DECAMERON di Giovanni Boccaccio - Vastacom.org
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<strong>Giovanni</strong> <strong>Boccaccio</strong> – Decameron<br />
Ipocrasso e Avicenna. Disse Bruno:- Gnaffe! io non so;<br />
io m'intendo così male de' vostri nomi come voi de' miei;<br />
ma la gumedra in quella lingua del gran Cane vuol tanto<br />
<strong>di</strong>re quanto imperadrice nella nostra. O ella vi parrebbe la<br />
bella feminaccia! Ben vi so <strong>di</strong>re che ella vi farebbe<br />
<strong>di</strong>menticare le me<strong>di</strong>cine e gli argomenti e ogni impiastro.<br />
E così <strong>di</strong>cendogli alcuna volta per più accenderlo,<br />
avvenne che, parendo a messer lo maestro una sera a<br />
vegghiare, parte che il lume teneva a Bruno che la<br />
battaglia de' topi e delle gatte <strong>di</strong>pignea, bene averlo co'<br />
suoi onori preso, che egli si <strong>di</strong>spose d'aprirgli l'animo suo;<br />
e soli essendo, gli <strong>di</strong>sse:- Bruno, come Id<strong>di</strong>o sa, egli non<br />
vive oggi alcuna persona per cui io facessi ogni cosa<br />
come io farei per te; e per poco,se tu mi <strong>di</strong>cessi che io<br />
andassi <strong>di</strong> qui a Peretola, io credo che io v'andrei; e per<br />
ciò non voglio che tu ti maravigli se io te <strong>di</strong>mesticamente<br />
e a fidanza richiederò. Come tu sai, egli non è guari che<br />
tu mi ragionasti de' mo<strong>di</strong> della vostra lieta brigata, <strong>di</strong> che<br />
sì gran <strong>di</strong>siderio d'esserne m'è venuto, che mai niuna altra<br />
cosa si <strong>di</strong>siderò tanto. E. questo non è senza cagione,<br />
come tu vedrai se mai avviene che io ne sia; ché infino ad<br />
ora voglio io che tu ti facci beffe <strong>di</strong> me se io non vi fo<br />
venire la più bella fante che tu vedessi già è buona pezza,<br />
che io vi<strong>di</strong> pur l'altr'anno a Cacavincigli, a cui io voglio<br />
tutto il mio bene; e per lo corpo <strong>di</strong> Cristo che iole volli<br />
dare <strong>di</strong>eci bolognini grossi, ed ella mi s'acconsentisse, e<br />
non volle. E però quanto più posso ti priego che m'insegni<br />
quello che io abbia a fare per dovervi potere essere, e che<br />
tu ancora facci e adoperi che io vi sia; e nel vero voi<br />
avrete <strong>di</strong> me buono e fedel compagno e orrevole. Tu ve<strong>di</strong><br />
innanzi innanzi come io sono bello uomo e come mi<br />
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<strong>Giovanni</strong> <strong>Boccaccio</strong> – Decameron<br />
stanno bene le gambe in su la persona, e ho un viso che<br />
pare una rosa, e oltre a ciò son dottore <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cine, che<br />
non credo che voi ven'abbiate niuno; e so <strong>di</strong> molte belle<br />
cose e <strong>di</strong> belle canzonette, e vo'tene <strong>di</strong>re una; - e <strong>di</strong> botto<br />
incominciò a cantare. Bruno aveva sì gran voglia <strong>di</strong> ridere<br />
che egli in sè medesimo non capeva; ma pur si tenne. E<br />
finita la canzone, e 'l maestro <strong>di</strong>sse:- Che te ne pare?Disse<br />
Bruno:- Per certo con voi perderieno le cetere de'<br />
sagginali, sì artagoticamente stracantate. Disse il<br />
maestro:- Io <strong>di</strong>co che tu non l'avresti mai creduto, se tu<br />
non m'avessi u<strong>di</strong>to.- Per certo voi <strong>di</strong>te vero, - <strong>di</strong>sse Bruno.<br />
Disse il maestro:- Io so bene anche dell'altre, ma lasciamo<br />
ora star questo. Così fatto come tu mi ve<strong>di</strong>, mio padre fu<br />
gentile uomo, benché egli stesse in contado, e io altressì<br />
son nato per madre <strong>di</strong> quegli da Vallecchio; e, come tu<br />
hai potuto vedere, io ho pure i più be'libri e le più belle<br />
robe che me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> Firenze. In fè <strong>di</strong> Dio, io ho roba che<br />
costò, contata ogni cosa, delle lire presso a cento <strong>di</strong><br />
bagattini, già è degli anni più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci. Per che quanto più<br />
posso ti priego che facci che io ne sia; e in fè<strong>di</strong> Dio, se tu<br />
il fai, sie pure infermo se tu sai, che mai <strong>di</strong> mio mestiere<br />
io non ti torrò un denaio. Bruno, udendo costui, e<br />
parendogli, sì come altre volte assai paruto gli era, un<br />
lavaceci, <strong>di</strong>sse:- Maestro, fate un poco il lume più qua, e<br />
non v'incresca infin tanto che io abbia fatte le code a<br />
questi topi, e poi vi risponderò. Fornite le code, e Bruno<br />
faccendo vista che forte la petizion gli gravasse, <strong>di</strong>sse: -<br />
Maestro mio, gran cose son quelle che per me fareste, e io<br />
il conosco; ma tuttavia quella che a me ad<strong>di</strong>mandate,<br />
quantunque alla grandezza del vostro cervello sia piccola,<br />
pure è a me gran<strong>di</strong>ssima, né so alcuna persona del mondo<br />
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