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D. In qualche modo si potrebbe aspirare ad<br />
avere l’età biologica che si preferisce? <br />
R. Solo <strong>in</strong> parte. E’ verosim<strong>il</strong>e che ai diversi<br />
aspetti dell’<strong>in</strong>vecchiamento si possa porre<br />
rimedio <strong>in</strong> diversa misura e con diverse<br />
frequenze di <strong>in</strong>tervento. <br />
D. La possib<strong>il</strong>ità di controllare l’<strong>in</strong>vecchiamento<br />
sarà una prerogativa riservata a chi se lo può<br />
permettere? <br />
R. Non per molto. E<strong>in</strong>ste<strong>in</strong> disse: “Il mondo è<br />
un posto pericoloso non perché la gente è<br />
cattiva ma perché la gente non fa molto per<br />
evitare che sia così”. In altre parole ci sono<br />
poche cose per le quali la gente pensa valga la<br />
pena di agire e agitarsi. Ma è vero anche<br />
l’<strong>in</strong>verso: quando la gente decide che qualcosa<br />
deve accadere allora <strong>il</strong> cambiamento può essere<br />
anche molto rapido. Qu<strong>in</strong>di, ciò che è<br />
presumib<strong>il</strong>e avvenga è che la gente non<br />
accetterà per nessun motivo che vi siano<br />
restrizioni all’accesso alle terapie anti-ag<strong>in</strong>g e<br />
sp<strong>in</strong>gerà perché si faccia qualsiasi cosa per<br />
allargarne la fruizione. Qualsiasi cosa: per<br />
esempio l’ac<strong>qui</strong>sto obbligatorio da parte dello<br />
Stato dei pur costosissimi brevetti che sono<br />
dietro tali terapie. Stiamo ovviamente parlando<br />
di contesti sociali <strong>in</strong> cui – come nei paesi<br />
occidentali - diventa impossib<strong>il</strong>e opporsi alla<br />
pressione dell’op<strong>in</strong>ione pubblica. <br />
D. Lei dice: da un lato la gente non crede si<br />
possa fermare l’<strong>in</strong>vecchiamento, dall’altro<br />
profeti di sventura alla Fukuyama mettono <strong>in</strong><br />
guardia sugli effetti di una vita umana che si<br />
allunga. Tutto ciò comporta che siano poche le<br />
risorse <strong>in</strong>vestite nell’anti-ag<strong>in</strong>g, a danno<br />
dell’<strong>in</strong>novazione e dello sv<strong>il</strong>uppo tecnologico<br />
che potremmo <strong>in</strong>vece avere <strong>in</strong> questo campo.<br />
Significa che la lotta all’<strong>in</strong>vecchiamento è un<br />
problema tanto socio-culturale quanto<br />
scientifico? <br />
<strong>Madaat</strong> - www.kabbaland.com 6<br />
R. Direi di più. Visto lo straord<strong>in</strong>ario progresso<br />
che comunque la scienza sta facendo, oggi<br />
combattere l’<strong>in</strong>vecchiamento è certamente più<br />
un problema socio-culturale che scientifico. <br />
D. La comunità dei gerontologi non considera<br />
queste sue affermazioni troppo radicali o<br />
pers<strong>in</strong>o non sufficientemente “scientifiche”? <br />
R. C’è chi mi accusa di non essere<br />
sufficientemente scientifico nonostante le mie<br />
idee siano regolarmente esposte su<br />
pubblicazioni scientifiche e siano<br />
accuratamente esam<strong>in</strong>ate dai biologi<br />
maggiormente esperti nei loro campi. Campi<br />
che peraltro spesso non sono di tradizionale<br />
pert<strong>in</strong>enza <strong>della</strong> gerontologia e sono <strong>qui</strong>ndi<br />
poco conosciuti dai gerontologi. Quanto<br />
all’essere radicale, la cosa ha probab<strong>il</strong>mente più<br />
a che fare con quanto dico al grande pubblico<br />
che per quello che affermo nei circoli scientifici.<br />
Qualche collega pensa che <strong>in</strong> questo senso io<br />
faccia più danno che altro. Io credo al contrario<br />
che <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio sia la scelta sbagliata: potremo<br />
attrarre i fondi necessari per la sp<strong>in</strong>ta decisiva<br />
alla lotta all’<strong>in</strong>vecchiamento solo e soltanto se la<br />
gente ha la chiara sensazione che gli esperti<br />
sanno davvero poi cosa farne. <br />
D. Un fattore non tecnologico ma decisivo per<br />
l’allungamento <strong>della</strong> vita umana è quello che lei<br />
chiama “l’aumento dell’avversione al rischio”…<br />