DECAMERON di Giovanni Boccaccio - Vastacom.org
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<strong>Giovanni</strong> <strong>Boccaccio</strong> – Decameron<br />
qualità <strong>di</strong> persone non dee una medesima pena ricevere. E<br />
chi sarebbe colui che <strong>di</strong>cesse che non dovesse molto più<br />
essere da riprendere un povero uomo o una povera<br />
femina, a' quali colla loro fatica convenisse guadagnare<br />
quello che per la vita loro lor bisognasse, se da amore<br />
stimolati fossero e quello seguissero, che una donna la<br />
quale fosse ricca e oziosa, e a cui niuna cosa che a' suoi<br />
<strong>di</strong>sideri piacesse mancasse? Certo io non credo niuno.<br />
Per la quale ragione io estimo che gran<strong>di</strong>ssima parte <strong>di</strong><br />
scusa debbian fare le dette cose in servigio <strong>di</strong> colei che le<br />
possiede,se ella per avventura si lascia trascorrere ad<br />
amare; e il rimanente debbia fare l'avere eletto savio e<br />
valoroso amadore,se quella l'ha fatto che ama. Le quali<br />
cose con ciò sia cosa che amendune, secondo il mio<br />
parere, sieno in me, e,oltre a queste, più altre le quali ad<br />
amare mi debbono inducere, sì come a la mia giovanezza<br />
e la lontananza del mio marito,ora convien che surgano in<br />
servigio <strong>di</strong> me alla <strong>di</strong>fesa del mio focoso amore nel vostro<br />
cospetto; le quali, se quel vi potranno che nella presenza<br />
de' savi debbon potere, io vi priego che consiglio e aiuto<br />
in quello che io vi <strong>di</strong>manderò mi p<strong>org</strong>iate. Egli è il vero<br />
che, per la lontananza <strong>di</strong> mio marito, non potend'io agli<br />
stimoli della carne né alla forza d'amore contrastare,le<br />
quali sono <strong>di</strong> tanta potenzia che i fortissimi uomini, non<br />
che le tenere donne, hanno già molte volte vinti e vincono<br />
tutto il giorno, essendo io negli agi e negli ozi né quali<br />
voi mi vedete, a secondare li piaceri d'amore e a <strong>di</strong>venire<br />
innamoratami sono lasciata trascorrere; e come che tal<br />
cosa, se saputa fosse, io conosca non essere onesta,<br />
non<strong>di</strong>meno, essendo e stando nascosa, quasi <strong>di</strong> niuna cosa<br />
esser <strong>di</strong>sonesta la giu<strong>di</strong>chi, pur m'è <strong>di</strong> tanto Amore stato<br />
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<strong>Giovanni</strong> <strong>Boccaccio</strong> – Decameron<br />
grazioso, che egli non solamente non m'ha il debito<br />
conoscimento tolto nello eleggere l'amante, ma me n'ha<br />
molto in ciò prestato, voi degno mostrandomi da dovere<br />
da una donna, fatta come sono io, essere amato; il quale,<br />
se 'l mio avviso non m'inganna, io reputo il più bello, il<br />
più piacevole e 'l più leggiadro e 'l più savio cavaliere,<br />
che nel reame <strong>di</strong> Francia trovar si possa; e sìcome io<br />
senza marito posso <strong>di</strong>re che io mi veggia, così voi ancora<br />
senza mogliere. Per che io vi priego, per cotanto amore<br />
quanto è quello che io vi porto, che voi non neghiate il<br />
vostro verso <strong>di</strong> me e che della mia giovanezza v'incresca,<br />
la qual veramente come il ghiaccio al fuoco si consuma<br />
per voi. A queste parole sopravennero in tanta<br />
abbondanza le lagrime, che essa, che ancora più prieghi<br />
intendeva <strong>di</strong> p<strong>org</strong>ere, più avanti non ebbe poter <strong>di</strong> parlare;<br />
ma, bassato il viso e quasi vinta, piagnendo, sopra il seno<br />
del conte si lasciò colla testa cadere. Il conte, il quale<br />
lealissimo cavaliere era, con gravissime riprensioni<br />
cominciò a mordere così folle amore e a sospignerla<br />
in<strong>di</strong>etro, che già al collo gli si voleva gittare; e con<br />
saramenti ad affermare che egli prima sofferrebbe<br />
d'essere squartato,che tal cosa contro allo onore del suo<br />
signore né in sé né in altrui consentisse. Il che la donna<br />
udendo, subitamente <strong>di</strong>menticato l'amore e in fiero furore<br />
accesa, <strong>di</strong>sse:- Dunque sarò io, villan cavaliere, in questa<br />
guisa da voi del mio <strong>di</strong>sidero schernita? Unque a Dio non<br />
piaccia, poi che voi volete me far morire, che io voi o<br />
morire o cacciar del mondo non faccia. E così detto, ad<br />
una ora messesi le mani né capelli e rabbuffatigli<br />
stracciatigli tutti, e appresso nel petto squarciandosi i<br />
vestimenti, cominciò a gridar forte:- Aiuto aiuto, ché 'l<br />
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