescolarmi tra voi. E son<br />

<strong>di</strong> quegli ancora che, più <strong>di</strong>spettosamente che saviamente<br />

parlando, hanno detto che io farei più <strong>di</strong>scretamente a<br />

pensare dond'io dovessi aver del pane che <strong>di</strong>etro a queste<br />

frasche andarmi pascendo <strong>di</strong> vento. E certi altri in altra<br />

guisa essere state le cose da me raccontate che come io le<br />

vi p<strong>org</strong>o, s'ingegnano, in detrimento della mia fatica, <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mostrare. Adunque da cotanti e da così fatti<br />

soffiamenti, da così atroci denti, da così aguti, valorose<br />

donne, mentre io ne'vostri servigi milito, sono sospinto,<br />

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