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Causa per il Maggiorasco di Cristoforo Colombo - Cuccaro e Colombo

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Angélica Valentinetti Men<strong>di</strong><br />

che l’unica spiegazione possib<strong>il</strong>e al fatto che non c’è a Genova un solo monumento de<strong>di</strong>cato a<br />

<strong>Cristoforo</strong> <strong>Colombo</strong> è che egli non era genovese.<br />

Al quinto quesito egli risponde come i testi precedenti, vale a <strong>di</strong>re, che le donne<br />

obbligatoriamente, una volta sposate, prendono <strong>il</strong> cognome del marito, e che a Genova queste donne<br />

sono chiamate ‘fuoriuscite’.<br />

L’ultimo tra i testimoni che Baldassarre <strong>Colombo</strong> convoca, in quanto genovesi o in quanto<br />

informati <strong>di</strong> tutto ciò che riguarda la Repubblica genovese, è <strong>il</strong> cinquantottenne Scipione Metelli, che<br />

deve rispondere a tutte le domande tranne la do<strong>di</strong>cesima.<br />

Questo teste, oltre a <strong>di</strong>chiarare <strong>di</strong> aver vissuto a Genova <strong>per</strong> trentatré anni e <strong>di</strong> conoscere<br />

Baldassarre <strong>Colombo</strong>, afferma, rispondendo alla seconda domanda, <strong>di</strong> aver frequentato la nob<strong>il</strong>tà<br />

genovese 28 e che, <strong>per</strong> quanto egli stesso abbia potuto constatare attraverso la lettura degli Annali e dei<br />

libri dove sono iscritti i nob<strong>il</strong>i genovesi e coloro che hanno partecipato al governo della Repubblica,<br />

<strong>il</strong> cognome <strong>Colombo</strong> / Colom non è genovese. Metelli prosegue <strong>di</strong>cendo che, se a Genova ci fosse stato<br />

un <strong>di</strong>scendente pur lontano dell’Ammiraglio, questi non avrebbe dubitato a collocare una targa<br />

commemorativa nella sua abitazione, e <strong>di</strong> ciò si sarebbe vantato, come fanno tanti altri citta<strong>di</strong>ni che<br />

fregiano la facciata della propria casa con lo stemma degli antenati. Inoltre, se <strong>Cristoforo</strong> <strong>Colombo</strong><br />

fosse stato genovese, la Repubblica, in omaggio alla sua memorab<strong>il</strong>e impresa che ha favorito la<br />

cristianizzazione <strong>di</strong> tanta gente, avrebbe eretto un monumento pubblico al suo più esimio citta<strong>di</strong>no. In<br />

conclusione: <strong>per</strong> le ragioni appena addotte, <strong>per</strong>sonalmente egli è convinto che <strong>Cristoforo</strong> <strong>Colombo</strong><br />

non era genovese.<br />

Alla terza domanda, Metelli risponde <strong>di</strong> ricordare come Baldassarre fosse arrivato a Genova da<br />

straniero e come lì avesse messo su famiglia. Ricorda, quin<strong>di</strong>, che né <strong>il</strong> padre né <strong>il</strong> figlio furono mai<br />

reputati genovesi, né godettero degli stessi priv<strong>il</strong>egi dei genovesi, né furono membri delle magistrature<br />

della città. La conclusione <strong>di</strong> Metelli è che <strong>Cristoforo</strong> <strong>Colombo</strong> forse potesse essere nato durante <strong>il</strong><br />

<strong>per</strong>iodo in cui Domenico <strong>Colombo</strong> soggiornò a Genova.<br />

Per quanto riguarda <strong>il</strong> quarto quesito, egli si rimette a quanto <strong>di</strong>chiarato rispondendo al secondo,<br />

ed aggiunge che se <strong>Cristoforo</strong> <strong>Colombo</strong> fosse stato genovese, gli storici, al fine <strong>di</strong> magnificare la<br />

propria Repubblica, non avrebbero omesso nelle loro cronache e nei loro scritti <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> un uomo<br />

così preclaro.<br />

Alla quinta domanda Metelli risponde che chiunque osasse sostituire <strong>il</strong> proprio cognome paterno,<br />

sarebbe sicuramente oltraggiato, rifiutato e ritenuto ribelle dai propri fam<strong>il</strong>iari. D’altra parte, prosegue,<br />

le donne, una volta sposate, <strong>per</strong>dono <strong>il</strong> cognome paterno.<br />

Alla sesta domanda che chiede se in Italia abbiano <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> portare lo stemma soltanto coloro<br />

chi appartiene alla nob<strong>il</strong>tà, Metelli conferma che così avviene in tutta l’Italia.<br />

Ratifica questo teste ciò che gli si chiede nel settimo quesito ricordando che quando morì Lazzaro<br />

Malaspina, marchese dell’Olivola, <strong>il</strong> feudo fu <strong>di</strong>viso in quattro parti 29 .<br />

All’ottava domanda risponde che tutto quanto essa contiene è vero; alla nona afferma <strong>di</strong> ritenere,<br />

anche <strong>per</strong> l’esempio degli Olivola sopraccitato, che l’Ammiraglio non avrebbe tratto vantaggio<br />

dall’assegnazione della sua parte del castello <strong>di</strong> <strong>Cuccaro</strong>. Per quanto riguarda <strong>il</strong> decimo quesito, Metelli<br />

risponde che egli stesso ha visto feudatari monferrini fare atto <strong>di</strong> omaggio e giuramento <strong>di</strong> fedeltà al<br />

Duca <strong>di</strong> Mantova.<br />

Infine, riflettendo sull’undecimo quesito, Scipione Metelli conclude che <strong>Cristoforo</strong> <strong>Colombo</strong>,<br />

dopo aver raggiunto un rango sociale così elevato, probab<strong>il</strong>mente non si curò <strong>di</strong> quel piccolo feudo,<br />

28 I nomi noti attraverso alcune delle sue de<strong>di</strong>che son Giorgio e Giulio Pallavicino.<br />

29 Infatti Lazzaro Malaspina nel 1525 aveva otttenuto dal Im<strong>per</strong>atore Carlo V un <strong>di</strong>ploma d’investitura del feudo <strong>di</strong> Olivola<br />

ed alla sua morte, avvenuta nel 1544, i figli <strong>di</strong>visero <strong>il</strong> marchesato in due parti, una comprendente Pallerone con Canova,<br />

assegnata al suo primogenito <strong>il</strong> Marchese Spinetta ed a Carlo, e l’altra comprendente Olivola con Bigliolo assegnata a<br />

Cam<strong>il</strong>lo ed a Tro<strong>il</strong>o.<br />

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